Il rischio cardiovascolare quantifica la probabilita di subire una malattia a carico del cuore o dei vasi sanguigni in base alla presenza o meno di determinati fattori predisponenti (1). Due sono gli strumenti elaborati per la valutazione del rischio globale assoluto: le carte del rischio cardiovascolare (2) (che sono classi di rischio globale assoluto calcolate per categorie di fattori di rischio) e il punteggio individuale (3) (che offre, invece, una valutazione piu precisa, perche considera valori continui per alcuni fattori di rischio, cioe l’eta, la colesterolemia totale, l’HDL e la pressione arteriosa sistolica).
Epidemiologia delle principali malattie cardiovascolari in Italia
Le malattie cardiovascolari rappresentano ancora la principale causa di morte nel nostro Paese: sono, infatti, responsabili del 44% di tutti i decessi e risultano responsabili di circa 1/6 dei Dalys (Disability Adjusted Life Years), indicatore che misura il carico complessivo di malattia nella popolazione. Chi sopravvive a un attacco cardiaco diventa un malato cronico. La malattia modifica la qualita della vita e comporta notevoli costi economici per la societa. In Italia la percentuale di cittadini affetti da invalidita cardiovascolare e pari al 4,4 per mille (dati Istat). Di recente, l’Osservatorio dell’Istituto Superiore di Sanita ha condotto uno studio di sorveglianza della durata di 10 anni volto a valutare le tendenze temporali delle malattie cardiovascolari, degli stili di vita, dei fattori di rischio e delle condizioni di rischio elevato in diversi livelli socioeconomici. Ne è emerso che il peso delle malattie cardiovascolari e dei fattori di rischio correlati rimangono elevati e richiedono un’azione continua a livello comunitario e individuale, come suggerito dalle linee guida europee per la prevenzione cardiovascolare (4).
Fattori di rischio
I fattori di rischio sono quelle caratteristiche derivanti da abitudini e stili di vita non corretti, fattori ambientali e biologici che, se presenti in un soggetto esente da manifestazioni cliniche della malattia, predicono la probabilita di ammalare in un certo periodo di tempo. Alimentazione non salutare, ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia, iperglicemia, sindrome metabolica, diabete, fumo, sedentarieta, sovrappeso e obesita, sono i principali fattori che aumentano il rischio di andare incontro a malattie cardiovascolari. I fattori di rischio cardiovascolare si dividono in modificabili attraverso assunzione di farmaci o mediante cambiamenti dello stile di vita (quali fumo, alimentazione, attivita fisica, controllo del peso) e non modificabili (quali eta, sesso, familiarita). Il rischio cardiovascolare globale assoluto, che e la probabilita di essere colpiti da un evento fatale o non fatale coronarico o cerebrovascolare nei successivi 10 anni, e costruito quindi sulla base di otto fattori di rischio (eta, sesso, abitudine al fumo, diabete, colesterolemia totale e HDL, pressione sistolica, terapia antipertensiva) ed e calcolabile negli individui di eta compresa tra 35 e 69 anni esenti da precedente evento cardiovascolare (1).
La prevenzione primaria
La prevenzione primaria, il cui campo d’azione è il soggetto sano, si propone di mantenere le condizioni di benessere e ridurre la probabilità che si verifichi un evento avverso, evitando la comparsa di malattia attraverso un insieme di attività, azioni ed interventi.
Il rischio che ogni persona ha di sviluppare la malattia cardiovascolare dipende dall’entità dei fattori di rischio; il rischio è continuo e aumenta con l’avanzare dell’età, pertanto non esiste un livello a cui il rischio è nullo. Tuttavia, è possibile ridurre il rischio cardiovascolare o mantenerlo a livello favorevole intervenendo sui fattori modificabili attraverso un sano stile di vita. I fattori di rischio sono stati identificati ed è stata dimostrata la reversibilità del rischio, pertanto la malattia cardiovascolare è oggi prevenibile (5).
A tal fine, è necessario un approccio integrato mirato sia alla comunità (attraverso strategie intersettoriali di educazione e promozione della salute), che alle persone ad elevato rischio (attraverso interventi riabilitativi individuali e mirati, supportati da un’adeguata informazione sull’adesione alla terapia farmacologica).
L’integrazione alimentare: ingredienti chiave
Si è detto che la riduzione dell’impatto socio-economico delle malattie cardiovascolari passa soprattutto attraverso la prevenzione. Dai dati raccolti dall’Osservatorio dell’Istituto Superiore di Sanità emerge che solo una parte della popolazione adulta che vive nel nostro Paese aderisce alle linee guida nutrizionali; ancora meno sono poi gli italiani che praticano attività fisica regolarmente. In questo contesto acquisiscono particolare interesse i risultati della ricerca degli ultimi decenni che hanno messo in luce le potenzialità di integratori alimentari di origine vegetale che si sono dimostrati particolarmente efficaci nelle malattie cardiovascolari (6).
A tal proposito, nel 2003 FAO e OMS hanno pubblicato un documento congiunto (7) in cui viene posto particolare accento sul miglioramento dell’alimentazione della popolazione per la prevenzione di malattie come l’obesità, il diabete, le patologie cardiovascolari e altre ancora. Numerosi sono, infatti, gli studi scientifici pubblicati negli ultimi decenni che hanno dimostrato che la dieta e i suoi componenti possono influenzare lo stato di salute intervenendo su alcuni aspetti fisiologici o fisiopatologici, promuovendo e mantenendo una condizione di benessere, modulando il sistema immunitario e prevenendo o trattando malattie specifiche.
Tra gli ingredienti attivi che sono dotati di un claim specifico ammesso per l’area del benessere cardio-metabolico vi sono il Riso Rosso Fermentato, la Berberina, i Fitosteroli, gli Acidi Grassi Polinsaturi, i Beta-Glucani e il Carciofo. Un effetto positivo nell’area del benessere cardio-metabolico è associato, in base alla letteratura scientifica, anche con riferimento ai Probiotici e all’estratto di Bergamotto.
Riso Rosso Fermentato
La monacolina K, una molecola con una struttura chimica identica alla lovastatina, è il componente più efficace degli estratti di riso rosso fermentato da Monascus Purpureus (un fungo) che contengono anche steroli, isoflavoni, acidi grassi monoinsaturi. La monacolina K, attraverso l’inibizione dell’enzima HMGCoA reduttasi, riduce la sintesi del colesterolo, come confermato da diversi studi (8,9).
La monacolina K è caratterizzata da una maggiore biodisponibilità rispetto alla forma farmaceutica tipica (lovastatina). A parità di dosaggio, la monacolina K esercita un effetto ipocolesterolemizzante maggiore della statina, ottenendo quindi un effetto di riduzione del colesterolo significativo a dosaggi inferiori rispetto al farmaco. Si ha, inoltre, un minor rischio di effetti collaterali, a fronte di una maggiore compliance al trattamento (10).
Il rapporto di tipo causa-effetto tra il consumo di monacolina K da riso rosso fermentato e il mantenimento dei livelli normali di colesterolo LDL è stato riconosciuto dall’EFSA, per un dosaggio giornaliero di 10 mg di monacolina (11). Di recente, EFSA ha ricevuto dalla Commissione europea il mandato per valutare la sicurezza della monacolina nel riso rosso fermentato ed è attesa la sua opinione in proposito.
Berberina
Contenuta nelle radici, nel rizoma e nella corteccia delle piante della specie Berberis ristata o Berberis vulgare, la berberina è un alcaloide il cui effetto di controllo della colesterolemia è stato studiato e caratterizzato (12).
Secondo quanto riportato nella Circolare del Ministero della Salute del 19/05/2010, l’apporto della sostanza con le quantità di assunzione giornaliera consigliate in etichetta ammonta a 500 mg. Gli effetti fisiologici ammissibili sono relativi al controllo del colesterolo e dei trigliceridi plasmatici.
Ciò premesso, la sostanza è stata rivalutata in relazione ai livelli di sicurezza, alla luce delle evidenze attualmente disponibili, compreso un recente lavoro (13). Si è concluso che gli attuali livelli di impiego della berberina negli integratori sono sicuri per finalità fisiologiche. Resta fermo che le imprese devono farsi carico di valutare adeguatamente il livello di sicurezza di integratori alimentari contenenti berberina in associazione con altre sostanze sinergiche per lo stesso effetto fisiologico prima della loro notifica e immissione in commercio.
Fitosteroli
I fitosteroli, o steroli vegetali, sono composti naturalmente presenti negli alimenti di origine vegetale. Con una struttura molecolare molto simile a quella del colesterolo, ne riducono l’assorbimento a livello intestinale, principalmente sostituendosi al colesterolo stesso come componenti delle micelle miste (14).
L’effetto ipocolesterolemizzante è dose-dipendente, ed è significativo a partire da 1,5 g/die, mentre dosaggi superiori ai 3 g/die non sembrano comportare benefici aggiuntivi. L’EFSA ha approvato per gli steroli di origine vegetale claim sia di tipo funzionale (si parla di “mantenimento dei livelli normali di colesterolo nel sangue” e l’effetto benefico si ottiene con l’assunzione giornaliera di almeno 0,8 g) che di riduzione dei fattori di rischio (si parla di “riduzione della colesterolemia” e l’effetto benefico si ottiene con l’assunzione giornaliera di 1,5-3 g di steroli vegetali). La riduzione della colesterolemia è compresa tra il 7% e il 10% con un’assunzione di 1,5-2,4 g/die di steroli vegetali, e tra il 10% e il 12,5% per un apporto di 2,5-3 g/die (15). Si è visto, però, che i maggiori benefici sono associati ad un’assunzione protratta nel tempo e che la sospensione del trattamento dopo un limitato periodo di assunzione comporta il ritorno ai valori plasmatici basali di colesterolo.
Acidi Grassi Polinsaturi
Tra i composti per i quali EFSA ha approvato l’utilizzo di claim di salute associati al profilo lipidico ci sono anche i grassi insaturi, in relazione sia al mantenimento di livelli normali che alla riduzione della colesterolemia. L’effetto di contribuire al mantenimento dei normali livelli di colesterolo nel sangue è stato invece attribuito sia all’acido linoleico, il precursore a 18 atomi di carbonio della serie omega-6, che all’acido alfa-linolenico, precursore della serie omega-3.
Per contribuire invece al mantenimento dei livelli normali di trigliceridi nel sangue, sono necessari 2 g/die di EPA (acido eicosapentaenoico) e DHA (acido docosaesaenoico) o del solo DHA.
Sulla base delle evidenze disponibili EFSA ha autorizzato il claim relativo al mantenimento dei normali livelli di trigliceridi nel sangue per prodotti che apportano almeno 2 g/die di EPA e DHA in combinazione o del solo DHA, stabilendo che per integratori e alimenti fortificati i benefici si ottengono con un consumo giornaliero di 5 g (16).
Beta-Glucani
I beta-glucani (1-3, 1-4 beta-D-glucani) sono dei polisaccaridi presenti nella crusca delle cariossidi dei cereali, soprattutto in quella dell’orzo e dell’avena. Grazie alla solubilità e all’elevato peso molecolare, in presenza di acqua i beta-glucani formano una massa viscosa in grado di condizionare diverse funzioni dell’organismo (17).
Recenti studi controllati hanno dimostrato la capacità dei beta-glucani, a dosaggi dell’ordine di 3 g al giorno, di ridurre la colesterolemia LDL del 5-6% circa, grazie ad un meccanismo d’azione legato ad effetti sull’assorbimento o sull’escrezione fecale del colesterolo o degli altri grassi alimentari (18).
In Europa il parere positivo dell’EFSA è stato espresso in merito a claim sia funzionali e sia di riduzione di un fattore di rischio, che consentono di fare riferimento sia al “mantenimento di livelli normali di colesterolo nel sangue” e sia di “riduzione della colesterolemia” (e della conseguente riduzione del rischio coronarico). In entrambi i casi l’effetto benefico si ottiene con l’assunzione giornaliera di 3 g di beta-glucani da avena, crusca d’avena, orzo o crusca d’orzo o da miscele di tali beta-glucani (19).
Carciofo (Cynara cardunculus subsp. flavescens Wiklund)
La supplementazione con estratto di foglie di carciofo (ALE= Artichoke Leaf Extract) è stata associata ad una significativa riduzione nell’uomo sia del colesterolo totale che del colesterolo LDL e dei trigliceridi(20). Inoltre, l’estratto sembra essere utile anche nell’aumentare il colesterolo HDL-C, a condizione che i livelli basali di colesterolo totale o il colesterolo HDL basale non siano troppo alti. Sebbene il meccanismo d’azione che spieghi l’effetto di aumento dell’HDL non sia ben noto, quello più probabile è correlato al contenuto polifenolico del carciofo, in particolare all’acido clorogenico (21). Inoltre, il carciofo è ricco in flavonoidi, tra cui la luteolina, per i quali sono state dimostrate le proprietà antiossidanti in vitro nei confronti del colesterolo LDL (22). Si è visto anche che la luteolina da estratto di carciofo ha un effetto indiretto di modulazione dell’attività di HMGCoA-reduttasi (23).
Questi risultati indicano che l’ALE potrebbe rappresentare una potenziale opzione di trattamento nella gestione dell’ipercolesterolemia moderata, tuttavia sono necessari ulteriori studi che confermino i risultati clinici favorevoli. Attualmente la sostanza è al vaglio dell’EFSA ed i claims relativi all’azione sulla salute del cuore e sui lipidi nel sangue risultano pending (24).
Nella lista delle “Sostanze e preparati vegetali ammessi” del Ministero della Salute al carciofo è associato l’effetto fisiologico “metabolismo dei lipidi” (vedere la tabella 2 allegata).
Probiotici
Nelle linee guida sui probiotici dell’Organizzazione Mondiale della Gastroenterologia (25) sono riportati molteplici benefici dei probiotici che, in relazione alla complessità intestinale, interessano non soltanto patologie dell’apparato digerente ma anche malattie a livello sistemico. Recenti evidenze, in particolare, hanno suggerito che una perdita di equilibrio di questo sistema può associarsi alla presenza di patologie cardiovascolari e metaboliche sistemiche (26, 27). Inoltre, diversi studi hanno indagato la possibilità di modulare, per mezzo di probiotici, la microflora intestinale quale target per la prevenzione delle malattie cardiovascolari e della sindrome metabolica (28).
Studi clinici sull’uomo hanno dimostrato, ad esempio, l’efficacia di diversi batteri lattici, tra cui il Bifidobacterium Longum BB536 (29), nella riduzione dei livelli di colesterolemia, attraverso l’idrolisi dei sali biliari legati ad esso (30) che ne comporta un ridotto assorbimento nel lume intestinale.
Bergamotto
Diversi studi hanno sottolineato la correlazione tra una dieta ricca in flavonoidi e la riduzione del rischio cardiovascolare. In particolare, l’estratto concentrato di polifenoli di Citrus Bergamia Risso (BPF = Bergamot Polyphenolic Fraction), frutto comunemente noto come Bergamotto, ha attratto considerevole attenzione grazie alla sua peculiare composizione in flavonoidi, quali i glicosidi flavonoici neoeritrocina, neoesperidina e narginina. Diversi studi hanno riportato le proprietà benefiche dei frutti di Bergamotto (31, 32) evidenziando la validità dell’approccio nutraceutico. In particolare, si è visto che la supplementazione con polifenoli derivanti dal suo succo è in grado di ridurre i lipidi plasmatici e di migliorare il profilo lipoproteico in pazienti con iperlipidemia moderata (33), inibendo l’attività della HMG-CoA reduttasi. Gli effetti ipolipidemici possono essere dovuti alla presenza, oltre che dei flavonoidi, anche di pectine e acido ascorbico, che hanno un alto potenziale antiossidante e possono interferire con il metabolismo del colesterolo (34). Si è osservata, inoltre, la riduzione della glicemia a digiuno (27).
I polifenoli contenuti nei derivati del Bergamotto sembrano, quindi, modulare positivamente i diversi meccanismi coinvolti nella regolazione del metabolismo dei grassi, del colesterolo e dei carboidrati (35), suggerendo il loro ruolo protettivo nella riduzione del rischio cardiovascolare in pazienti con sindrome metabolica (36).
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