La fotografia della comunicazione digitale verso la classe medica in Italia, rispetto a quella degli altri Paesi occidentali, è impietosa: il 100% dei medici italiani percepisce che l’offerta “digitale” a loro rivolta è inferiore alle aspettative. Un dato che si colloca alla pari solo con quello di un Paese emergente in campo sanitario come la Cina; il mercato digitale più evoluto è il Giappone (94% di attività digitale in eccesso rispetto alla domanda), seguito dagli Stati Uniti. In Europa la situazione è molto variegata e vede la Gran Bretagna come capofila. Le cifre provengono dal white paper “Channel preference versus promotional reality” di QuintilesIMS e sono state discusse da un pool internazionale di esperti nel corso di un webinar preliminare all’annuale momento d’incontro tra gli executives di tutto il mondo, eyeforpharma Barcelona 2017 che si è tenuto a marzo nella città catalana.
Un’evoluzione geografica disomogenea
«Guardando ai Paesi europei c’è ancora molto spazio da coprire, soprattutto in Spagna e Italia, che sono ancora mercati guidati dal face-to-face», ha commentato Panos Papakonstantinou, responsabile Digital Commercial Europe di Novartis. Ancora una volta sono i Paesi del Nord Europa a mostrarsi più all’avanguardia anche nel marketing digitale, anche se rimangono ancora inarrivabili le cifre del Giappone, dove la comunicazione con la classe medica è ormai completamente gestita attraverso le tecnologie informatiche.
Per Alice Yeo, che guida la Global multichannel strategy di UCB, il punto starebbe nel tracciare l’evoluzione dell’approccio multicanale nel tempo, per vedere come la tecnologia influenzi il mercato in un certo Paese. «In Italia e nei Paesi del Sud Europa, i medici danno ancora valore alla relazione con l’informatore, ma chiedono più digitale: c’è un’opportunità per andare incontro alle richieste di un’audience chiave», ha aggiunto Sarah Rickwood, vicepresidente della European thought leadership di QuintilesIMS e tra gli autori del rapporto. I dati indicano come i diversi Paesi si trovino a stadi diversi del loro cammino nell’universo digitale: i mercati di Germania, Spagna e Italia sono ancora dominati da modalità più tradizionali di comunicazione, con un basso tasso di condivisione digitale e di sofisticazione multicanale. Nessuno, neanche il Giappone, ha però raggiunto la piena maturità di un “vero” ambiente multicanale, in cui le modalità tradizionali e moderne lavorino fianco a fianco per fornire un’esperienza unica al cliente che sia in linea con le sue preferenze.
Professionisti sanitari sempre più connessi
Secondo Rickwood, la parte difficile del processo consiste nel capire quale sia il canale digitale preferito dal medico per comunicare: un elemento chiave, che potrebbe aiutare ad aprire le porte comunicative anche dei professionisti sanitari più scettici nei confronti dell’approccio multicanale. La difficoltà di penetrazione delle nuove modalità in alcuni Paesi non sarebbe invece dovuta a un problema di infrastrutture, visto che la classe medica ha ormai accesso al mondo digitale sia dal lavoro che da casa. Proprio a casa avrebbe luogo il 57% delle chiamate virtuali agli specialisti, indicano i dati di QuintilesIMS. Tra i vantaggi di una comunicazione online o al telefono rispetto ai classici incontri dal vivo, il 79% del centinaio di professionisti della sanità interpellati ha indicato la facilità di riprogrammare le attività, il 76% la migliore compatibilità con le altre attività lavorative, il 73% il risparmio di tempo.
Dal white paper emerge come, soprattutto negli Stati Uniti, siano i diabetologi, i cardiologi e i reumatologi le tipologie di professionisti che desidererebbero incrementare la quota di promozione digitale. Sul versante opposto, il rapporto segnala come i farmacisti e gli infermieri desiderino invece tornare a un’interazione più diretta con gli informatori, che potrebbe essere stata messa un po’ da parte dalle aziende farmaceutiche al fine di ottimizzare i costi su gruppi con un minor potere decisionale a livello prescrittivo.
Le barriere principali sono interne
La percezione degli addetti ai lavori nelle aziende farmaceutiche indica che le barriere a una più larga adozione di modalità di promozione multicanale sono soprattutto interne: un sentiment indicato dal 75% per partecipanti al webinar, mentre solo il 4% ha segnalato la presenza di barriere esterne. La cultura aziendale, la sua strutturazione e la predisposizione a investire in nuove tecnologie sarebbero fattori determinanti nel favorire o meno la messa a punto di una strategia multicanale davvero efficace. «Anche il nostro sondaggio ha indicato che le barriere principali sono interne – ha confermato Rickwood. – Questa sfida rappresenta solo parzialmente un problema, va raccolta se si vuole arrivare allo stadio successivo della strategia multicanale: bisogna guardare alla propria organizzazione senza affermare che ci siano ostacoli che non possono essere rimossi nell’ambiente esterno»
Un grande interesse per i nuovi modelli di promozione delle vendite e passione nel realizzarli, ma anche mancanza di consistenza e di focus attraverso l’azienda: Alice Yeo ha riassunto in questi fattori la sua esperienza in materia all’interno di UCB. La “paura” del nuovo, anche in termini di un possibile cambio del proprio ruolo in azienda, e la preferenza di molti addetti a operare su uno/due canali al massimo sarebbero altri elementi che secondo gli esperti frenano la definitiva esplosione della comunicazione multicanale. «C’è stato comunque un progresso nel corso degli anni, le persone sono più felici e le strutture sono più in linea – ha sottolineato Anthony Scammell, responsabile della Customer experience di Old Mutual Wealth. – Sappiamo quali canali dobbiamo cercare di supportare e quali aree di business sono responsabili per questo. Ora si tratta soprattutto di capire cosa vogliono i nostri clienti e lavorare su aspetti come il quadro regolatorio. Ci stiamo muovendo sempre più dall’interno verso l’esterno».
Le aziende dispongono già di piattaforme sufficientemente sofisticate: per Papakonstantinou il problema andrebbe ricercato soprattutto nella capacità di costruire la visione interna all’azienda che permetta di gestire la transizione e nel reale desiderio di modificare il modello di business. «Perché di questo si tratta: stiamo modificando l’approccio con cui comunichiamo con il cliente. Non credo che tutti siano a proprio agio con questo nuovo approccio», ha sottolineato il rappresentante di Novartis, secondo cui le resistenze interne, i processi di change management e la comprensione di dove si collochino le opportunità sono i temi di cui focalizzarsi.
Inserirsi nelle conversazioni
La capacità di analizzare l’ambiente e capire dove gravitano i medici e i pazienti, per poi inserirsi in queste conversazioni, rappresenta il cuore del vantaggio strategico che può offrire la comunicazione multicanale. Inserirsi nelle conversazioni sapendo di cosa sta parlando il segmento specifico a cui ci si sta rivolgendo è, per Alice Yeo, un’opportunità di marketing che le aziende non dovrebbero lasciarsi sfuggire. «Portare sul tavolo l’argomento fa sì che gli interessati vogliano parlarne ancora, via email o di persona, ed essendo sicuri la conversazione sia di alta qualità. Non necessariamente con riferimento a un brand particolare», ha commentato la rappresentante di UCB. Per Anthony Scammell non si tratta di essere ovunque, ma di essere presenti al posto giusto con la giusta informazione. «Essere ovunque porta a essere saturi e a “spegnere” le persone», ha aggiunto.
Quintiles IMS ha condotto la sua indagine chiedendo ai medici di registrare modi, tempi e scopi del contatti con le aziende farmaceutiche, e di segnalare anche i canali che con cui preferirebbero venire contattati. I risultati mostrano che in Europa c’è stata una perdita del 26% nella comunicazione tradizionale a partire dal 2011.
Secondo Sarah Rickwood, una delle sfide che le aziende farmaceutiche devono fronteggiare in Europa risiede nel miglioramento del tempo di contatto digitale, anche se i numeri elevati del Giappone non sarebbero necessariamente correlati ad un’elevata qualità della comunicazione, ma solo ad alti volumi di frequenza e di condivisione digitale. «Non credo che la sofisticazione dei contenuti digitali sia necessariamente più elevata in Giappone, probabilmente è più alta negli Stati Uniti – ha sottolineato Rickwood. – In Europa, la Polonia ha la più alta quota di volume digitale».
Il digitale cambia la prospettiva sul cliente
La corretta comprensione dei canali di comunicazione può offrire insight molto migliori sul cliente, ha sottolineato Papakonstantinou: «Ci sono moltissime cose che si possono misurare. Credo che la chiave sia nel come connettiamo questi dati con il business: come possiamo misurare i KPI giusti, che siano guidati dal business, dai brand, dall’esperienza dei clienti?»
Per Yeo in questo passaggio sarebbe fondamentale disporre di tecnologie di CRM/CMS in grado di gestire al meglio il monitoraggio e le preferenze, permettendo così d’indirizzare la comunicazione e approfondire la conversazione. «La parte principale sta nel continuare a raccogliere gli insight su cosa fanno le persone e perché lo fanno. Bisogna continuare a monitorare, a investire e ad adattare lo stile in modo da massimizzare le opportunità», ha aggiunto Scammell. Insight migliori portano con sé la conseguenza di piani di marketing dinamici, non più statici come quelli tradizionali, e strategie di prodotto che si adattano ai singoli canali.
Il modello tradizionale, gerarchizzato e cristallizzato temporalmente nel calendario annuale delle attività – e pertanto rigido nell’esecuzione – dovrebbe per Sarah Rickwood lasciare il passo a un modello più dinamico e in continua evoluzione: «Sono grandi cambiamenti, a volte poco confortevoli per le organizzazioni. La forma mentale sul modo con cui usiamo queste informazioni deve cambiare, cosi come la stessa informazione».
La sfida di un maggior coinvolgimento degli informatori
Sarebbero tra i 400 e i 500mila gli informatori scientifici tutt’ora attivi a livello globale, secondo i dati QuintilesIMS. Uno zoccolo duro ormai stabile come quantità e che secondo gli esperti non va eliminato, ma piuttosto maggiormente coinvolto nella messa a punto ed erogazione delle attività di comunicazione multicanale.
La sfida consiste nel raccogliere e saper gestire le fonti d’informazione e comunicazione sui clienti, che grazie alle tecnologie digitali sono oggi enormemente diversificate rispetto al passato, e che sono passate sotto la guida del cliente stesso che può scegliere di quale canale servirsi. «Ci si è resi conto che c’è bisogno di molta prioritizzazione, il lavoro è diventato molto costoso ed è difficile conoscere esattamente dove e come focalizzarsi», ha commentato il charmain di eyeforpharma, Paul Simms. Il 74% dei partecipanti al webinar si è espresso per un ruolo cruciale della forza vendita nel successo delle strategie multicanale. Per Scammell é fondamentale che la forza vendita sia entusiasta della proposta di cui parla, che non la veda come qualcosa di cui avere paura.
Per la rappresentante di UCB, invece, la forza vendita va vista come un “cliente interno”, ci si deve porre ad essa dalla prospettiva dell’esperienza dell’utente del programma multicanale. «È importante che siano coinvolti, che aiutino a dar forma alla comunicazione, sia online o offline, perché sono loro la prima linea e il principale punto di contatto che la rende possibile», ha evidenziato Yeo. Anche per Sarah Rickwood solo una forza vendita pienamente coinvolta può fare pieno uso di tutti gli strumenti che le vengono messi a disposizione. Puntare in primo luogo al coinvolgimento degli informatori che dimostrano una maggior passione per l’approccio multichannel potrebbe essere, per Papakonstantinou, un modo per stimolare a impegnarsi maggiormente nella loro effettiva implementazione: il successo di uno potrebbe essere uno stimolo per trascinare anche gli altri reps verso le nuove modalità di approccio al cliente. Il responsabile Digital Commercial Europe ha sottolineato come, in una società delle dimensioni di Novartis, il rendere edotte tutte le funzioni coinvolte sulle nuove strategie multicanale sia un’attività essenziale per aiutare a capire come potrebbe cambiare la visione del marketing. All’Old Mutual Wealth, ha raccontato Anthony Scammell, hanno puntato a un forte coinvolgimento della forza vendita fin dall’inizio dei progetti, anche con schemi di accreditamento della formazione sui temi del multicanale e incentivi che aiutassero ad alzare il livello. «Abbiamo creato anche dei desk di supporto tecnico che le persone possono chiamare per informarsi sulle ultime novità. Si tratta di avvolgerli con le nostre braccia e renderli parte integrante del viaggio verso la nostra strategia futura», ha commentato Scammell, sottolineando anche come la realtà in cui opera veda l’approccio multicanale come parte del core business, non come qualcosa da gestire separatamente. Per Alice Yeo «il termine “ambizioso” è quello giusto quando parliamo di multicanale» ed è plausibile aspettarsi che ci sia un cambiamento sostanziale nei prossimi cinque anni. La complessità dei portfolio, che includono prodotti sofisticati quali gli oncologici, i biologici, gli agenti autoimmuni o per le malattie rare, ha concluso Sarah Rickwood, una combinazione delle diverse strategie di approccio al marketing.