Prevenzione di osteopenia ed osteoporosi: miglioramento della salute delle ossa attraverso l’integrazione alimentare
L’osteopenia è una condizione cronica caratterizzata da una riduzione della densità e della massa ossea che, se non riconosciuta ed adeguatamente trattata, può progredire fino all’osteoporosi e determinare un aumentato rischio di fratture ossee. La maggior parte dei casi di osteopenia si verifica nei soggetti anziani ed in particolare nelle donne in post-menopausa in cui la perdita di massa ossea è legata alla riduzione dei livelli di estrogeni. Tuttavia esistono diversi fattori in grado di determinare o peggiorare un quadro di osteopenia.
Epidemiologia dell’osteopenia e dell’osteoporosi
L’osteopenia e l’osteoporosi, rappresentano un grosso problema sanitario, che affligge approssimativamente metà delle donne e un quarto degli uomini sopra i cinquant’anni, per un costo stimato di oltre 10 miliardi nei soli Stati Uniti.
Dal momento che l’età media della popolazione è in aumento, la diagnosi, il trattamento ed il monitoraggio di tali condizioni patologiche diventerà un tema sempre più importante da valutare.
Si stima che in Italia ci siano oggi circa 3,5 milioni di donne e 1 milione di uomini affetti da osteoporosi e una recente ricerca condotta dalla Fondazione per l’Osteoporosi Piemonte Onlus in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera Universitaria “Città della Salute e della Scienza” di Torino ha evidenziato una prevalenza dell’80% nelle donne studiate. In particolare delle 995 donne esaminate il 33% presentava un quadro di osteoporosi mentre il 47% di osteopenia.
Osteopenia e fratture: un’emergenza sanitaria
Nella popolazione italiana con oltre 50 anni d’età il numero di fratture di femore in un anno supera le 90.000. Alterazioni morfologiche vertebrali sono state riscontrate in oltre il 20% dei soggetti con oltre 65 anni d’età di entrambi i sessi.
Le fratture osteoporotiche hanno importanti implicazioni sociali ed economiche oltre che sanitarie. I pazienti con frattura del femore prossimale presentano entro un anno dalla frattura, un tasso di mortalità del 15-30%.
Tra gli anziani le fratture osteoporotiche sono una delle maggiori cause di mortalità, la cui incidenza è sostanzialmente sovrapponibile a quella per ictus e carcinoma mammario e superiore di 4 volte a quella per carcinoma endometriale.
Il 50% delle donne con frattura di femore presenta, inoltre, una consistente riduzione del livello di autosufficienza che, in circa il 20% dei casi, comporta l’istituzionalizzazione a lungo termine.
Fattori di rischio per osteoporosi e/o fratture osteoporotiche
- età
- sesso
- basso indice di massa corporea
- fratture pregresse
- familiarità
- fumo
- alcool (3 o più unità al giorno)
- carenza di vitamina D
- menopausa prima dei 45 anni
- ridotta attiva fisica
- immobilizzazione protratta
- ridotto introito di calcio
- eccessivo introito di sodio
- trapianti
- malattie associate ad osteoporosi (endocrine, genetiche, neurologiche ecc.)
- farmaci (glucocorticoidi, inibitori delle aromatasi, anticoagulanti ecc.)
L’indagine densitometrica consente oggi di misurare in modo abbastanza accurato e preciso la massa ossea ed in particolare la sua densità minerale (bone mineral density o BMD). Per l’OMS la densitometria ossea rappresenta il test diagnostico di elezione per la valutazione del grado di osteopenia e del conseguente rischio di fratture. L’unità di misura è rappresentata dalla deviazione standard dal picco medio di massa ossea (T-score) rispetto alla popolazione sana di riferimento. Nell’interpretare i risultati della BMD vengono adottate le seguenti definizioni:
- la BMD normale è definita da un T-score compreso fra +2,5 e -1,0 DS;
- l’osteopenia (bassa BMD) è definita ad un T-score compreso tra -1,0 e -2,5 DS;
- l’osteoporosi è definita da un T-score inferiore a -2,5 DS;
- l’osteoporosi conclamata è definita da un T-score inferiore a -2,5 DS e dalla contemporanea presenza di una o più fratture da fragilità.
È importante sottolineare che la maggior parte delle fratture si verificano in donne i cui valori di BMD sono all’interno del range osteopenico (T-score compreso tra -1,0 e -2,5 DS) piuttosto che osteoporotico.
Trattamento e prevenzione
Nonostante la crescente prevalenza e i progressi della farmacoterapia, la maggior parte dei pazienti con osteopenia e osteoporosi non vengono trattati adeguatamente. Il trattamento farmacologico, considerati gli effetti collaterali associati ad un uso prolungato delle terapie attualmente disponibili a base di estrogeni o androgeni e bisfosfonati, deve essere considerato solo per i pazienti con osteoporosi e per i pazienti con osteopenia ad alto rischio di fratture.
La prevenzione dell’osteoporosi consiste in interventi non farmacologici e nell’eliminazione di fattori di rischio modificabili. I pazienti con osteopenia dovrebbero adottare uno stile di vita adeguato che comprenda l’esercizio fisico regolare, la moderazione nell’uso di alcool, la cessazione del fumo.
FOCUS SUL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELL’OSTEOPOROSI
(Fonte Ministero della Salute)
Un trattamento anti-osteoporosi va instaurato:
- in chi abbia presentato una frattura dell’anca o vertebrale
- in presenza di T-score ≤ 2,5 a livello del collo femorale o delle vertebre lombari
- nelle donne in post-menopausa e negli uomini con più di 50 anni che presentino osteopenia (T-score compreso tra -1,0 e -2,5)
I trattamenti per l’osteoporosi comprendono:
- farmaci antiriassorbitivi come i bifosfonati (alendronato, ibandronato, risedronato, acido zoledronico)
- SERM (modulatori selettivi dei recettori per gli estrogeni, quali il raloxifene), la terapia ormonale sostitutiva
- farmaci anabolici come il Teriparatide
- farmaci con doppio meccanismo d’azione (antiriassorbitivi e anabolici come il Ranelato di Stronzio)
- gli anticorpi monocolonali come l’inibitore del RANK-L (denosumab)
Il trattamento viene effettuato in genere per 3-5 anni consecutivi. Sarà in seguito il medico, sulla base delle caratteristiche individuali del paziente, a decidere se protrarlo ulteriormente
L’integrazione alimentare: ingredienti chiave
Una corretta alimentazione, inoltre, è uno dei metodi di prevenzione più importanti per l’osteopenia; oltre al calcio e alla vitamina D, un’adeguata assunzione di altri elementi minerali (fosforo, magnesio, potassio, rame, zinco) e vitamine (vitamina C, vitamina K) è stata associata ad un miglioramento della salute delle ossa.
Claim ammesso: “è necessario per il mantenimento di ossa normali”
• autorizzato per il calcio
Claim ammesso: “contribuisce al mantenimento di ossa normali”
• autorizzato per il fosforo, il magnesio, la vitamina D, la vitamina K e lo zinco
Claim ammesso: “contribuisce alla normale funzione muscolare”
• autorizzato per il potassio
Claim ammesso: “Contribuisce al mantenimento di tessuti connettivi normali”
• autorizzato per il rame
Claim ammessi: “contribuisce alla normale formazione del collagene per la normale
funzione delle cartilagini e contribuisce alla normale formazione del collagene per la normale funzione delle ossa”
• autorizzato per la vitamina C
Calcio
Il calcio è un minerale molto importante per il nostro organismo, soprattutto per la salute delle ossa, tanto che una sua carenza ne fa aumentare la fragilità.
Per tale motivo è necessario garantirne un adeguato apporto giornaliero. Le principali fonti di calcio sono rappresentate dal latte e i suoi derivati e, tra gli alimenti di origine vegetale, ne sono molto ricchi il tofu, gli spinaci, le cime di rapa e altri ortaggi a foglia verde, come il cavolo verde.
L’assunzione media giornaliera di calcio da parte della popolazione può risultare facilmente insufficiente, specie in età senile. Infatti, il fabbisogno
quotidiano di calcio varia a seconda dell’età e di determinate condizioni (Tabella 1).
È importante, ove possibile, correggere il ridotto introito di calcio con un approccio alimentare adeguato. Le eventuali dosi consigliabili di supplementi di calcio vanno commisurate al grado di carenza alimentare (in genere comunque non sono opportune dosi superiori ai 500-600 mg/die).
L’European Menopause and Andropause Society (EMAS) evidenzia l’importanza di un adeguato apporto di calcio per la prevenzione dell’osteoporosi nelle donne anziane. Dopo la menopausa, le donne dovrebbero assumere da 700 a 1.200 mg/die di calcio, preferibilmente attraverso l’alimentazione. Troppo poco calcio aumenta il rischio di fratture, mentre una quantità eccessiva può essere pericolosa.
Le evidenze scientifiche della supplementazione con solo calcio hanno dimostrato che questo è in grado di produrre modesti incrementi densitometrici in soggetti con apporto carente ed in menopausa da oltre 5 anni. Con la somministrazione di solo calcio è stata riportata, ma non da tutti, una lieve riduzione del rischio di fratture, in particolare negli anziani, ma la documentazione più convincente di efficacia contro il rischio di fratture ossee si ottiene quando il calcio è somministrato in associazione alla vitamina D.
Va ricordato poi anche il rischio di calcolosi renale che può aumentare con l’assunzione di supplementi di calcio, mentre si riduce con una dieta ricca di calcio. Consumare troppo calcio, ad esempio 2g al giorno, può aumentare il rischio di malattie renali. Inoltre, il profilo di sicurezza dei supplementi di calcio è stato messo in discussione per un possibile incremento del rischio cardio- vascolare.
Si raccomanda pertanto di tentare sempre di garantire con la dieta un apporto adeguato di calcio, ricorrendo ai supplementi solo quando ciò non risulti possibile e solo sino al raggiungimento del fabbisogno giornaliero.
Vitamina D
La vitamina D è direttamente coinvolta in numerosi processi che si svolgono a diversi livelli in tutto l’organismo, il suo ruolo è quindi di grande importanza tanto che bassi livelli ematici di questa sostanza sono correlati ad un aumento del rischio di mortalità.
L’organismo sintetizza vitamina D a partire dal colesterolo attraverso un processo mediato dall’azione dei raggi solari.
Lo scarso apporto di vitamina D è un problema di grande rilevanza medica e di salute pubblica: condizioni di carenza sono riscontrabili in tutti i Paesi, tra tutti i gruppi etnici e in ogni fascia di età.
La vitamina D svolge molte azioni benefiche nel nostro organismo: assicura il corretto assorbimento e mantenimento di calcio e fosforo utili per la salute delle ossa, riduce la crescita delle cellule tumorali, migliora la forza muscolare e partecipa nel controllo della risposta immunitaria. Pertanto la vitamina D è fondamentale nella prevenzione di processi patologici come osteoporosi, malattie cardiovascolari, alcune forme tumorali, sclerosi multipla, diabete di tipo 1 ed anche malattie infettive.
La vitamina D migliora le azioni benefiche nel nostro organismo relative al tessuto osseo, questo processo è di vitale importanza per una corretta crescita e ricambio osseo, rappresenta inoltre un fattore chiave nella terza età quando la produzione naturale di vitamina D si riduce e le abitudini di vita e alimentari oltre alla presenza di patologie concomitanti spesso determinano una condizione di ipovitaminosi D. In quest’ottica la supplementazione con vitamina D rappresenta uno strumento di prevenzione per una fascia della popolazione particolarmente sensibile.
Le due più importanti forme nelle quali la vitamina D si può trovare sono la vitamina D2 (ergocalciferolo) e la vitamina D3 (colecalciferolo), entrambe le forme hanno attività biologica molto simile. Il colecalciferolo (D3), derivante dal colesterolo, è sintetizzato negli organismi animali, mentre l’ergocalciferolo (D2) è di provenienza vegetale.
La vitamina D è stata oggetto di una ricerca clinica da parte del Glucocorticoid Induced Osteoporosis Skeletal Endocrinology Group (GIOSEG) che ha redatto il documento “La vitamina D: un ormone essenziale per la salute scheletrica”, valutato e approvato da tutti gli oltre 200 membri.
Il documento è basato sulle più recenti evidenze scientifiche ed è disponibile per la consultazione sul sito internet del GIOSEG.
Curcuma nel trattamento dell’osteopania
Dalla radice di curcuma (Curcuma Longa L.), una spezia molto diffusa nella cucina indiana, si estraggono alcuni composti polifenolici (curcumina, demetossi-curcumina, bis-demetossi- curcumina) tra cui la curcumina è quella più abbondante (circa il 77% del contenuto in polifenoli) e con maggiore attività biologica. Numerosi studi in vitro e su animali ne hanno evidenziato l’attività antiossidante, antitumorigena, antinfiammatoria ed antinfettiva, rendendola di fatto oggetto di numerose sperimentazioni anche sull’uomo.
Alcuni studi si sono focalizzati nell’evidenziare un possibile ruolo della curcumina nel mantenimento del benessere osseo con risultati promettenti seppur ancora non conclusivi.
Studio in vitro
La curcumina agisce su diversi meccanismi legati all’omeostasi ossea, tra cui l’attivazione e la differenziazione degli osteoclasti.
In diversi studi in vitro la curcumina, con un meccanismo dose- dipendente, ha stimolato l’apoptosi degli osteoclasti inibendo il fattore di trascrizione NF-kB (complesso proteico funzionante come fattore di trascrizione, presente in una grande varietà di cellule) che ha un ruolo chiave nel determinare la sopravvivenza di questa linea cellulare.
Inoltre, la curcumina agisce sul recettore RANK (recettore di membrana a cui si lega RANK, proteina coinvolta nella regolazione dell’attivazione degli osteoclasti) che ha un ruolo determinante nell’osteoclastogenesi.
Studi in vivo
Gli studi condotti su animali hanno dato risultati contrastanti riguardo l’efficacia della curcumina nel mantenimento dell’omeostasi calcica e prevenzione dell’osteopenia.
In uno studio su topi con osteopenia secondaria e diabete insulino-dipendente, la somministrazione di curcumina (120 mg al giorno per 14 giorni) ha dimostrato di ridurre il numero degli osteoclasti a livello femorale ed i livelli di deossipiridinolina urinaria, marker dell’aumentato metabolismo osseo, indicando un minore rimaneggiamento del tessuto osseo. Inoltre si è anche dimostrata una riduzione dei livelli di attività di alcuni marcatori del riassorbimento osseo come catepsina K (una cistein- proteasi secreta selettivamente dagli osteoclasti durante il riassorbimento osseo) e TRAP (fosfatasi acida tartrato-resistente).
Contrastanti sono invece i risultati su topi ovariectomizzati (per simulare il calo di estrogeni della fase post-menopausale) in cui la somministrazione di curcumina (10 mg/kg al giorno per 4 settimane) ha leggermente migliorato la formazione dell’osso spongioso rispetto al gruppo di topi ovariectomizzati non trattati, ma non ha incrementato la mineralizzazione ossea ne migliorato le proprietà meccaniche del collo femorale rispetto al gruppo di controllo.
In uno studio più lungo invece, la somministrazione di 15 mg al giorno di curcumina per 6 mesi, ha dimostrato di aumentare lo spessore e la resistenza femorale nei topi ovariectomizzati trattati.
Oltre al calo estrogenico secondario alla menopausa, anche i glucocorticosteroidi possono causare uno squilibrio dell’omeostasi ossea, attraverso l’inibizione dell’osteoblastogenesi e l’apoptosi degli osteoblasti e degli osteociti. Uno studio su topi trattati con glucocorticosteroidi, ha messo in evidenza un’aumentata espressione di MMP-9 negli osteoclasti ed un conseguente incremento dell’osteoclastogenesi.
MMP-9 è un’endopeptidasi dipendente da zinco che partecipa a una varietà di processi biochimici fisiologici. In particolare, nell’osso, MMP-9 è prodotto dagli osteoclasti ed ha un ruolo importante nella degradazione della matrice extracellulare e quindi del riassorbimento osseo. La curcumina (200 mg/kg per 12 settimane) somministrata ai topi trattati con glucocorticosteroidi (desametasone) ha mostrato un effetto inibitorio su MMP-9 e di conseguenza sul riassorbimento osseo.
Studi sull’uomo
Nonostante i promettenti risultati dimostrati dalla curcumina il suo utilizzo clinico è ostacolato dalla sua bassa solubilità e stabilità fisico-chimica che la rende scarsamente biodisponibile dopo la somministrazione orale.
Una formulazione in grado di superare tale ostacolo (curcumina fitosoma) è stata utilizzata al dosaggio di 1 g al giorno per 6 mesi in 57 donne con osteopenia (T-score compreso tra -1,0 e -2,5 DS) e senza altre comorbilità. La densità ossea delle partecipanti allo studio, divise in due gruppi (29 supplementate con curcumina fitosoma; 28 senza supplementazione) è stata valutata a distanza di 3 e 6 mesi di trattamento.
Nel gruppo supplementato si è osservato un miglioramento della densità ossea analizzata mediante osteosonografia a livello del calcagno, delle dita della mano e della mascella.
Gli studi volti a stabilire un possibile ruolo della curcumina nel mantenimento dell’omeostasi del tessuto osseo sembrano indicare, seppur in maniera non conclusiva, un possibile effetto positivo sul turnover cellulare osseo agendo in modo da favorire la promozione dell’attività osteoblastica (sintesi di nuovo tessuto osseo) e riducendo quella osteoclastica (depauperamento osseo).
In particolare, sembrano essere molto promettenti gli studi sull’uomo in cui l’utilizzo della forma di curcuma fitosoma , superando l’ostacolo della scarsa biodisponibilità delle formulazioni orali di curcumina, ha dimostrato un effetto positivo nel miglioramento della densità ossea in soggetti con osteopenia.
Se confermati da ulteriori studi sull’uomo, gli effetti della curcumina nel mantenimento del benessere osseo e nella prevenzione del rischio di osteopenia potrebbero essere molto interessanti nelle strategie di prevenzione nutrizionale o nell’integrazione alle terapie farmacologiche dell’osteoporosi.
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