Vitamina D e covid-19 | Rafforzamento del sistema immunitario
Uno studio ha evidenziato come l’integrazione di vitamina D abbia effetti benefici sulle conseguenze dovute all’infezione da covid-19 con un rafforzamento del sistema immunitario.
Uno studio ha evidenziato come l’integrazione di vitamina D abbia effetti benefici sulle conseguenze dovute all’infezione da covid-19 con un rafforzamento del sistema immunitario.
La Vitamina D potrebbe avere un ruolo rilevante nell’aumentare la suscettibilità all’infezione da nuovo coronavirus (Covid-19). Infatti, è stato riscontrato come pazienti con bassi valori di Vitamina D siano maggiormente avversi ad effetti piuttosto gravi in caso di infezione.Si è evidenziato come i livelli di Vitamina D (25-OH-vitamina D, 25OHD) siano correlati, con modalità differenti, all’infezione da covid-19 e le evidenze disponibili suggeriscono che il suo deficit potrebbe essere associato a un aumentato rischio di infezione da Covid-19 attraverso vari meccanismi d’azione. Sulla base di questi presupposti, potrebbe essere raccomandato di integrare i livelli di Vitamina D per migliorare la risposta all’infezione da SARS-CoV2
Ad oggi però, in letteratura i dati disponibili sono pochi, sia in merito al trattamento finalizzato alla prevenzione, che relativamente a protocolli di supplementazione in pazienti sintomatici ospedalizzati. Livelli ottimali di vitamina D sembrano associati a manifestazioni meno gravi dell’infezione da covid-19 così come avviene per altre malattie dell’apparato respiratorio.
In uno studio condotto su 235 pazienti di età media di 58.7 anni è stata rilevata un’associazione significativa tra livelli ottimali di vitamina D ed riduzione di manifestazione cliniche gravi, ridotti livelli di proteina C reattiva (PCR) e aumento della risposta linfocitaria. «In questo studio, infatti, tra i pazienti > 40 anni solo il 9.7% di quelli con valori di Vitamina D ≥ 30 ng/mL moriva per l’infezione rispetto al 20% dei pazienti che invece avevano livelli di Vitamina D < 30 ng/mL. La riduzione significativa dei livelli di proteina C-reattiva (PCR), insieme all’aumentata risposta linfocitaria, suggerisce che la vitamina D potrebbe modulare la risposta citochinica all’infezione virale».
A tal proposito, in uno studio italiano condotto su 103 pazienti ospedalizzati per Covid-19, i livelli di vitamina D erano positivamente correlati con livelli più elevati di interleuchina-6 e minore aggressività e mortalità legate alla malattia». La vitamina D, inoltre, svolgerebbe un’azione più efficace in prevenzione contro il COVID-19 (in termini di negativizzazione ed evoluzione benigna della malattia in caso di infezione), soprattutto nei soggetti anziani, fragili e istituzionalizzati. Nello studio di Castillo su 76 pazienti ospedalizzati, l’aggiunta di calcifediolo per via orale (0.532 mg al momento del ricovero, poi 0.266 mg al giorno 3 e al giorno 7) riduceva notevolmente la progressione della malattia e l’accesso alla terapia intensiva (2% dei trattati vs il 50% dei non trattati).
Al contrario, uno studio brasiliano su 240 pazienti ha utilizzato un protocollo di trattamento con un’alta dose singola di colecalciferolo per via orale (200 000 IU), senza che questa incidesse significativamente sulla mortalità o sull’accesso alle terapie intensive.
Uno studio indiano su 40 pazienti ha invece valutato in pazienti asintomatici o pauci-sintomatici il trattamento con alte dosi di colecalciferolo (60000 UI/die per 7 giorni, con obiettivo di aumentare i livelli di Vitamina D a valori > 50 ng/mL), osservando negativizzazione al tampone (62.5% nei trattati vs 20.8% nei non trattati) e riduzione dei livelli di fibrinogeno.
Altri studi ancora in corso stanno valutando la distinzione tra supplementazione di colecalciferolo ad alte dosi (2 flaconi da 200000 UI da ingerire contemporaneamente il giorno del ricovero) rispetto a quella standard (50000 UI il giorno del ricovero) in pazienti con almeno un fattore prognostico negativo (età ≥ 75 anni, SpO2 ≤ 94%, PaO2/FiO2 ≤ 300 mm Hg).
Le conclusioni che si possono trarre sono essenzialmente tre: nei pazienti con infezione da Covid 19 è importante valutare i livelli di vitamina D, al fine di ottimizzarne i valori per provare a prevenire le manifestazioni più gravi della malattia; non esiste un protocollo univoco di trattamento dell’ipovitaminosi D in pazienti con infezione da Covid-19; non è ancora chiara l’utilità in questi pazienti di un trattamento con vitamina D ad alte dosi rispetto a un trattamento con dosi standard.
Il tema della correlazione Vitamina D-Covid-19 è un tema estremamente complesso ed ha bisogno di studi attendibili da parte della comunità scientifica per risultare validi ed efficaci e l’uso della Vitamina D dovrà essere confermata da studi clinici ben definiti.
Le attività di ricerca avviate possono però rappresentare un punto di partenza interessante per indagare l’efficacia di questa sostanza ed essere di auspicio per la formulazione di prodotti efficaci e sicuri per proteggere e rafforzare il sistema immunitario.
Bibliografia:
D’Avolio A, et al. Nutrients 2020; Maghbooli Z, et al. PLoS One 2020; Aresta, et al. BMC Infect Dis. 2021; Castillo ME, et al. J Ster Biochem Molec Biol 2020; Rastogi A, et al. Postgrad Med J; Murai IH, et al. JAMA 2021.