INTEGRATORI AD AZIONE ANTIOSSIDANTE: UNA PROPOSTA APPLICATIVA
Confrontando le indicazioni fornite dall’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN) che consiglia di assumere giornalmente almeno “più di due porzioni di verdura” e “due porzioni di frutta”(1) e quelle fornite dal dipartimento nutrizione dello United States Departement of Agricolture (USDA) che consiglia “almeno 2,5 tazze di verdura” e “2 tazze di frutta”(2), emerge chiaramente come il consumo di vegetali sia considerato una necessità inderogabile mettendo d’accordo equipe di esperti notevolmente diverse per filosofia, formazione e contesto culturale. Considerando che una “porzione” corrisponde, a seconda del prodotto considerato, mediamente a circa 80-150 g, è possibile stimare il quantitativo minimo di vegetali consigliati in un intervallo compreso tra 320 e 600 g/die.
I dati riportati dall’European Food Safety Authority (EFSA) evidenziano come a livello europeo esista una notevole varietà tra i 577 g/die consumati in media dalla popolazione polacca e i 196 g/die consumati dalla popolazione islandese. Che dire della popolazione italiana? Si classifica al secondo posto, dopo la popolazione polacca, con 452 g/die di vegetali(3).
Questi dati in prima battuta potrebbero sembrare confortanti ma occorre fare un paio di precisazioni:
1) Gli intervalli calcolati (320-600 g) sono stati ottenuti considerando il criterio di “almeno 2 porzioni di verdura”, il fatto che venga posta la condizione di “almeno” è indicativo di come mantenere livelli minimi di assunzione non sia da considerare come una condizione ideale.
2) I 452 g/die rappresentano comunque un livello di centralità nell’intervallo calcolato, che, come appena detto, è ottenuto considerando il minimo di porzioni di verdura consigliate, mentre la condizione ideale sarebbe rappresentata dal mantenere livelli superiori al minimo consigliato.
3) Questi valori si riferiscono comunque a una media: il fatto che siano sbilanciati verso i limiti inferiori è indicativo del fatto che una parte della popolazione considerata, molto probabilmente, ha un’inadeguata assunzione di prodotti vegetali che viene compensata dalla popolazione che ne consuma quantitativi più alti.
Quali sono i principali effetti salutistici legati al consumo di prodotti vegetali? È possibile schematizzare il valore salutistico nutrizionale dei prodotti di origine vegetale nel modo seguente:
Presenza di sostanze essenziali come vitamine e minerali
Presenza di fibre solubili ed insolubili
Presenza di molecole ad azione antiossidante
Presenza di molecole ad azione farmacologica/salutistica (procinetica, colleretico-collagoga, ipoglicemizzante, ecc…)
Già da questo schema sintetico e assolutamente non esaustivo è possibile comprendere come l’assunzione di tali alimenti sia qualcosa di essenziale per il mantenimento di un corretto stato di salute e di efficienza fisica. Purtroppo lo stile di vita moderno per molti sta progressivamente diventando sempre più incompatibile con i livelli di assunzione raccomandati e , anche nel caso in cui si riescano a raggiungere tali livelli, spesso è la qualità dei prodotti vegetali disponibili a rappresentare il fattore critico. Infatti, coltivazioni effettuate al di fuori dei ritmi e delle necessità biologiche delle piante, conservazioni e maturazioni realizzate con processi artificiali o semi-artificiali volte a rendere compatibile la produzione dell’alimento alle logiche di mercato in molti casi sono correlate a un notevole impoverimento nutrizionale dei prodotti in questione.
Considerati questi aspetti è possibile comprendere quale sia il potenziale ruolo dell’integrazione propriamente detta: quello di colmare eventuali deficit nutrizionali. È fondamentale che questo aspetto venga specificato in quanto è possibile parlare di integrazione alimentare solo nel momento in cui sussistono gli estremi di uno stato carenziale, come, per esempio, scarsa disponibilità di vegetali dall’alto valore nutrizionale o, peggio ancora, impossibilità (dovuta a diverse motivazioni) di includere nella quotidiana alimentazione adeguati quantitativi di vegetali.
Alla luce di quanto appena detto, attraverso l’anamnesi del nutrizionista o mediante una sorta di “diario alimentare” auto-compilato, è possibile valutare se esistono gli estremi per pensare a un programma di integrazione dovuto a insufficiente assunzione di vegetali, in quanto non è assolutamente pensabile proporre a priori l’integrazione indiscriminata di determinate molecole o, peggio ancora, sostituire a prescindere una corretta alimentazione con un protocollo di integrazione.
A questo punto, una volta accertata l’effettiva necessità, è possibile valutare quali molecole utilizzare per l’integrazione. Per quanto riguarda le molecole ad azione vitaminica, i minerali e le fibre non c’è tantissimo da dire in quanto, una volta pianificato un intervento nel rispetto dei quantitativi consigliati rispettivamente dalle DRI(4-5)RDA(4-5) o dai LARN(6),generalmente non esistono particolari controindicazioni per l’utilizzo di molecole isolate dalla peculiare azione farmacologica. Rimane invece opportuno il consiglio di un professionista dell’area sanitaria competente, in quanto gli aspetti da considerare esulano da un ottica prettamente alimentare.
Rimangono da esaminare le molecole oggetto di questo articolo, ovvero gli anti-ossidanti. Innanzitutto perché è necessario assumere molecole ad azione antiossidante? La prima cosa da ricordare è che ai fini della sopravvivenza siamo costantemente costretti ad ossidare substrati energetici e che la risultante di questi processi, oltre a consentirci di convertire “l’energia chimica” contenuta negli alimenti in “energia meccanica” ed “energia termica” necessarie alle nostre necessità fisiologiche, porta alla produzione di specie reattive dell’ossigeno, i famosi radicali liberi. L’organismo umano ha a disposizione numerose strategie per affrontare questo tipo di problematica che generalmente, in condizioni fisiologiche e di adeguata nutrizione, viene mantenuta nel dovuto equilibrio.
I problemi possono insorgere quando le condizioni non sono fisiologiche (es: in caso di patologia o in caso di elevati livelli di attività fisica) oppure quando la nutrizione non è adeguata. Quindi nel caso sussistessero una o più di queste condizioni, quali molecole utilizzare e per quanto tempo? Prima di tutto è necessario valutare le tempistiche, partendo dal presupposto che è sempre meglio utilizzarle per il minor tempo possibile, auspicando un precoce ritorno ad un’alimentazione fisiologica, inoltre c’è da dire che è possibile utilizzarle per tutta la durata dello stato carenziale prestando attenzione a variare ragionevolmente la tipologia di molecola utilizzata: questo si rende particolarmente importante per le molecole di natura lipofila in quanto meglio assorbite e potenzialmente accumulabili nel tessuto adiposo. Alla luce di ciò sarebbe opportuno evitarne l’assunzione continua per periodi estremamente prolungati, intervallandone l’utilizzo con molecole di natura idrofila.
Parlando invece di molecole di natura idrofila, è noto come la biodisponibilità rappresenti un fattore critico per antiossidanti come le catechine del tè verde, la curcumina da Curcuma longa, i flavonoidi da Ginkgo biloba, le leucocianidine da vite eccetera(7). Raggiungere un dosaggio biologicamente attivo molto spesso comporterebbe assunzioni improponibili. Questa problematica può essere risolta mediante l’utilizzo di molecole “fitosomate”, ovvero legate a un fosfolipide, molecola che a cagione della sua natura chimica è in grado di veicolarle aumentandone la biodisponibilità fino a 9 volte(7). A questo punto si configura uno scenario dove è possibile pensare all’utilizzo di ridotte dosi di molecole ad azione antiossidante dall’elevata biodisponibilità. Che dire del dosaggio? Il dosaggio consentito ai fini dell’integrazione alimentare è facilmente ricavabile dalla lettura dei dati riportati sulla confezione del formulato in oggetto(8). Infatti, solitamente, i produttori raggiungono, mediante il dosaggio consigliato (una o due compresse/die eccetera) il dosaggio massimo giornaliero consentito, quindi, salvo diversa indicazione di un professionista del settore sanitario competente, è bene attenersi a queste indicazioni, non andando oltre la dose consigliata.
Una proposta applicativa potrebbe essere, per esempio, quella di utilizzare molecole di natura idrofila (catechine, curcumina, flavonoidi, leucocianidine ecc), da alternare a molecole di natura lipofila (licopene, β-carotene ecc) per periodi di 20-30 giorni, considerando un periodo di washout relativamente alle specifiche condizioni nutrizionali del soggetto considerato. Con queste piccole accortezze ricavate dai dati presenti in letteratura e dal buon senso, sarà possibile pianificare un utilizzo razionale delle molecole ad azione antiossidante anche in tutti quei casi in cui la vita moderna pone dei limiti ad una corretta alimentazione.
Note
1) http://www.inran.it/358/31/news/ecco-la-nuova-piramide-alimentare–della–dieta-mediterranea.html)
2) http://www.fns.usda.gov/eatsmartplayhardhealthylifestyle/SmartChoices/howmuchdoineedtoeat.htm
3) European Food Safety Authority (2008). Concise Database summary statistics – Total population. Disponibile su: http://www.efsa.europa.eu/en/datexfoodcdb/datexfooddb.htm
4) http://www.nutrition.gov/smart-nutrition-101/dietary-reference-intakes-rdas
5) http://fnic.nal.usda.gov/dietary-guidance/dietary-reference-intakes
6) http://www.sinu.it/larn/introduzione.asp
7) Kidd PM. Bioavailability and activity of phytosome complexes from botanical polyphenols: the silymarin, curcumin, green tea, and grape seed extracts. AlternMed Rev. 2009 Sep;14(3):226-46.
8) http://europa.eu/legislation_summaries/consumers/product_labelling_and_packaging/l21102_it.htm