Uno studio italiano svolto all’Università di Bari, prima autrice Maria De Angelis del Dipartimento di scienze del suolo, della pianta e degli alimenti, dimostra che nei campioni fecali di 26 individui sani cui è stata somministrata per 60 giorni pasta arricchita da beta-glucani dell’orzo integrale si è verificato un aumento dei Lattobacilli, componenti essenziali della flora batterica intestinale benefica, a svantaggio di quella nociva composta in prevalenza da Bacteroides, Porphyromonas, Prevotella, Enterobacteriaceae, Coliformi e Pseudomonas. Inoltre, i ricercatori hanno osservato una riduzione significativa del colesterolo Ldl. «L’orzo integrale, l’avena e alcuni derivati della crusca di grano sono stati autorizzati dalla Food and Drug Administration a essere utilizzati per ridurre il rischio di malattia coronarica» scrivono gli autori dell’articolo pubblicato su Applied and Environmental Microbiology, sottolineando che le farine integrali di orzo e avena contengono fibre alimentari solubili chiamate beta-glucani. E l’European Food Safety Authority ha riconosciuto che il consumo regolare di beta-glucani derivati dall’avena può attivamente ridurre i livelli circolanti di colesterolo totale e della frazione LDL. «Oltre a questo effetto, è stata ben documentata un’associazione positiva tra beta-glucani e la prevenzione o riduzione delle malattie cardiovascolari, l’abbassamento della glicemia, il calo della resistenza periferica all’insulina e la minore incidenza di sindrome metabolica» aggiungono i ricercatori, precisando che la dose minima di beta-glucani consigliata per ottenere effetti positivi sulla salute umana è di 3 g/die. Che è appunto la quantità usata per arricchire la pasta utilizzata nello studio, composta, oltre che dai beta-glucani, dal 75% di farina di grano duro e dal 25% di farina d’orzo integrale. La dose giornaliera somministrata è stata pari a 100 grammi. «La farina di grano duro e d’orzo integrale arricchita dal 3% di beta-glucani sembra essere efficace nel modulare la composizione e vie metaboliche della microflora intestinale, portando a un significativo aumento del livello di acidi grassi a catena corta» concludono gli autori.