I “Beauty claims” sono le attribuzioni riferite alla salute ed al benessere di cute ed annessi usate per promuovere cosmetici, alimenti ed integratori alimentari al fine di caratterizzarne la destinazione d’uso e le proprietà. Proprietà legate ad un’efficacia che trova ragione e supporto nella natura dei prodotti stessi e nei loro componenti, ma anche nelle prove che di tali effetti è possibile documentare. Effetti che in taluni casi si possono basare sull’evidenza legata a storie di consumo e ad una lunga tradizione d’uso, in altri devono essere giustificati e supportati da studi condotti al più alto livello scientifico delle evidenze, sulla base di regole volte alla massima tutela della buonafede del consumatore. Il consumatore inoltre è quasi sempre poco consapevole del peso e della significatività di tali “prove” e continua a restare spesso affascinato dalle affermazioni più iperboliche e fantasiose ed influenzato dai suggerimenti di più o meno improvvisati imbonitori della rete. Un mondo complesso e molto variegato quello dei “Beauty claims”, in taluni casi considerati avulsi dalla sfera della salute in generale, in altri invece ad esso strettamente correlati. In entrambi i casi i “Beauty claims” si differenziano in una infinità di sfumature e distinguo dal punto di vista regolamentare.
La cura della persona (comprende integratori, cosmetici, ecc.) è il settore che attira la maggiore attenzione da parte degli organi di autodisciplina e gli interventi e in questo ambito ricadono anche i claims di cui si valuta l’attendibilità. Oltre alle regole di comportamento generali della pubblicità, all’interno del Codice di Autodisciplina esistono norme più particolari riguardanti anche i prodotti cosmetici e per l’igiene personale (Art. 23), gli integratori alimentari e i prodotti dietetici (Art. 23 bis). Gli organi di autodisciplina applicano le norme del Codice, ma nonostante siano un espressione di autonomia negoziale e privatistica, non possono non tener conto dei progressi della disciplina legislativa comunitaria e nazionale.
Codice e norme vigenti sui cosmetici condividono gli stessi criteri per ispirare i claims: veridicità, supporto probatorio (le prove devono essere adeguate e verificabili), onestà dei risultati, correttezza (non si può scrivere «ipoallergenico perché senza conservanti» in quanto non sono i conservanti a dare necessariamente allergia), decisioni informate (le informazioni fornite al consumatore devono essere chiare e comprensibili).
Questi sono cinque esempi pratici su come vengono interpretate ed applicate le norme e l’articolo 23 del Codice di Autodisciplina per identificare possibili profili di ingannevolezza:
- ambiguità: “professore universitario che elogia un prodotto”. In primis potrebbe suggerire che il cosmetico possiede proprietà curative. Il messaggio è ambiguo, poiché accredita l’efficacia del prodotto avvalendosi della testimonianza di un professore universitario. Testimonianza proposta come proveniente da un soggetto terzo e indipendente, mentre nella realtà proviene da un soggetto che è portatore di un diretto interesse al prodotto pubblicizzato.
- Efficacia non attribuibile a un prodotto cosmetico: “SiCURA delle tue labbra!”. Tale messaggio è suscettibile di indurre il consumatore ad attribuire al prodotto proprietà curative idonee a trasferirlo dall’area dei prodotti cosmetici a quella dei farmaci.
- Trasposizione dei test nel messaggio pubblicitario: “La protezione per essere attivi sotto il sole” – “Massima protezione sia dentro sia fuori dall’acqua fino a 10 ore al giorno con una sola applicazione”. Il test non era corrispondente al claim in quanto le condizioni d’uso del prodotto non erano paragonabili a quanto vantato dal claim. Inoltre, il messaggio “massima protezione con una sola applicazione…” contrasta con le raccomandazioni della Commissione europea e del Ministero della Salute di non rimanere esposti al sole troppo a lungo e di riapplicare con frequenza il prodotto per la protezione solare.
- Claim esorbitanti: “L’anti-età rivoluzionario» – «… la rivoluzione ». Risulta ingannevole in quanto il consumatore è portato a pensare ad un prodotto dall’“efficacia rivoluzionaria”, quando invece il termine “rivoluzionario” si riferisce unicamente alla tecnologia innovativa usata per formulare il prodotto.
- Mancata dimostrazione dei claim: “Problemi alle gengive? Alito cattivo? Gengive sanguinanti ADDIO!”. Le prove fornite sull’integratore alimentare non erano sufficienti a dimostrare l’effetto vantato.
Alcune pronunce riguardano l’efficacia di un prodotto sulla base degli effetti di un singolo componente quando l’azione dovrebbe essere dimostrata sul prodotto finito. Altri aspetti della comunicazione di cui si occupa lo IAP sono diretti alla tutela del cittadino che non deve essere offeso né deve essere turbato da immagini o raffigurazioni volgari, al limite dell’indecenza. Sono oggetto di contestazione anche talune pubblicità nel rapporto concorrenziale tra imprese se i messaggi trasmessi si sovrappongono in grado tale da poter essere considerati l’uno la copia dell’altro (violazione art. 13 del Codice), se sono denigratorie l’una nei confronti dell’altra (violazione art. 14) o se la comparazione tra prodotti di marche diverse non è accompagnata da prove sufficienti (violazione art. 15
Prove devono essere portate a sostegno di dei claims nutrizionali e sulla salute: oltre al complesso delle evidenze scientifiche e all’uso tradizionale, servono studi sull’uomo, in particolare su soggetti sani. E’ l’EFSA che valuta la fondatezza scientifica dei claims sulla base dei seguenti criteri:
- caratterizzazione dell’alimento e dei suoi costituenti;
- effetto benefico sulla salute;
- appropriatezza dei dati rispetto alla popolazione target del claim;
- quantità necessaria per l’effetto;
- relazione causa-effetto dimostrata.
L’EFSA ha stilato varie linee guida che forniscono elementi orientativi utili alle imprese su come supportare dal punto di vista scientifico e nel modo più efficace possibile una indicazione sulla salute, le modalità per dimostrarla con riferimento ai parametri da scegliere e ai criteri con cui misurarli, nonché sul concetto di soggetto sano. Sull’impiego e la definizione dei Beauty claims esistono pareri discordanti nell’Unione europea. Si tratta di indicazioni che riguardano la bellezza ma che, non facendo riferimento ad una funzione specifica dell’organismo, non rientrano tra i claims sulla salute ed il loro uso potrebbe essere giustificato solo al di fuori del campo di applicazione del Reg. (UE) 1924/2006. Devono essere tuttavia conformi all’art. 7 “pratiche leali di informazione” del Reg. (CE) 1169/2011 per il quale le informazioni fornite ai consumatori dovrebbero essere vere e non fuorvianti, oltreché precise, chiare e facilmente comprensibili per il consumatore.
Food Supplement Europe (FSE), associazione di riferimento nell’UE per l’industria degli integratori alimentari ha pubblicato, a marzo 2014, le “Linee guida per la determinazione di Beauty claims per integratori alimentari” il cui intento è quello di fornire una guida agli operatori del settore alimentare per aiutarli ad usare e sostenere i beauty claims in modo responsabile e corretto. Fornisce inoltre indicazioni su come comunicare messaggi relativi alla bellezza che non rientrano nell’ambito di applicazione del Reg. (UE) 1924/2006, illustrando con esempi pratici quali affermazioni si possono ritenere o meno dei beauty claims (es. beauty claims: migliorare/mantenere/aumentare aspetto o struttura di capelli in termini di resistenza, volume, spessore, lucentezza; no beauty claims: Riduzione della perdita eccessiva di capelli). I Beauty claims devono essere supportati da prove adeguate e verificabili indipendentemente dai tipi di sostegno probatorio utilizzati a loro sostegno. A tal proposito, le linee guida di FSE forniscono indicazioni utili su quali prove, studi e metodologie scientifiche potrebbero essere utilizzati per sostenere tali indicazioni.
Già nel 1980, l’allora Ministero della Sanità in una circolare aveva delineato in tre allegati i termini o le espressioni da ritenersi accettabili per un prodotto cosmetico (es. ammorbidente per capelli), equivoci se non accompagnati da idonee specificazioni che ne chiarissero l’accezione in campo cosmetico (es. antiarrossamento) o inaccettabili perché non pertinenti al campo cosmetico o riferiti ad effetti terapeutici o medicamentosi (es. anallergeno). Con il Reg. (UE) 655/2013 e le linee guida per la sua corretta applicazione (aggiornate nel 2017) sono stati stabiliti criteri comuni per la giustificazione delle dichiarazioni utilizzate in relazione ai prodotti cosmetici. Obiettivo di questo provvedimento garantire un livello elevato di tutela degli utilizzatori finali, in particolare per quanto riguarda le dichiarazioni ingannevoli sui prodotti cosmetici e una maggiore convergenza tra le azioni di controllo da parte delle autorità competenti degli Stati membri. Il Reg. (UE) 655/2013 si applica alle dichiarazioni sotto forma di testi, denominazioni, marchi, immagini o altri segni, figurativi o meno, che attribuiscono ai prodotti cosmetici esplicitamente o implicitamente caratteristiche o funzioni in sede di etichettatura, di messa a disposizione sul mercato e di pubblicità indipendentemente dal mezzo o tipo di strumento di commercializzazione utilizzato, dalle funzioni attribuite al prodotto e dal pubblico destinatario.
Le dichiarazioni dei cosmetici devono basarsi sul rispetto di sei criteri comuni, ovvero:
- conformità alle norme: non sono ammesse ad esempio dichiarazioni che indicano che il prodotto è stato autorizzato o approvato da un’autorità competente all’interno dell’Unione (es. prodotto conforme al Reg. CE 1223/09).
- veridicità: i messaggi commerciali non devono suscitare l’impressione che i pareri espressi siano dichiarazioni verificate, a meno che non siano sostenuti da prove verificabili (es. il claim «effetto idratante per 48 ore» non è consentito se dai test disponibili emerge che il periodo di idratazione è più breve).
- supporto probatorio: le dichiarazioni relative ai prodotti cosmetici devono essere sostenute da prove adeguate e verificabili (es. il claim «ad alta protezione solare» non può essere formulato se il prodotto non è stato verificato attraverso una delle metodiche convalidate, altrimenti potrebbe rappresentare un pericolo per il consumatore).
- onestà: le dichiarazioni non devono attribuire al prodotto caratteristiche uniche quando prodotti simili possiedono le stesse caratteristiche.
- correttezza: le dichiarazioni relative ai cosmetici devono essere obiettive e non denigrare i prodotti della concorrenza; non si dovrebbe poi confrontare l’efficacia di un deodorante con quella di un antitraspirante avendo funzioni diverse.
- decisione informata: le dichiarazioni relative ai prodotti cosmetici dovrebbero essere chiare, precise, pertinenti e comprensibili al pubblico destinatario e servire, principalmente, a informare gli utilizzatori finali sulle caratteristiche e sulle qualità dei prodotti, aiutandoli a scegliere in maniera consapevole prodotti più adatti alle proprie esigenze ed aspettative.
L’ Allegato III delle Linee guida fornisce dettagli orientativi per il corretto utilizzo delle dichiarazioni “Free from” al fine di garantire una adeguata e sufficiente protezione del consumatore e degli operatori professionali da affermazioni ingannevoli. Ad esempio il claim “Free from/ senza” non dovrebbe essere utilizzato nel caso di ingrediente(i) vietati all’uso nei cosmetici per non indurre il consumatore a pensare che altri prodotti lo/i possano contenere. Il claim “ipoallergenico” (allegato IV delle Linee guida) può essere invece utilizzato solo nei casi in cui il prodotto cosmetico è stato progettato per ridurre al minimo il suo potenziale allergenico, affermazione che deve essere verificata e confermata attraverso dati scientifici robusti e statisticamente affidabili. L’attribuzione ai prodotti cosmetici di caratteristiche o funzioni che non possiedono è considerata una violazione sanzionabile ai sensi del DLgs 204/2015.
Ad oggi si conoscono più di 100 mila metaboliti secondari che, interagendo in diversi modi con l’organismo, possono svolgere effetti benefici per l’uomo. Da sempre la medicina tradizionale ed orientale utilizza le piante per promuovere salute e bellezza, effetti che oggi sono sempre più supportati dall’evidenza scientifica che dimostra come sostanze assunte per via orale siano in grado di raggiungere distretti periferici come la pelle, agendo quindi sulla bellezza dall’interno.
L’ estratto di pianta non è quasi mai riproducibile a causa dell’elevata variabilità del materiale vegetale di partenza.
Dai frutti di una varietà selezionata di ulivo italiano (Olea europaea L.) è stato ottenuto un estratto con un profilo polifenolico unico, contenente verbascoside e idrossitirosolo tra i principali costituenti fenolici. Il verbascoside ha un’azione antiossidante riconosciuta da diversi studi scientifici ed è usato localmente per proteggere la pelle da stress ossidativo. Diversi studi in vitro e in vivo nell’animale e nell’uomo hanno invece dimostrato gli effetti antinfiammatori dell’idrossitirosolo. Studi in vitro hanno mostrato la capacità dell’estratto dei frutti di ulivo di ridurre la formazione di DPPH (2,2-difenil-1-picrilidrazile) nell’omonimo test, saggio comunemente utilizzato per determinare il potere antiossidante di una sostanza. Tale effetto è probabilmente dovuto alla presenza nell’estratto di elevate concentrazioni di verbascoside, sostanza con un potere antiossidante quattro volte superiore a quello dell’oleuropeina, altro polifenolo caratteristico dell’olivo. In studi clinici, con l’assunzione per un mese di dosi fino a 400 mg/die dell’estratto di olive, si sono osservati, rispettivamente, un aumento della Dose Eritemigena Minima (dose di radiazione UV in grado di provocare il minimo arrossamento osservabile da un occhio esperto sulla pelle esposta) ed una significativa riduzione dei livelli di 8-isoprostano, un marcatore di stress ossidativo. Una miglior ossigenazione e idratazione della pelle e ridotti stress ossidativo e perossidazione lipidica sono stati rilevati sia dopo assunzione di 300 mg/die dell’estratto di ulivo per 4 settimane sia dopo applicazione sulla pelle, esposta per 20 minuti a raggi UV, di una formulazione topica contenente lo stesso estratto.
Un altro estratto vegetale di particolare interesse per i suoi effetti benefici sulla pelle è ottenuto dalla Boswellia serrata Roxb. ex Colebr. (albero dell’incenso), pianta originaria dell’India e di alcune regioni africane. Un estratto di questa pianta titolato in acidi boswellici, noti per i loro effetti antinfiammatori, è stato applicato su pelle eczematosa o con psoriasi due volte al giorno per 30 giorni. In entrambi i gruppi si è osservata, rispetto al placebo, una riduzione dell’indice di gravità delle aree interessate dalla malattia. In un altro studio, l’applicazione 2 volte al giorno, per 4 settimane, di un balsamo contenente un estratto di Boswellia e acido 18-beta-glicirretico su soggetti con dermatite atopica, ha portato ad una importante diminuzione del prurito e dell’eczema e dello stress ossidativo. L’estratto di Boswellia applicato localmente si è mostrato efficace anche nell’alleviare l’eritema in donne con cancro al seno sottoposte a radioterapia.
Dalla Centella asiatica L., pianta utilizzata nella medicina ayurvedica indiana e in Madagascar per le sue conosciute proprietà cicatrizzanti, è stato sviluppato un estratto a base di asiaticoside, madecassoside ed altri polifenoli che, applicato su espianti di pelle umana per 5 giorni, ha mostrato la capacità di proteggere la pelle successivamente esposta a radiazioni UV attraverso riduzione dei marcatori di infiammazione e di stress ossidativo quali i dimeri della tiamina, della malondialdeide e dell’IL1a. In altri studi su espianti di pelle trattati con estratto di centella si è osservata la riduzione della glicazione e della profondità e del volume delle rughe. In uno studio clinico con placebo si è invece valutata l’efficacia dell’assunzione di un integratore alimentare a base di estratto di centella (150 mg/ die) contro placebo in soggetti 35-40 anni. Dopo già 30 giorni di trattamento si è osservata una pelle significativamente più ossigenata, più idratata e più elastica, mentre lo stress ossidativo è nettamente diminuito.
La bellezza può trarre vantaggio da una sana alimentazione: a comprendere l’esistenza di una correlazione tra alimentazione e sviluppo somatico è stato Weston A. Price, dentista americano che nella prima metà del ‘900 ha girato ben 5 continenti e 14 diversi paesi del mondo per le sue ricerche. Price notò che i bambini che crescono in ambienti rurali hanno bocche più sane, denti allineati e nessun problema di carie, nessuna infezione e nessun problema mentale. Nelle città la situazione era completamente diversa e queste differenze sono state documentate con un reportage fotografico dove si osserva uno sviluppo massiccio-facciale e una dentatura differenti tra persone che hanno vissuto in zone rurali nutrendosi di cibi tradizionali e persone, magari della stessa etnia, che si sono trasferite in zone industrializzate e hanno cambiato la loro alimentazione. Da un’analisi condotta su alimenti tradizionali e moderni ridotti in polvere, Price si è reso conto che questi ultimi hanno un contenuto ridotto di vitamine e minerali, nutrienti importanti per la salute e l’accrescimento osseo. In un recente studio di coorte condotto in Francia su 44.551 adulti con età superiore ai 45 anni, per ogni incremento del 10% del consumo di alimenti processati è stato rilevato un aumento del 15% della mortalità per ogni causa. Si tratta di alimenti ricchi di sale, zuccheri, oli e grassi modificati, contenenti contaminanti di processo (es. interferenti endocrini), ossia sostanze che si formano durante la cottura o vengono rilasciati dagli impianti di produzione. La glicazione è un altro fenomeno negativo per la nostra salute. Gli zuccheri riducenti (es. glucosio, fruttosio) sono molto instabili e nel sangue tendono a legarsi a proteine e lipidi dando vita a dei composti non scindibili. Le proteine risulteranno alterate nella loro funzione, con deterioramento delle proteine basali, quali collagene ed elastina, proteine con un lento ricambio, con compromissione dell’integrità e dei processi rigenerativi del tessuto cutaneo. La glicazione non avviene soltanto all’interno del nostro organismo, ma anche negli alimenti. Il fruttosio, ad esempio, glica le proteine in modo più rapido rispetto al glucosio, quindi sarebbe meglio evitare il consumo di prodotti contenenti tale zucchero in quantità elevata. Anche alcuni tipi di cottura, in particolare quella al forno o la frittura, favoriscono la formazione di prodotti glicati.
Altro problema per la salute della pelle è lo stress-ossidativo. I polifenoli non sono sostanze antiossidanti, bensì xenobiotici, ossia dei “veleni” che il nostro organismo riconosce come tali e dai quali si protegge attivando i sistemi enzimatici difensivi. I polifenoli sono scarsamente assorbiti a livello di intestino tenue (5-10%). Il restante 90-95% raggiunge il colon dove viene trasformato dai batteri della microflora intestinale in metaboliti a basso peso molecolare che, attraverso il circolo sanguigno, entrano in circolo e arrivano al fegato dove attivano i sistemi enzimatici difensivi. I polifenoli hanno quindi proprietà prebiotiche. Gli alimenti più ricchi in polifenoli sono quelli che sviluppano dipendenza come caffè, cioccolato, tè, spezie ed erbe aromatiche. Una curiosità è che le persone con un colorito della pelle tendente all’arancione sono percepite come più sane, in quanto consumano più frutta e verdura ricche in carotenoidi. Il nostro organismo assume antiossidanti attraverso la dieta, ma è anche in grado di produrli. Le condizioni ottimali per produrre tali sostanze e per non creare un stress-ossidativo eccessivo è seguire una alimentazione circadiana. Nella dieta bisognerebbe seguire l’antico detto popolare “Mangia come un re a colazione, un principe a pranzo e un povero a cena”: il digiuno notturno di almeno 12 ore, e la conseguente chetosi, sono condizioni necessarie per migliorare la risposta all’insulina e a specifici enzimi (es. ormone della crescita, leptina, grelina), prevenendo così il verificarsi di tutte quelle alterazioni metaboliche responsabili dell’invecchiamento cellulare e dello sviluppo di patologie quali diabete, malattie cardiovascolari, tumori, etc. Questo fenomeno trova conferma anche in alcuni studi su topi che sottoposti a una dieta ad alto contenuto di grassi, ma in arco di tempo ristretto (2-3 ore), pur consumando le stesse calorie di quelli con accesso ad libitum, sono protetti da obesità, iperinsulinemia, steatosi epatica ed infiammazione. Altro messaggio importante quindi non è solo che cosa si mangia, ma in che momento della giornata lo si assume. In donne in sovrappeso o obese con sindrome metabolica a dieta ipocalorica (1400 kcal) una differente distribuzione delle calorie nell’arco della giornata, per 12 settimane, porta a risultati diversi. Nelle pazienti con 700 kcal a colazione, 500 kcal a pranzo e 200 kcal a cena si è registrata una perdita di peso 2,5 volte maggiore rispetto alle donne con 200 kcal a colazione, 500 kcal a pranzo e 700 kcal a cena
I probiotici possono essere utili per il benessere e la bellezza della pelle. La cute non è solo un’interfaccia con l’ambiente esterno, è anche un ecosistema composto di diversi habitat ricchi di invaginazioni, tasche e nicchie che ospitano un’ampia variabilità di virus, batteri, funghi e acari collettivamente denominati col termine di “microbiota cutaneo”. Da uno studio americano condotto su 250 volontari sani risulta che le specie microbiche peculiari di cute, naso, cavità orale, intestino e vagina, possono essere raggruppate in 4 phyla: Firmicutes, Actinobacteria, Bacteroidetes e Proteobacteria. Alcuni di questi batteri “residenti” (commensali) producono molecole di difesa ed antibiotici naturali, mentre le specie transitorie, che derivano dall’ambiente circostante, persistono sulla pelle per poche ore o giorni e in condizioni normali non sono patogeni se vengono mantenute adeguate condizioni igieniche o se la funzione barriera della pelle permane intatta. La cute svolge un’importante azione di barriera grazie alla produzione di peptidi antimicrobici, molecole sintetizzate sia dai cheratinociti che da alcuni gruppi batterici. Esiste una correlazione causale tra uno stato cronico di disbiosi intestinale e diverse condizioni infiammatorie in vari distretti dell’organismo; tra queste malattie cutanee quali la psoriasi, la dermatite atopica (DA) e l’acne. Nella DA prevale ad esempio un ambiente di tipo Th2 (IL-4 e IL-13) con inibizione della produzione di beta-defensine e riduzione della produzione di IL-8, creando quindi un ambiente favorevole alla crescita dello Staphylococcus aureus.
Il Cutibacterium acnes è un batterio Gram-positivo anaerobio, normalmente parte del microbiota cutaneo, che gioca un ruolo centrale nello sviluppo delle lesioni tipiche dell’acne sia nelle fasi precoci che in quelle tardive del processo fisiopatologico. In uno studio in vitro è stata dimostrata la capacità del Lactobacillus salivarius LS03 (DSM 22776) di inibire in modo specifico il Cutibacterium acnes e il rilascio di citochine pro-infiammatorie, in par ticolare di IL-8. I risultati di questo studio sono molto incoraggianti; tuttavia, prima di utilizzarlo per il trattamento dell’acne l’efficacia del Lactobacillus salivarius LS03 dovrebbe essere confermata da studi clinici specifici sull’uomo. Negli ultimi anni, stanno aumentando i casi di DA la cui patogenesi è multifattoriale. Tra i meccanismi coinvolti: la disfunzione della barriera dell’epidermide con perdita di funzione da parte dei cheratinociti, meccanismi immunologici, fattori ambientali e genetici. I difetti di barriera nella DA sembrano non limitarsi alla pelle, ma coinvolgono anche la mucosa intestinale, data l’esistenza ben documentata di un asse intestino-pelle. Diversi gli studi clinici condotti sull’uomo per valutare l’efficacia del Lactobacillus salivarius LS01 nel trattamento della DA. Questo ceppo è stato selezionato da studi preliminari in vitro che hanno dimostrato come il L. salivarius LS01 è in grado di spostare in modo significativo il rapporto Th1/Th2 verso una risposta di tipo Th1 alla base della tolleranza immunitaria, mentre altri ceppi BNL1059 e RGS1746 hanno portato ad una diminuzione del rapporto Th1/Th2 a favore delle citochine pro-infiammatorie e quindi dell’atopia e dei fenomeni allergici. In uno studio clinico in doppio cieco con il controllo del placebo è stata valutata l’efficacia del L. salivarius LS01 (DSM 22775) assunto alla dose di 109 cellule/bustina due volte al giorno per 16 settimane, in 38 pazienti di età compresa tra 18 e 46 anni con DA moderata/ severa. Alla fine del periodo sperimentale, nei soggetti trattati con il probiotico si sono osservate modifiche del microbiota fecale, in particolare una significativa riduzione degli stafilococchi fecali coinvolti nello sviluppo della DA ed una diminuzione della concentrazione plasmatica di LPS (lipopolisaccaridi) quali indicatori di traslocazione microbica, che si è mantenuta tale anche nelle 4 settimane successive alla sospensione del trattamento. Dopo 16 settimane, nel gruppo trattato con L. salivarius LS01 si è osservata, rispetto al placebo, una importante diminuzione dell’indice SCORAD, comunemente usato per valutare la gravità della DA. Ceppi probiotici selezionati come il Lactobacillus salivarius LS03 ed LS03 possono pertanto inibire in modo selettivo C. acnes e S. aureus nell’intestino, contribuendo al ripristino del normale effetto barriera della cute.
L’allegato I del Reg. (UE) 655/2013 fornisce una descrizione dettagliata dei criteri comuni stabiliti, comprendendo esempi di claims illustrativi ma non esaustivi, mentre l’allegato II delle linee guida al provvedimento descrivono le migliori pratiche correlate al tipo di supporto probatorio utilizzato per la giustificazione dei claims cosmetici. Diversi gli studi sperimentali che si possono condurre per supportare un claim: studi in silico, in vitro, ex-vivo, con metodi strumentali o biochimici, studi condotti su volontari, con valutazioni degli investigatori, valutazioni sensoriali, etc., purché la metodologia utilizzata sia appropriata e sufficiente. Ad esempio, i risultati di studi in vitro o in silico non dovrebbero suggerire risultati in vivo; sono solo predittivi e devono essere convalidati da studi nell’uomo. I test non sono tutti standardizzati, si possono usare anche metodiche alternative, che tengano conto dell’innovazione e del progresso, purché siano riproducibili e ripetibili. Il livello di prova o di evidenza deve essere coerente con il tipo di richiesta presentata, in particolare per le affermazioni in cui la mancanza di efficacia potrebbe causare un problema di sicurezza. Ad esempio, i claims riferiti alla protezione solare devono essere verificati prima di apporli in etichetta. Un claim che estrapola proprietà dell’ingrediente riferendole al prodotto finito deve essere supportato da prove adeguate e verificabili, ad esempio dimostrando la presenza dell’ingrediente ad una concentrazione efficace. E’ importante un buon protocollo di studio che deve risultare inattaccabile e inoppugnabile.
“Cosa ne pensano i consumatori?” è un indagine condotta dalla società di consulenza “Free Thinking srl” su come i consumatori interpretano i messaggi pubblicitari dei prodotti destinati al mantenimento del benessere della pelle. All’indagine, condotta on line, ha partecipato un campione rappresentativo di 700 persone con età superiore ai 18 anni (70% donne e 30% uomini) che acquistano anche saltuariamente prodotti di bellezza per viso, corpo, capelli o integratori alimentari con le medesime finalità. Il 99% degli intervistati ha dichiarato di applicare, anche occasionalmente, prodotti per il trattamento estetico della pelle, del corpo e/o degli annessi cutanei (unghie e/o capelli); di questi il 66% ha asserito di assumere, di tanto in tanto, integratori alimentari formulati per gli stessi scopi. I prodotti topici più conosciuti sono quelli associati ai bisogni più sentiti e, più in particolare, “alla prima apparenza estetica”: prodotti antirughe (68%), per rinforzare i capelli (60%), per la cute secca e anticellulite (58%). Meno noti i prodotti antigonfiore gambe (45%), antimacchie (42%) e per ridurre l’adiposità addominale (41%). Sugli integratori alimentari per la bellezza vi è in generale un livello di conoscenza inferiore: più noti i prodotti usati per rinforzare capelli (46%) e unghie (41%), mentre solo il 29% ha dichiarato di conoscere i prodotti “antirughe”. Questo probabilmente è legato al fatto che si tratta di prodotti di cui in generale si parla più spesso e sono più presenti sugli scaffali delle farmacie. Nei grafici successivi sono indicati per cosmetici e integratori i prodotti più venduti nella popolazione maschile e femminile.
Gli antirughe sono i prodotti cosmetici più acquistati dalle donne; questo rimanda probabilmente ad un bisogno di combattere il tempo che passa. Insolitamente tra gli uomini non solo è aumentata la vendita di cosmetici antirughe e di prodotti per il rinforzo e la caduta dei capelli, ma l’11% degli intervistati ha dichiarato di usare prodotti anticellulite (cosmetici che in realtà vengono utilizzati, per ignoranza, per ridurre la pancia). Dai dati raccolti sembra che l’uso dei cosmetici sia maggiormente rivolto a mantenere una condizione estetica, mentre l’assunzione di integratori alimentari risponda a bisogni più orientati al recupero di uno stato di salute più che alla ricerca di un risultato estetico. Questo emerge anche dalle motivazioni che spingono le persone ad acquistare cosmetici ed integratori aventi le stesse finalità. Ad esempio per i cosmetici anticellulite, le parole più ricorrenti sono state “Cosce, Ridurre, Combattere, Gambe”, mentre per gli integratori con la stessa funzione “Migliorare, Dall’interno, Prevenire, Ridurre, Drenare”. Per i cosmetici “antigonfiore gambe” si parla di “Gambe, Estate, Stanche, Piedi”, mentre per gli integratori con la stessa finalità di “Problemi, Ridurre, Ritenzione idrica, Drenare”. È stato chiesto agli intervistati quali fossero le fonti principali (grafico) da cui attingono le informazioni prima di acquistare un prodotto. Per gli integratori alimentari, ai quali viene attribuita una sfera più scientifica, il 28% del campione si rivolge al farmacista (e sono più le donne che si rivolgono a questa figura) e solo il 17% al web, che è invece la prima fonte informativa sui cosmetici. I media pubblicitari più rassicuranti sono i siti pubblicitari specializzati (65%) insieme alla pubblicità su giornali/riviste di settore (61%). Minore invece è la fiducia nei confronti dei cartelloni nei punti vendita (43%), pubblicità in TV (39%), stampa non specializzata (34%), pubblicità alla radio (29%) e banner pubblicitari (23%). Da ultimo agli intervistati sono stati proposti alcuni claims per valutarne la credibilità e quali sono i claims che spingono maggiormente all’acquisto. Per quanto riguarda la veridicità, in riferimento ai cosmetici sono ritenuti più credibili i seguenti claims: “Protegge dal sole” (85%), “Adatto alle pelli sensibili” (84%), “Riduce la forfora” (77%), “Senza ingredienti dannosi per la pelle” (es. senza parabeni, nichel, conservanti) (75%) e “Favorisce l’abbronzatura” (73%). L’indicazione considerata meno credibile dal 51% degli intervistati è “Riduce del xx% la caduta dei capelli”. Per gli integratori alimentari maggior credibilità è stata attribuita a “Rafforza unghie e capelli” (72%), “Favorisce l’abbronzatura” (68%) e “Protegge dal sole” (62%). In relazione ai claims che spingono ad acquistare i prodotti, per i cosmetici vi è in primo luogo l’indicazione “Senza ingredienti dannosi per la pelle” (25%), come primo claim citato, seguito da “Adatto alle pelli sensibili” (14%) e “Protegge dal sole” (11%), mentre per gli integratori alimentari a pari merito vi sono “Protegge dal sole” e “Rafforza le unghie e i capelli” (18%) e a seguire con l’11% “Effetti visibili già dopo xx settimane” e “Favorisce l’abbronzatura”.
Gli attori più credibili nel proporre i claim sono i laboratori di ricerca che si occupano di benessere (37%), le farmacie (33%) e le aziende specializzate nel tipo di prodotto che interessa (30%). Il 25% ha dichiarato “L’importante è che la promessa venga mantenuta”, quindi scientificamente provata, indipendentemente dal marchio del prodotto. Tra le dichiarazioni preferite a garanzia del risultato del prodotto vi sono: “Dermatologicamente testato” (44%), “Dimostrato scientificamente” (43%) e “Testato clinicamente” (40%). Solo il 15% degli intervistati ritiene affidabile un prodotto che riporti in etichetta “Testato nei laboratori dell’azienda che propone il prodotto”. Più del 40% dei soggetti intervistati ritiene che l’alimentazione abbia un ruolo veramente importante per la bellezza del corpo e della pelle del viso, nonché della bellezza in generale, per prevenire i segni del tempo e per la bellezza dei capelli. In generale, sia in riferimento ai cosmetici che agli integratori alimentari, il campione intervistato ha dichiarato di preferire i prodotti biologici a quelli tradizionali, ritenuti anche meno efficaci, sebbene le competenze del consumatore sul “bio” siano piuttosto scarse, come emerso da alcune ricerche
I consumatori, sebbene abbiano asserito di credere in alcune dichiarazioni, non sanno comprendere claims come “Adatto alle pelli sensibili”(cosa contiene o non contiene per essere considerato idoneo per pelli sensibili?). La lista ingredienti non è di semplice lettura e “Senza ingredienti dannosi per la pelle” è a volte denigratorio e non è detto che un prodotto che non contiene taluni componenti sia di qualità superiore e più sicuro). Si tratta quindi di claims generici, di difficile interpretazione per un consumatore mediamente informato. Sul mercato sono presenti integratori alimentari che riportano in etichetta l’indicazione “fotoprotettivo dall’interno” che, oltre ad essere pericolosa in sé in quanto suggerisce al consumatore che non è necessario usare creme per proteggersi dal sole, non è tra le indicazioni fisiologiche che il Ministero della salute ammette né è tra i claims in pending. Anche l’indicazione “riduce/contrasta la perdita dei capelli” non è un Beauty claim, ma ricade nell’ambito di applicazione del Reg. (UE) 1924/2006 e non è, ad oggi, autorizzato. La necessità di una base scientifica a sostegno del claim oltre ad essere un presupposto fondamentale affinché una indicazione sulla salute possa essere autorizzata ai sensi del Reg. (UE) 1924/2006, è un requisito importante anche per il consumatore per il quale la dichiarazione in etichetta “Dimostrato scientificamente” è un indice di garanzia ed efficacia del prodotto. Altroconsumo auspica che i claims sui botanicals possano essere presto disciplinati in forma armonizzata a livello europeo e ritiene interessante la possibilità di avere un elenco positivo di claims da impiegare per i cosmetici. Per quanto concerne le figure che vengono consultate e considerate autorevoli, il farmacista è una delle prime persone a cui ci si rivolge, soprattutto per l’acquisto di integratori alimentari, ma ci si chiede se i prodotti proposti siano sempre adeguati alla situazione o non vi sia qualche conflitto di interessi, condizione che potrebbe riguardare anche i media specializzati tra gli strumenti pubblicitari più rassicuranti. La salute e la bellezza della pelle potrebbero derivare dall’azione sinergica di un buon cosmetico, di una sana alimentazione ed integrando la dieta con prodotti che, grazie a specifici estratti di piante o a peculiari ceppi microbici, agendo dall’interno sono in grado di coadiuvare il benessere della pelle, organo complesso, bisognoso di cure ed attenzioni, quanto gli altri organi del corpo umano. Sebbene, alcuni benefici sulla pelle siano stati osservati anche in piccoli studi clinici, la difficoltà dell’industria è riuscire a convertire tali risultati in claims che siano spendibili sui prodotti considerato l’iter di valutazione e approvazione cui le indicazioni sulla salute sui prodotti alimentari sono assoggettate ai sensi del regolamento (UE) 1924/2006 e il non sempre comprensibile operato dell’EFSA. Dall’altra è essenziale, quando si parla di Beauty claims sia riferiti ad un cosmetico che ad un integratore alimentare, dimostrarne la veridicità e l’onesta attraverso un efficace supporto probatorio.