Le normative europee prevedono il divieto di utilizzo nei cosmetici di circa 1.400 sostanze. Queste sostanze non possono essere intenzionalmente aggiunte o utilizzate nelle formulazioni dei prodotti. In pratica, tuttavia, alcune di esse si possono invece trovare nei prodotti anche se solo in tracce. Tale presenza è espressamente accettata dal regolamento (UE) 1223/09 purché, come riportato all’art.17 del suddetto: “la presenza involontaria di una quantità ridotta di una sostanza vietata, derivante da impurezze presenti negli ingredienti naturali o sintetici, derivanti dal procedimento di fabbricazione, dall’immagazzinamento, dalla migrazione dall’imballaggio e che è tecnicamente inevitabile nonostante l’osservanza di buone pratiche di fabbricazione, è consentita a condizione che tale presenza sia in conformità dell’articolo 3”.
L’art. 3 riguarda la sicurezza del prodotto e la sua innocuità in condizioni di uso normali ed in quelle ragionevolmente prevedibili. Sicurezza che deve essere valutata prima della immissione del prodotto cosmetico sul mercato, compito che ricade tra le responsabilità della “persona responsabile”.
Le tracce di sostanze vietate possono essere presenti in un cosmetico perché derivano da impurezze delle materie prime o dal processo di fabbricazione, da un’eventuale modificazione/interazione chimica e/o migrazione di sostanze nel prodotto che potrebbe verificarsi in condizioni normali di stoccaggio e/o anche tramite il contatto con il materiale di imballaggio. La presenza di tracce di tali sostanze sono accettate a condizione che non interferiscano negativamente sulla sicurezza del prodotto finito.
La valutazione della sicurezza del prodotto cosmetico in Europa si basa sulla caratterizzazione del rischio che ciascuno degli ingredienti presenti nella formulazione rappresenta per la salute e sulla gestione di tale rischio ai fini di evitare che lo stesso diventi un pericolo per la salute umana. Pertanto, è importante distinguere tra rischio e pericolo: se il pericolo è la proprietà intrinseca, nel caso di una formulazione cosmetica, che una sostanza provochi effetti avversi sulla salute, il rischio riguarda la probabilità che sia raggiunto il limite potenziale di danno nelle condizioni di impiego, o di esposizione, di quella sostanza. Quindi, il pericolo implica una condizione oggettiva e la certezza che si verifichi un evento avverso, mentre il rischio implica solo la possibilità che si verifichi tale evento avverso.
Il regolamento europeo sui cosmetici (CE n. 1223/2009) ora, e la direttiva 76/768 prima, hanno approcciato alla questione adottando misure di gestione dell’esposizione a determinate sostanze. Il regolamento prevede infatti il divieto assoluto (gestione del pericolo) per un certo numero di sostanze considerate troppo dannose o la cui percezione da parte del consumatore europeo è molto negativa. Queste sostanze sono elencate nell’allegato II del regolamento, un cosiddetto elenco “negativo” poiché esclude l’uso degli ingredienti in esso contenuti nei cosmetici. In pratica, questo elenco di circa 1.400 voci, è in effetti un mix eterogeneo di sostanze che potrebbero essere presenti in un prodotto cosmetico come impurezze (ad esempio metalli pesanti), altre che (in linea di principio) non hanno mai fatto parte di una crema o di uno shampoo (es. stricnina, monossido di carbonio, sostanze radioattive…) e di altre che usate nei cosmetici fino ad un certo periodo, sono state vietate a seguito della valutazione di un rischio da parte dei Comitati scientifici che negli anni si sono succeduti, rischio non gestibile attraverso altre misure di minore entità.
Tuttavia, questo divieto non è così rigido come sembra, dal momento che, come detto, l’articolo 17 del regolamento (CE) 1223/2009 introduce una tolleranza utile soprattutto per il produttore di cosmetici. In sintesi, si ritiene accettabile che un prodotto cosmetico contenga tracce di sostanze vietate a condizione che queste tracce soddisfino tre criteri essenziali:
Non intenzionalità: deve trattarsi di una impurezza e non di un ingrediente intenzionalmente aggiunto. Il concetto di “ingrediente incidentale” definito nella legislazione statunitense sui cosmetici (CFR Titolo 21 § 701.3) non è valido in Europa e il principio di “intenzione” deve essere inteso in senso assoluto. Pertanto, un conservante presente nelle materie prime è considerato intenzionalmente aggiunto al prodotto finito e pertanto non può essere soggetto all’articolo 17.
L’inevitabilità di buone pratiche di produzione: il produttore della materia prima deve fare attenzione a ridurre al minimo la presenza di questa impurezza. Per quanto riguarda il produttore di cosmetici, è invitato a conoscere lo stato dell’arte prima di procedere all’acquisto di una materia prima.
La sicurezza di queste tracce: il valutatore della sicurezza deve studiare il profilo tossicologico di queste impurezze, allo stesso modo di tutte le altre sostanze utilizzate nella composizione del prodotto finito. Per ulteriori informazioni su questo argomento, la nona edizione di SCCS Notes of Guidance (SCCS/1564/15) è un riferimento di grande utilità.
Si noti che è onore della persona responsabile dimostrare che questi criteri sono pienamente soddisfatti, in particolare, per provare l’inevitabilità di queste tracce nel prodotto finito e dimostrare la sicurezza del prodotto finale attraverso la relazione sulla sicurezza.
La Decisione di esecuzione della Commissione (2013/674/UE) relativa alle linee guida sull’allegato I del regolamento (CE) n. 1223/2009 sui prodotti cosmetici a proposito di impurezze1 e tracce2, precisa che le tracce devono essere valutate in relazione alla sicurezza del prodotto finito. Qualora siano presenti tracce di sostanze vietate, si deve fornire anche la prova della loro inevitabilità tecnica. La principale preoccupazione è infatti quella di garantire la tutela della salute umana, come previsto dall’articolo 3 del regolamento cosmetici.
Per l’analisi delle impurezze e del materiale d’imballaggio, sottolinea la decisione, i dati dei fornitori sono d’importanza cruciale e devono essere considerati preferibili.
La presenza di tracce nel prodotto finito può essere valutata in due modi:
a) mediante le specifiche/i dati tecnici di ciascuna materia prima, sulla base delle conoscenze sul processo di fabbricazione delle materie prime (origine della sostanza, processo di produzione, via di sintesi, processo di estrazione, solvente utilizzato, ecc.);
b) mediante l’analisi fisico-chimica delle possibili impurezze contenute nelle materie prime e, se necessario, nel prodotto finale (per esempio nitrosammine che vengono potenzialmente generate durante o dopo il processo di fabbricazione).
Se tale presenza è tecnicamente inevitabile, i fabbricanti di cosmetici devono fornire, come detto, la prova dell’inevitabilità tecnica. Ciò significa che essi devono giustificare la presenza di tali tracce con tutti i mezzi necessari. La presenza di tracce delle sostanze vietate deve essere ridotta al minimo, per quanto possibile, secondo le buone pratiche di fabbricazione. Il valutatore della sicurezza inoltre deve decidere se i loro livelli sono accettabili dal punto di vista tossicologico e se il prodotto sia ancora sicuro. Soprattutto nel caso di sostanze genotossiche e cancerogene senza limiti di soglia,3 è necessario adottare tutte le migliori prassi per eliminare queste sostanze [principio ALARA4] nel prodotto cosmetico finito.
Ma quale è il significato reale di “traccia”? Il regolamento europeo sui cosmetici non definisce esplicitamente il concetto di “traccia”, intendendolo come “quantità ridotta” e quindi indefinibile in termini quantitativi. Cercando altri riferimenti, l’ICCR (International Cooperation on Cosmetic Regulation) nel suo rapporto “Principi per la gestione delle tracce in cosmetici” definisce come traccia “quantità molto basse di impurezze e/o contaminanti in un prodotto finito”.
Cosa si intende per “quantità ridotta”? In alcuni casi, i limiti di concentrazione sono definiti dalla legislazione e in particolare dagli allegati del regolamento sui cosmetici. Questo è il caso del safrolo, vietato dalla voce 360 dell’allegato II, ma tollerato in quanto presente in ingredienti naturali, purché il suo contenuto nel prodotto finito non superi i 100 ppm (salvo eccezioni).
In tutti gli altri casi e come specificato nella decisione di esecuzione della Commissione n. 2013/674, la “quantità ridotta” di sostanze per le quali non esistono limiti di concentrazione definiti normativamente, ma che prevedibilmente potrebbero influire sulla sicurezza dei consumatori, deve essere attentamente valutata dal valutatore della sicurezza.
Citando Paracelso: «Omnia venenum sunt: nec sine veneno quicquam existit. Dosis sola facit, ut venenum non fit» («Tutto è veleno: nulla esiste di non velenoso. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto»).
In altre parole, il concetto di “traccia” non si riferisce a un singolo valore ma ad un calcolo che deve essere eseguito caso per caso in relazione alle proprietà tossicologiche di ogni sostanza. Per capire cosa rappresenta la traccia in termini di rischio bisognerebbe prendere in considerazione il NOAEL, quando disponibile, valore di riferimento di studi di tossicità cronica o i risultati di studi sulla sensibilizzazione cutanea, ecc. La soglia di preoccupazione tossicologica (TTC) è uno strumento promettente per valutare la sicurezza delle sostanze presenti a livello di tracce e di ingredienti presenti in piccole quantità, ad esempio in preparati derivati da piante (Threshhold of Toxicological concern o TTC).
Rimangono due casi particolari da menzionare:
- tracce di sostanze per le quali il rischio non può essere facilmente quantificato perché non sono correlate ad un effetto soglia (ad esempio le sostanze genotossiche o cancerogene). In questo caso, il produttore di cosmetici deve prestare particolare attenzione all’inevitabilità dell’impurezza e, per quanto possibile, trovare un’alternativa alle materie prime utilizzate. Inoltre, il valutatore della sicurezza può ricorrere ad approcci specifici per quantificare il rischio derivante da agenti cancerogeni. A tal fine il modello Multistage Linearizzato utilizzato dal California Office of Environmental Health Hazard Assessment (OEHHA) ai sensi della legislazione Prop 651 potrebbe essere uno dei metodi di riferimento.
- Tracce di sostanze derivanti da processi di degradazione dell’ingrediente nel prodotto finito a causa di un problema di stabilità. In questo caso, il produttore di cosmetici deve cercare di evitare queste tracce applicando rigorosamente le Good Manufacturing Practices e, se necessario, risolvere il problema riformulando il prodotto.
1 Impurezze: presenza involontaria di sostanze nelle materie prime.
2 Traccia: presenza involontaria di una quantità ridotta di una sostanza nel prodotto finito.
3 «Sostanze non soglia genotossiche e cancerogene» sono sostanze genotossiche e cancerogene prive di soglia per gli effetti cancerogeni-genotossici
4 Mutuato da altri settori è il principio secondo cui l’esposizione ad un elemento tossico deve essere mantenuta ai livelli più bassi possibili compatibilmente con le condizioni economiche e sociali: principio ALARA (as low as reasonably achievable); vedi Opinion of the Scientific Committee on a request from EFSA related to A Harmonised Approach for Risk Assessment of Substances Which are both Genotoxic and Carcinogenic [Parere del comitato scientifico su una richiesta dell’EFSA in relazione a un approccio armonizzato per la valutazione dei rischi di sostanze genotossiche e cancerogene], EFSA Journal (2005) 282, pagg. 1-31.
Letteratura scientifica di riferimento utile:
G.J. Nohynek, E. Antignac, T. Re, H. Toutain. Safety assessment of personal care products/cosmetics and their ingredients. Regul Toxicol Pharmacol 2010; 243(2): 239-259
M. Marinovich, M.S. Boraso, E. Testai, C.L. Galli. Metals in cosmetics: an a posteriori safety evaluation. Regul Toxicol Pharmacol 2014; 69(3): 416-424
Z. Ma’or Z, L. Halicz, M. Portugal-Cohen, M.Z. Russo, F. Robino, T. Vanhaecke, V. Rogiers. Safety evaluation of traces of nickel and chrome in cosmetics: The case of Dead Sea mud. Regul Toxicol Pharmacol 2015; 73(3): 797-801