La leggenda narra che sia stato un inglese, malato di tubercolosi, il primo occidentale a venire in contatto con Pelargonium sidoides. Era andato in Sud Africa alla ricerca di un clima più clemente con la sua malattia, e lì si affidò ad un guaritore locale. Questo lo trattò con una specie di geranio: una pianta arbustiva alta circa 50 centimetri, con le foglie a forma di cuore e dei fiori molto scuri, tra il rosso e il viola. Era un vegetale del tutto sconosciuto in Europa, ma diffusissimo in Sud Africa, ed usato come pianta terapeutica. Le popolazioni Zulu autoctone, infatti, utilizzavano questa pianta per trattare gonorrea, diarrea e dissenteria.
Questo utilizzo è stato solo recentemente confermato dallo studio di Obi e Samuel. Effettuando un antibiogramma utilizzando come attivo l’estratto di P. sidoides, hanno potuto verificare l’effetto antimicrobico contro numerosi ceppi patogeni intestinali.
Il periodo balsamico delle piante è abbastanza particolare: la concentrazione ottimale di sostanze attive si ottiene solo quando è raggiunto il 3° anno di vita. A questo stadio, esse vengono raccolte a mano, smistate e lavate.
L’estratto delle radici di questo geranio contengono composti secondari quali derivari cumarinici (umckalin), acido gallico e suoi esteri, flavonoidi (quercitina), flavan-3-oli (catechine) e fitosteroli.
Negli ultimi anni, l’estratto di questa pianta si sta dimostrando efficace su vari fronti, anche se non contro disturbi gravi come la tubercolosi.
Tale è stata l’attenzione del mondo scientifico e l’uso di questo rimedio che, nel luglio 2010 è stato autorizzato in Italia come farmaco di origine vegetale di uso tradizionale per l’attenuazione del raffreddore comune.
Alcuni studi riportano risultati a dir poco clamorosi come trattamento anti-raffreddore: in un test del 2007, quasi l’80% dei 103 pazienti coinvolti in un trattamento di 10 giorni è completamente guarito, contro il 31% del gruppo di controllo, trattato con del semplice placebo.
Ancor più interessante forse, è stato uno studio del 2009, che ha valutato la sicurezza e l’efficacia di una preparazione di Pelargonio sulle rino-sinusiti. I pazienti erano tutti affetti da rinosinusite acuta di origine batterica: su una scala di valore che va da 0 a 24, che misura la gravità dell’affezione ed è chiamata Sinusite Severity Score (SSS), tutti i pazienti erano partiti da un valore di almeno 12. Dopo la terapia, i pazienti trattati con Pelargonio si sono ritrovati di media 5,5 punti in meno nella scala SSS, rispetto ai soli 2,5 punti guadagnati da quelli del gruppo placebo. Questo risultato è stato confermato da tutti i parametri secondari, che indicano un decorso più favorevole e un recupero più rapido nel gruppo trattato con l’estratto naturale. Nel 2013, una review Cochrane ha sottolineato, benché la qualità delle evidenze non fosse eccellente, gli effetti benefici del Pelargonium per il trattamento di bronchiti acute, raffreddore comune e rinosinusiti acute. Recentemente (gennaio 2018), la comunità scientifica sta ipotizzando l’utilizzo della pianta anche per malattie ben più gravi del comune raffreddore. È il caso dello studio di Matthys e Funk, che hanno indagato l’effetto di un trattamento complementare a base di Pelargonium sidoides in pazienti con broncopatia cronico-ostruttiva. Dopo 24 settimane di trattamento, i pazienti hanno riportato un miglioramento globale della qualità della vita e un aumento dei giorni di lavoro con riduzioni in particolare sulla severità della tosse, produzione di muco e dolore retrosternale durante gli attacchi di tosse.
Fonti:
Explore (NY).2007 Nov-Dec;3(6):573-84.
Curr Med Res Opin.2018 Jan 18:1-7. doi: 10.1080/03007995.2017.1416344. [Epub ahead of print]
BMC Complement Altern Med.2017 Jun 19;17(1):321. doi: 10.1186/s12906-017-1802-4.