E’ da tempo in discussione un progetto di regolamento riguardante la definizione dei tenori massimi di alcaloidi pirrolizidinici (PA) in categorie di alimenti non ancora disciplinate dal Reg. (CE) 1881/20061. La proposta in questione, che riguarderà vari infusi di erbe, integratori alimentari a base di piante, erbe aromatiche, è stata realizzata dalla Commissione UE ed ha sollevato subito preoccupazioni negli operatori dei settori interessati, per la rigidità della stessa considerando le reali possibilità di intervento per la riduzione dei PA nelle fasi determinanti della coltivazione e della raccolta delle piante. La Commissione europea intende infatti fissare i seguenti tenori massimi di PA:
CATEGORIE |
TENORE MASSIMO (mg/kg prodotto) |
Infusi di erbe – Rooibos |
400 |
Infusi di altre erbe |
200 |
Infusi di erbe – miscele di rooibos con altre piante(*) |
300 |
Infusi di erbe – miscele di rooibos con altre piante(*) |
100 |
Tè o infusi di erbe per lattanti e bambini fino ai 3 anni (prodotti solidi o essiccati) |
75 |
Tè o infusi di erbe per lattanti e bambini fino ai 3 anni (prodotti liquidi) |
1 |
Integratori alimentari a base di ingredienti vegetali esclusi gli oli |
400 |
Integratori alimentari a base di polline |
400 |
Polline e prodotti derivati |
400 |
Erbe (fresche, congelate e essiccate) |
400 |
Semi di cumino (spezia) |
400 |
(*) Il tenore massimo di 300 μg/kg si applica alle miscele nelle quali non è nota la proporzione di ciascun ingrediente.
Nel caso in cui la proporzione dell’ingrediente sia invece nota, si deve applicare l’articolo 2 (1) (c) del Reg. (CE) 1881/2006.2
La proposta dovrebbe essere inviata alla consultazione inter- servizi entro novembre, prima di essere sottoposta all’approvazione del Parlamento europeo e del Consiglio. Una volta adottata come regolamento, la pubblicazione in Gazzetta ufficiale UE potrebbe avvenire tra marzo e aprile 2020, con un periodo transitorio di applicazione di 2 anni. Di limiti sui PA si parla, in ambito comunitario, dal 2011, anno del primo parere EFSA sulla valutazione dell’impatto sulla salute causato dalla presenza di queste sostanze negli alimenti e nei mangimi3. L’EFSA allora aveva evidenziato i rischi per la salute dei bambini, in relazione all’assunzione, nel lungo periodo, di miele, l’unico alimento per il quale, all’epoca, erano disponibili dati sufficienti. La valutazione del rischio è stata aggiornata da EFSA nel 2016 e nel 20174, su richiesta della Commissione europea, tenendo conto delle stime di esposizione secondo dati più recenti riguardanti i livelli di tali tossine nel miele, nel tè, negli infusi di erbe e negli integratori alimentari.
Secondo gli esperti dell’EFSA, l’esposizione agli alcaloidi pirrolizidinici presenti negli alimenti rappresenta un potenziale problema nel lungo termine per la salute umana, in particolare per assidui e grandi consumatori di tè e infusi di erbe, per il potenziale cancerogeno di tali sostanze.
ALCALOIDI PIRROLIZIDINICI
Gli alcaloidi pirrolizidinici (PA) sono un gruppo di alcaloidi, derivanti dalla pirrolizidina, che le piante producono per difendersi da parassiti ed erbivori. I PA noti come PA 1,2-insaturi, sono dei potenziali cancerogeni genotossici (cioè possono causare danni al DNA) nel lungo termine. 5 Sono sospettati avere inoltre tossicità (acuta e cronica) a livello epatico e dei vasi sanguigni. L’uomo è da sempre esposto accidentalmente a queste sostanze attraverso la dieta. Oltre ai vegetali, alti livelli di PA possono essere presenti nel latte, nelle uova, nella carne e nel miele. Il problema della contaminazione da PA non è un fenomeno nuovo, come testimoniano casi di tossicità epatica documentati fin dagli anni ‘20 in varie parti del mondo, dovuti all’ingestione di piante PA produttrici come Senecio, Eliotropio e Crotalaria. Sono circa 6000, infatti, le specie vegetali che possono contenere alcaloidi pirrolizidinici (PA). I PA si trovano principalmente in alcune famiglie di angiosperme lontanamente imparentate quali Boraginaceae, Asteraceae e Fabaceae. Per alcune piante come la borragine (Borago officinalis L.), il levistico (Levisticum officinale W.D.J. Koch), la maggiorana (Origanum majorana L.) e l’origano (Origanum vulgare L.), PA produttrici, i livelli di PA possono essere molto elevati; per le altre piante non PA produttrici, la presenza di tali sostanze deriva da piante infestanti come il Senecio o l’Eliotropo. Bastano anche poche piante infestanti, per ettaro di superficie coltivata, per compromettere l’intero raccolto. Le piante PA produttrici sono infestanti, crescono e fioriscono contemporaneamente alle piante coltivate ed i diserbanti ammessi non sono in grado di contrastarle. Solo attraverso la raccolta manuale si potrebbero individuare tali infestanti ed escluderli dalla raccolta, ma tale pratica è attuabile solo nei piccoli appezzamenti ed è irrealizzabile in aree coltivate di più ampie dimensioni. Una volta raccolte le piante PA produttrici sono difficili da indentificare e separare dalle altre, soprattutto quando il raccolto ha dimensioni di un certo significato. Anche le trasformazioni successive possono acuire il problema: in fase di estrazione i PA passano nel solvente sia si tratti di acqua che di alcol con il rischio di avere concentrazioni elevate di PA nell’estratto che ne deriva.
La fissazione di limiti di PA nelle categorie di alimenti non regolamentati in Europa è complessa in ragione delle difficoltà esistenti per la quantificazione di tali limiti, per la sostanziale mancanza di dati e non ultimo per le difficoltà nella determinazione qualitativa e quantitativa dei PA.
PA NEI FARMACI VEGETALI TRADIZIONALI
L’EMA (Agenzia europea per i medicinali), nel 2006, ha pubblicato un documento dal titolo “Public statement on contamination of herbal medicinal products/traditional herbal medicinal products with pyrrolizidine alkaloids” (EMA/ HMPC/328782/2016, 31 maggio 2016). Il documento in questione pone l’attenzione sul problema della contaminazione da PA dei medicinali a base di piante e derivati, fornendo suggerimenti per la gestione del rischio ed il controllo di qualità di tali prodotti. EMA sottolinea che, in linea teorica, se si seguono le buone pratiche agricole e di raccolta (GACP) e le norme di buona fabbricazione (GMP), le piante medicinali non dovrebbero contenere quali contaminanti piante infestanti produttrici di PA, né i prodotti finiti contenere alcaloidi. Sulla base dei risultati delle valutazioni tossicologiche e delle linee guida per la valutazione e gestione del rischio delle sostanze cancerogene-genotossiche, un livello massimo di assunzione giornaliera di PA pari a 0.35 μg/die (esposizione per tutta la vita per un individuo di 50 kg) è considerato da EMA a basso rischio per la salute umana. La dose giornaliera di 1.0 μg/die fissata per i PA da alcuni paesi è ritenuta accettabile da EMA al fine di tutelare la salute pubblica. Tale valore, suggerisce EMA, può essere tuttavia applicato solo in via transitoria per un periodo non superiore ai 3 anni, durante il quale i produttori di medicinali di origine vegetale devono adottare tutte le misure necessarie per ridurre il livello di contaminazione a 0.35 μg/die. Sulla base di quanto proposto da EMA e considerando l’approccio basato sulla esposizione giornaliera più ragionevole e quello in grado di consentire una maggiore flessibilità, tenendo sempre in debito conto la massima tutela dei consumatori, si sono mosse alcune associazioni europee rappresentanti della intera filiera produttiva, nei confronti della Commissione. Almeno per quanto riguarda gli integratori alimentari a base vegetale, le stesse hanno chiesto l’applicazione del riferimento all’esposizione giornaliera adottato per i farmaci vegetali ovvero di 1.0 μg/die di PA, al posto del valore analitico di 400 mg/kg proposto dalla Commissione ed un periodo di 3 anni di monitoraggio prima di pervenire ad un valore definitivo. Il periodo di transizione è ritenuto indispensabile anche per individuare ed attuare le misure necessarie per ridurre la contaminazione in fase di raccolta e di trasformazione delle piante.
INCERTEZZE ANALITICHE
Altra criticità legata ai PA è la mancanza ad oggi di un metodo analitico ufficiale di riferimento per la determinazione di queste molecole. Oltre all’alta variabilità della sensibilità dei metodi convalidati esistenti, infatti, si deve tener conto della incertezza e diversità dei risultati ottenuti utilizzando metodi diversi per lo stesso campione o addirittura utilizzando lo stesso metodo su campioni diversi dello stesso lotto, data la distribuzione non omogenea del contaminante nei campioni che si analizzano. Il metodo analitico non ufficiale oggi più utilizzato, come suggerito anche nel 2016 all’EMA dall’Istituto federale tedesco per la valutazione del rischio (Bfr) è la cromatografia liquida con estrazione in fase solida accoppiata a spettrometria di massa (tandem) a triplo quadripolo (SPE-LC-MS/MS). Quanti gli alcaloidi pirrolizidinici da determinare? Questo è un altro punto sul quale, ormai da tempo, si stanno confrontando le principali autorità e i gruppi di lavoro competenti a livello comunitario. La prima opinione EFSA del 2016 si basava sulla ricerca di 28 alcaloidi pirrolizidinici2, con metodi analitici, come da noi stessi verificato, in grado di determinare fino a 30 molecole con LOQ (limite di quantificazione) e LOD (limite di rilevabilità) spesso differenti non solo a seconda del metodo analitico utilizzato, ma anche per singola molecola analizzata. Nell’opinione EFSA del 2017, stante alcune criticità rilevate dal punto di vista analitico nella determinazione dei PA (difficoltà di separare alcuni composti perché aventi stesso peso molecolare o per problemi di co-eluizione), gli alcaloidi da cercare sono scesi da 28 a 17, con la raccomandazione di raccogliere dati tossicologici relativi agli alcaloidi più comunemente rilevati negli alimenti al fine di identificare i PA potenzialmente più dannosi per la salute dell’uomo, dati ancora oggi non disponibili. Crescenti evidenze scientifiche dimostrano che i PA ed i loro analoghi N-ossido presentano vari livelli di preoccupazione per la salute umana a causa del differente rischio tossicologico. Dalle ultime discussioni a livello europeo si è arrivati infine a proporre l’analisi e la quantificazione di 21 PA3. A questi si aggiungerebbero 12 molecole che potrebbero co-eluire insieme ad essi, ma che non sarebbero da quantificare separatamente. In più recenti discussioni si è parlato di 14 molecole che, in questo caso, dovrebbero anche essere quantificate separatamente. In discussione anche il limite di quantificazione (LOQ) del metodo: 5 μg/kg (non applicabile da tutti i laboratori) o 10 μg/kg più facilmente raggiungibile.
MANCANZA DI DATI E RESPONSABILITA’ DEGLI OSA
La Commissione, dopo i rapporti EFSA, e nell’attesa di regolamentare i limiti di PA nella categorie alimentari individuate, ha comunque chiesto alle autorità degli Stati membri di monitorare la situazione anche utilizzando i dati prodotti dalle imprese interessate oltre che attraverso controlli ufficiali condotti sui prodotti presenti sul mercato. Ad oggi i dati disponibili risultano comunque insufficienti per avere un quadro chiaro della situazione e per avere una stima del reale livello di esposizione dei consumatori ai PA e quelli disponibili non sono incoraggianti. La mancanza di risposte alla richiesta di dati, come da SISTE constatato in varie occasioni e da altre associazioni nel resto d’Europa, rende tristemente evidente che le aziende di tutti i livelli della filiera non si stanno ancora preparando a questa misura, nonostante la problematica sia nota da più di due 2 anni. Peggio ancora, molte imprese non hanno probabilmente idea del livello di PA nei loro prodotti. Questo induce a pensare che non siano state adottate misure per ridurre il rischio di contaminazione da PA, come confermato dai seppur pochi, ma preoccupanti, dati emersi dalle ricerche fino ad oggi effettuate. E’ comunque da ricordare che al di là di limiti di legge e delle difficoltà analitiche gli alcaloidi pirrolizidinici sono sostanze pericolose ed i prodotti contenenti elevate quantità di tali sostanze negli alimenti costituiscono un rischio per il consumatore. La sicurezza degli alimenti è una responsabilità posta in capo all’operatore del settore alimentare che si ripercuote su tutta la catena del prodotto a partire dalla fase agricola. Sicurezza che deve essere garantita attraverso l’individuazione e riduzione del rischio e della quale gli operatori del settore alimentare dovranno rendere conto alle autorità nel caso di controlli.
1 Regolamento (CE) n. 1881/2006 della Commissione del 19 dicembre 2006 che definisce i tenori massimi di alcuni contaminanti nei prodotti
alimentari (GU europea L 364/5 del 20.12.2006).
2 Articolo 2 – Prodotti alimentari essiccati, diluiti, trasformati e composti
- Nell’applicare i tenori massimi di cui all’allegato ai prodotti alimentari essiccati, diluiti, trasformati o composti da più di un ingrediente,
si tiene conto di quanto segue:
c) le proporzioni relative degli ingredienti nel prodotto;
3 http://www.efsa.europa.eu/en/efsajournal/pub/2406
4 https://www.efsa.europa.eu/it/efsajournal/pub/4908.
5 Non esistono dati epidemiologici sull’uomo ma alcuni studi sono stati condotti sull’animale.
6 Echimidina, echimidina-N-ossido, erucifolina, erucifolina-N-ossido, europina, europina-N-ossido, eliotropina, eliotropina-N-ossido, intermedina,
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N-ossido, senecivernina, senecivernina-N-ossido, senkirkina, tricodesmina.
7 Intermedina, intermedina-N-ossido, licopsamina, licopsamina-N-ossido, senecionina, senecionina-N-ossido, senecivernina, senecivernina-
N-ossido, seneci(o)fillina, senecifillina-N-ossido, retrorsina, retrorsina-N-ossido, echimidina, echimidina-N-ossido, lasiocarpina, lasiocarpina-
N-ossido, europina, europina-N-ossido, eliotrina, eliotrina-N-ossido, senkirkina.