Ma tra gli effetti collaterali dell’uso dei lassativi antrachinonici ve n’è uno un po’ più insidioso da riconoscere: gli squilibri elettrolitici, che possono essere di lieve entità e non costituire una minaccia per il paziente, ma possono anche risultare in vere e proprie emergenze internistiche, che possono mettere a rischio la vita delle persone. L’azione dei lassativi antrachinonici pone un rischio in senso elettrolitico anzitutto in termini di perdita di acqua intestinale, quindi con possibili squilibri della sodiemia, perdita di bicarbonati e di cloro. Oppure, in maniera indiretta tramite l’aumento dell’aldosterone (iperaldosteronismo secondario da perdita di sodio), possono generarsi squilibri della potassiemia, con ipokaliemia. Per questi motivi viene indicata molta attenzione nell’utilizzare questi lassativi in pazienti che fanno uso concomitante di diuretici, in particolar modo diuretici dell’ansa e diuretici tiazidici, per le loro azioni sulla escrezione di sodio e potassio, a maggior ragione se si parla di trattamenti cronici. Poco si sa invece di possibili interazioni con il metabolismo del calcio. Quello che sappiamo è che una quota dei glicosidi metabolizzati viene assorbita ed escreta dal rene, e qui in parte si accumula nel parenchima renale, verosimilmente potendo causare danno. Esistono in letteratura alcuni case report che segnalano una correlazione tra l’abuso di lassativi antrachinonici e nefrocalcinosi, suggerendo dunque una possibile interferenza con il metabolismo del calcio, in particolare in termini di ridotta escrezione del calcio. Dunque è opportuno fare attenzione all’uso dei lassativi antrachinonici anche per quanto riguarda i livelli ematici di calcio? Domanda lecita se ci troviamo di fronte a pazienti particolarmente delicati dal punto di vista della capacità di regolare il proprio metabolismo del calcio. Un esempio può essere quello dei pazienti con ipoparatiroidismo. In questo tipo di pazienti che già necessitano di molta attenzione ed equilibrio nel dosare adeguatamente l’apporto dietetico di calcio (e spesso anche di calcitriolo e diuretici), per evitare gravi ipocalcemie o ipercalcemie iatrogene, probabilmente una cautela in più è opportuna. Un recente case report (Morini, 2017) riporta l’attenzione proprio su questo interrogativo, e su un’altra criticità tipica invece dell’utilizzo in generale dei fitoterapici: la non dichiarazione dell’uso di fitoterapici. Purtroppo tra la popolazione (e a volte anche tra medici) è ancora consolidato il pensiero che l’utilizzo di erbe e rimedi fitoterapici non sia da considerare come un vero intervento farmacologico, come invece di fatto è, ma come un intervento solamente benefico senza potere di interazioni avverse. Questa attitudine a non dichiarare l’uso di erbe o rimedi fitoterapici può portare ad equivoci, in particolar modo quando ci si trova di fronte a complicanze acute, che richiedono ospedalizzazione. In questi casi infatti è estremamente prezioso avere chiara l’anamnesi farmacologica, a maggior ragione se ci si trova di fronte a pazienti delicati come nell’esempio sopra descritto. Per questo motivo è importante ricordarsi di chiedere ai pazienti se fanno uso anche di prodotti naturali.
Al di là di questo aspetto culturale che certamente richiede sensibilizzazione, dal punto di vista strettamente scientifico un possibile campo di indagine, meritevole di approfondimento, è proprio la valutazione del ruolo dei lassativi antrachinonici nei confronti del metabolismo del calcio. Essendo prodotti così ubiquitari, popolari e abusati, è probabilmente una buona idea quella di conoscerne nel dettaglio il profilo tossicologico, in modo da poter evitare del tutto interazioni (che possono passare pure inosservate) che potrebbero anche mettere a rischio la vita delle persone.
Bibliografia
Morini L., Donelli D., Santi R., et al. Severe milk-alkali syndrome in a patient with hypoparathyroidsm associated with 1,25 (OH)D, hydrochlorothiazide and anthraxanoid laxative consumption. EJCRIM 2017;4: doi:10.12890/2017_000729
Firenzuoli, F. (2009).Fitoterapia. Guida all’uso clinico delle piante medicinali. Masson-Elsevier srl.
Bowen, I. H., Corrigan, D., Cubbin, I. J., et al (2012).Adverse effects of herbal drugs 2(Vol. 2). Springer Science & Business Media.