INOSITOLI E PCOS
La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è un disturbo piuttosto diffuso nelle donne in età fertile, caratterizzato da oligomenorrea o anovulazione, iperandrogenismo, insulinoresistenza e, in un …
a sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è un disturbo piuttosto diffuso nelle donne in età fertile, caratterizzato da oligomenorrea o anovulazione, iperandrogenismo, insulinoresistenza e, in un buon numero di casi, sovrappeso, obesità, sindrome metabolica, acne, alopecia e irsutismo.
L’approccio alla patologia consiste innanzitutto nella dieta e nell’attività fisica, ma spesso è necessario il ricorso a strumenti terapeutici quali: farmaci insulino-sensibilizzanti, antiandrogeni, estroprogestinici, erbe medicinali e nutraceutici. In quest’ultimo ambito, un ruolo potenzialmente importante nel trattamento della sindrome dell’ovaio policistico è rappresentato dall’impiego degli inositoli.
Gli inositoli, sono polioli carbociclici la cui forma più importante in natura è il myo-inositolo (cis-1,2,3,5-trans-4,6-cicloesanesolo). Altri isomeri presenti occasionalmente in natura sono il scyllo-, chiro-, muco-,neo-inositolo. Altri isomeri possibili sono allo-, epi-, cis-inositolo.
Il myo-inositolo è classificato come un componente del complesso B (riferendosi ad esso come B7) in quanto è sintetizzato dal corpo umano ed è convertito in D-chiro-inositolo (DCI) attraverso l’azione di una epimerasi. Il myo-inositolo, quindi, rappresenta il precursore del D-chiro-inositolo.
Proprio il myo-inositolo e il D-chiro-inositolo, hanno di recente attirato l’attenzione di farmacologi e clinici. Svariati studi hanno dimostrato che un adeguato contenuto plasmatico e cellulare di D-chiro-inositolo, ottenuto attraverso la somministrazione orale dello stesso o del suo precursore ad un dosaggio quasi 4 volte maggiore, è responsabile di un processo di sensibilizzazione all’insulina, clinicamente in grado di determinare un importante effetto antiandrogeno e quindi anti-PCOS.
Myo-inositolo e D-chiro-inositolo, molecole costituenti gli inositol-fosfoglicani, sono secondi messaggeri che amplificano il segnale insulinico. Questi ultimi sono detti IPG-P quando contengono D-chiro-inositolo e mediano l’azione dell’insulina post-prandiale favorendo tanto l’ingresso di zucchero nella cellula quanto la sua successiva polimerizzazione a glicogeno; sono invece detti IPG-A quando contengono myo-inositolo e mediano l’azione dell’insulina, quella però rilasciata per bilanciare l’azione di glucagone e adrenalina, favorendo solo l’ingresso dello zucchero nella cellula.
Il razionale dell’impiego degli inositoli nella PCOS (così come della metformina), viene da report di studi clinici che attestano che una corretta o migliore trasduzione del segnale insulinico produce un vantaggio clinico nelle donne affette da PCOS, in quanto l’insulinoresistenza, con conseguente iperinsulinismo,alimenta l’iperandrogenismo, disordine endocrinologico che gioca un ruolo importante nella PCOS; questo avviene sia attraverso una stimolazione diretta da parte dell’insulina dell’ovaio alla produzione di androgeni, sia attraverso la riduzione della produzione epatica delle proteine di trasporto degli ormoni sessuali (SHBG), in quanto gli androgeni legati alle SHBG, non essendo liberi, non funzionano.
Da un punto di vista clinico la quasi totalità degli studi internazionali ha dimostrato come sia un deficit di produzione di D-chiro-inositolo a svolgere un ruolo importante nella patogenesi dell’insulinoresistenza tipica della PCOS (ma anche del diabete di tipo 2); in queste pazienti, sia durante un test da carico con glucosio che dopo iniezione di insulina, si rinvengono ridotti livelli plasmatici e intracellulari di D-chiro-inositolo, (soprattutto, ma non solo, nel muscolo e nel tessuto adiposo). Questo non è vero né per il suo precursore diretto, il myo-inositolo, né per i due precursori di quest’ultimo. L’alterazione del metabolismo degli inositoli, denominata dagli Autori anglosassoni inositol imbalance, si configura sempre e soltanto per un deficit terminale nella capacità di produzione del D-chiro-inositolo e mai per un deficit di alcuno dei suoi precursori. La diminuzione delle concentrazioni di D-chiro-inositolo nelle donne con PCOS è infatti riconducibile o ad una ridotta conversione a partire dal myo-inositolo (per deficit dell’epimerasi), e/o ad un aumentato catabolismo del D-chiro-inositolo prima della filtrazione renale.
Molte sono le ‘prove’ che rivelano l’esclusività del ruolo giocato dal D-chiro-inositolo nel contesto della PCOS. Ancora, i livelli di D-chiro-inositolo correlano in maniera inversamente proporzionale agli indici di resistenza insulinica e il miglioramento della resistenza all’insulina indotto dalla stessa metformina si accompagna ad un incremento della biodisponibilità del D-chiro-inositolo. Nelle donne sottoposte a dieta e ad attività fisica si rileva un incremento della sola risposta mediata dagli IPG-P (dovuto ad una migliore disponibilità endogena di D-chiro-inositolo) anche in assenza di somministrazione di D-chiro-inositolo. Inoltre, la clearance renale del D-chiro-inositolo, ma non del myo-inositolo, è aumentata nelle donne con PCOS a conferma che il deficit di inositoli che interessa questa sindrome è specifico per il D-chiro-inositolo e non per il suo precursore.
Altri lavori scientifici condotti anche in Italia negli ultimi tre anni hanno confermato e ampliato i risultati dei precedenti studi. In particolare il D-chiro-inositolo, in confronto al myo-inositolo, ha determinato una maggiore riduzione dei livelli di androgeni con un effetto benefico sulla dinamica secretoria dell’LH, dell’FSH e dell’insulina, maggiormente evidente nelle pazienti con familiarità per diabete mellito di tipo 2 (cioè con maggiore insulino-resistenza).
Importante è il rapporto di conversione tra myo-inositolo e D-chiro-inositolo che, nelle donne con PCOS, è ridotto a causa del deficit di epimerasi e si aggira attorno a 3,3:1 o meno e dell’aumentato catabolismo/escrezione del D-chiro-inositolo stesso. Per avere cioè gli effetti clinicamente generati da 600 mg di D-chiro-inositolo, è necessario somministrare non meno di 2000 mg di myo-inositolo per donne con diagnosi di PCOS e BMI≤ 25. Per un BMI >25 l’evidenza clinica suggerisce la somministrazione di 1200 mg/die di D-chiro-inositolo, quindi non meno di 4000 mg/die di myo-inositolo.
Alcuni Autori hanno anche dimostrato che, sempre a causa del pesante deficit epimerasico nella commutazione a D-chiro-inositolo, sarebbe preferibile un dosaggio non inferiore a 3000 mg/die, anche in donne con BMI nella norma. Ovviamente queste valutazioni sul rateo di conversione tra una sostanza e l’altra trovano un senso scientifico solo a fronte dell’impossibilità d’impiego dell’effettore vero e proprio.
L’approccio alla patologia consiste innanzitutto nella dieta e nell’attività fisica, ma spesso è necessario il ricorso a strumenti terapeutici quali: farmaci insulino-sensibilizzanti, antiandrogeni, estroprogestinici, erbe medicinali e nutraceutici. In quest’ultimo ambito, un ruolo potenzialmente importante nel trattamento della sindrome dell’ovaio policistico è rappresentato dall’impiego degli inositoli.
Gli inositoli, sono polioli carbociclici la cui forma più importante in natura è il myo-inositolo (cis-1,2,3,5-trans-4,6-cicloesanesolo). Altri isomeri presenti occasionalmente in natura sono il scyllo-, chiro-, muco-,neo-inositolo. Altri isomeri possibili sono allo-, epi-, cis-inositolo.
Il myo-inositolo è classificato come un componente del complesso B (riferendosi ad esso come B7) in quanto è sintetizzato dal corpo umano ed è convertito in D-chiro-inositolo (DCI) attraverso l’azione di una epimerasi. Il myo-inositolo, quindi, rappresenta il precursore del D-chiro-inositolo.
Proprio il myo-inositolo e il D-chiro-inositolo, hanno di recente attirato l’attenzione di farmacologi e clinici. Svariati studi hanno dimostrato che un adeguato contenuto plasmatico e cellulare di D-chiro-inositolo, ottenuto attraverso la somministrazione orale dello stesso o del suo precursore ad un dosaggio quasi 4 volte maggiore, è responsabile di un processo di sensibilizzazione all’insulina, clinicamente in grado di determinare un importante effetto antiandrogeno e quindi anti-PCOS.
Myo-inositolo e D-chiro-inositolo, molecole costituenti gli inositol-fosfoglicani, sono secondi messaggeri che amplificano il segnale insulinico. Questi ultimi sono detti IPG-P quando contengono D-chiro-inositolo e mediano l’azione dell’insulina post-prandiale favorendo tanto l’ingresso di zucchero nella cellula quanto la sua successiva polimerizzazione a glicogeno; sono invece detti IPG-A quando contengono myo-inositolo e mediano l’azione dell’insulina, quella però rilasciata per bilanciare l’azione di glucagone e adrenalina, favorendo solo l’ingresso dello zucchero nella cellula.
Il razionale dell’impiego degli inositoli nella PCOS (così come della metformina), viene da report di studi clinici che attestano che una corretta o migliore trasduzione del segnale insulinico produce un vantaggio clinico nelle donne affette da PCOS, in quanto l’insulinoresistenza, con conseguente iperinsulinismo,alimenta l’iperandrogenismo, disordine endocrinologico che gioca un ruolo importante nella PCOS; questo avviene sia attraverso una stimolazione diretta da parte dell’insulina dell’ovaio alla produzione di androgeni, sia attraverso la riduzione della produzione epatica delle proteine di trasporto degli ormoni sessuali (SHBG), in quanto gli androgeni legati alle SHBG, non essendo liberi, non funzionano.
Da un punto di vista clinico la quasi totalità degli studi internazionali ha dimostrato come sia un deficit di produzione di D-chiro-inositolo a svolgere un ruolo importante nella patogenesi dell’insulinoresistenza tipica della PCOS (ma anche del diabete di tipo 2); in queste pazienti, sia durante un test da carico con glucosio che dopo iniezione di insulina, si rinvengono ridotti livelli plasmatici e intracellulari di D-chiro-inositolo, (soprattutto, ma non solo, nel muscolo e nel tessuto adiposo). Questo non è vero né per il suo precursore diretto, il myo-inositolo, né per i due precursori di quest’ultimo. L’alterazione del metabolismo degli inositoli, denominata dagli Autori anglosassoni inositol imbalance, si configura sempre e soltanto per un deficit terminale nella capacità di produzione del D-chiro-inositolo e mai per un deficit di alcuno dei suoi precursori. La diminuzione delle concentrazioni di D-chiro-inositolo nelle donne con PCOS è infatti riconducibile o ad una ridotta conversione a partire dal myo-inositolo (per deficit dell’epimerasi), e/o ad un aumentato catabolismo del D-chiro-inositolo prima della filtrazione renale.
Molte sono le ‘prove’ che rivelano l’esclusività del ruolo giocato dal D-chiro-inositolo nel contesto della PCOS. Ancora, i livelli di D-chiro-inositolo correlano in maniera inversamente proporzionale agli indici di resistenza insulinica e il miglioramento della resistenza all’insulina indotto dalla stessa metformina si accompagna ad un incremento della biodisponibilità del D-chiro-inositolo. Nelle donne sottoposte a dieta e ad attività fisica si rileva un incremento della sola risposta mediata dagli IPG-P (dovuto ad una migliore disponibilità endogena di D-chiro-inositolo) anche in assenza di somministrazione di D-chiro-inositolo. Inoltre, la clearance renale del D-chiro-inositolo, ma non del myo-inositolo, è aumentata nelle donne con PCOS a conferma che il deficit di inositoli che interessa questa sindrome è specifico per il D-chiro-inositolo e non per il suo precursore.
Altri lavori scientifici condotti anche in Italia negli ultimi tre anni hanno confermato e ampliato i risultati dei precedenti studi. In particolare il D-chiro-inositolo, in confronto al myo-inositolo, ha determinato una maggiore riduzione dei livelli di androgeni con un effetto benefico sulla dinamica secretoria dell’LH, dell’FSH e dell’insulina, maggiormente evidente nelle pazienti con familiarità per diabete mellito di tipo 2 (cioè con maggiore insulino-resistenza).
Importante è il rapporto di conversione tra myo-inositolo e D-chiro-inositolo che, nelle donne con PCOS, è ridotto a causa del deficit di epimerasi e si aggira attorno a 3,3:1 o meno e dell’aumentato catabolismo/escrezione del D-chiro-inositolo stesso. Per avere cioè gli effetti clinicamente generati da 600 mg di D-chiro-inositolo, è necessario somministrare non meno di 2000 mg di myo-inositolo per donne con diagnosi di PCOS e BMI≤ 25. Per un BMI >25 l’evidenza clinica suggerisce la somministrazione di 1200 mg/die di D-chiro-inositolo, quindi non meno di 4000 mg/die di myo-inositolo.
Alcuni Autori hanno anche dimostrato che, sempre a causa del pesante deficit epimerasico nella commutazione a D-chiro-inositolo, sarebbe preferibile un dosaggio non inferiore a 3000 mg/die, anche in donne con BMI nella norma. Ovviamente queste valutazioni sul rateo di conversione tra una sostanza e l’altra trovano un senso scientifico solo a fronte dell’impossibilità d’impiego dell’effettore vero e proprio.
Fonte: Approcci nutraceutici nella sindrome dell’ovaio policistico: Focus sugli inositoli’ L’integratore nutrizionale 2014- 17(3)