Probiotico, parola dall’etimologia strana, mistura di latino (pro: a favore) e greco (biotico: della vita), è un termine usato per indicare batteri con azione benefica per la salute; questa definizione ha subito, a partire dagli anni Sessanta, una lunga serie di variazioni e ha oggi raggiunto, nel mondo scientifico ma anche in quello regolatorio, una consolidata stabilità: “organismi vivi che, somministrati in quantità adeguata, apportano un beneficio alla salute all’ospite”.1,2 Probiotico si caratterizza quindi come parola antitetica ad antibiotico, non solo etimologicamente ma anche come concetto: il supporto allo stato di salute si ottiene aumentando la presenza microbica e non diminuendola, con alcuni punti fermi:
- i probiotici sono microrganismi vivi e vitali al momento dell’uso;
- la loro efficacia è legata al consumo di una “adeguata quantità”;
- il loro uso deve portare un beneficio per la salute o il
Benché quanto sopra possa sembrare lapalissiano dobbiamo notare che:
- sul mercato esistono prodotti che, pur facendo riferimento ad attività probiotiche, contengono batteri non vitali;
- mentre in Italia esistono precise indicazioni, riferibili a Linee guida del Ministero della Salute, relative al numero minimo di batteri vivi che devono essere presenti alla fine del periodo di conservazione, “l’adeguata quantità” non trova un riferimento normativo in molti Paesi dell’Unione Europea ed extra UE;
- sul “beneficio” torneremo più avanti, ma per ora basti rilevare che, se nel Report FAO/WHO del 2001 e nelle successive Linee Guida del 2002 (i due documenti sono riuniti insieme in una pubblicazione FAO del 2006)3 si affermava come i benefici per la salute fossero da considerare ceppo-specifici, nel lavoro di Hill et al. del 2014 si riconosceva come alcuni di questi benefici fossero comuni a molti dei batteri probiotici in commercio, osservazione basata su diverse metanalisi condotte dopo la pubblicazione dei documenti FAO/WHO.
Il settore degli integratori probiotici si muove quindi fra un’intensa attività di ricerca clinico- scientifica e un quadro normativo variegato a seconda delle aree geografiche.
Le recenti evoluzioni normative
Di seguito verranno riportate e commentate le variazioni avvenute dal 2015 in poi nelle principali aree mondiali rispetto alle normative riguardanti i probiotici commercializzati come alimenti/integratori alimentari. Vista la rilevanza dei documenti FAO/WHO1,3 è bene soffermarsi (Tabella 1) sull’uso normativo della definizione con un aggiornamento rispetto a quanto evidenziato nel precedente testo.4
abella 1.
Nazione |
Documento |
Sitografia/Bibliografia |
Note |
Italia |
Linee guida Ministero della Salute, revisione 2018 |
Revision un docume la cui pri stesura risale al 2005 |
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Australia |
Australian Regulatory Guidelines for Advertising Therapeutic Goods (2018) |
Nel docume probiotic vengono definiti in modo leggerm diverso definizio FAO/WH |
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Canada |
Health Claims, Definitions |
Una dell legislazi più preci dettaglia riguardo probiotic |
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Cina |
Provisions for Declaration and Review of Probiotic Health Food (Draft for public comments) |
http://gkml.samr.gov.cn/nsjg/tssps/201903/t20190321_292236.html |
Revision 2019 di docume anteced |
Singapore |
Probiotics and health claims, definition |
Diversi docume tutti pres nel sito |
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USA |
FDA, 2016 |
Bozza di docume di linee guida pe l’industri |
Alcuni dei Paesi che hanno recentemente (dal 2016 a oggi) incorporato o rivisto la definizione FAO/WHO 2001 in un documento a scopo regolatorio
L’uso ai fini regolatori della definizione FAO/WHO ha avuto e sta avendo pesanti ricadute per la situazione normativa dei probiotici all’interno dell’Unione Europea, che è oggi considerata l’area
che, se da una parte ha l’approccio più restrittivo nei confronti degli health claim made on food (normati dal Reg. 1924/2006), è anche quella che sta vedendo contestato, da alcuni Paesi membri, il mero uso della parola “probiotico” come ingrediente. Queste posizioni traggono origine da una Guidance rilasciata nel 2007 dallo Standing Committee on the Food Chain and Animal Health,5 relativamente all’implementazione del Reg. 1924/2006, che sottolinea che, se il nome di un prodotto implica un effetto sulla salute, allora si è in presenza di un health claim implicito. Come esempi si riportano, in questo documento, gli antiossidanti, i prebiotici e, ovviamente, i probiotici. In base a questa posizione alcuni Paesi dell’Unione Europea hanno vietato l’uso della parola probiotico in assenza di un’opinione positiva da parte di EFSA e successivo recepimento da parte della legislazione europea.
Curiosamente, a fronte di queste posizioni rigide, l’Unione Europea, dove comunque si commercializzano alimenti e integratori con batteri vivi, è sprovvista di una definizione comune a tutti i Paesi membri (in Italia è però presente nei documenti ministeriali già dal 2005) della quantità di batteri vivi che devono essere presenti in un alimento/integratore, mentre ad esempio Health Canada (cfr. Tabella 1), che ha un approccio meno restrittivo, fornisce una chiara definizione di questa quantità (peraltro coincidente con quella italiana), così garantendo una migliore informazione al consumatore.
A sottolineare ulteriormente la strana situazione creatasi nell’Unione Europea si deve notare come l’unico health claim approvato da EFSA6 concernente alimenti con batteri vivi riguardi la capacità dei batteri dello yogurt di rendere digeribile il lattosio contenuto nello yogurt anche a soggetti intolleranti a questo disaccaride. Sono batteri a scarsa attitudine a rimanere vivi durante il transito intestinale e che esercitano la loro azione benefica, premiata dalla concessione del claim, proprio perché morendo durante il transito intestinale rilasciano nel lume intestinale l’enzima lattasi, che idrolizza il lattosio residuo dello yogurt.
La situazione nell’Unione Europea
Nel 2016 è stata pubblicata una nuova versione delle Linee guida relative alla presentazione dei dossier per l’approvazione di health claim concernenti il sistema immunitario, il tratto gastrointestinale e le difese contro i microrganismi patogeni.7 Questo tipo di claim, all’epoca della pubblicazione delle Linee guida, rappresentava circa un terzo di tutte le richieste di claim pervenute a EFSA dall’uscita del Reg. 1924/2006 al 2015. Questa versione, che sostituisce quella del 2011, appare più dettagliata rispetto alla precedente, arrivando a suggerire specifici studi d’intervento per la difesa contro le infezioni, l’uso del titolo di anticorpo ottenuto durante le vaccinazioni per la dimostrazione di attività di stimolo del sistema immunitario ecc.
Nel 2017, nel Reg. 1202 viene formalizzata, in base all’Opinion EFSA, la non ammissibilità di un claim relativo all’herpes labiale;8 il prodotto in esame era un latte fermentato a basso tenore di grassi con una combinazione di frutto-oligosaccaridi (FOS) e Lactobacillus rhamnosus GG (ATCC 53103), Streptococcus thermophilus (Z57) e Lactobacillus delbrueckii sottospecie bulgaricus (LB2) vivi.9
Nel 2018 nel Reg. 199, per quanto riguarda l’incremento dell’assorbimento del ferro non eme mediato (claim ex art. 13.5) attribuibile all’azione di Lactobacillus plantarum 299, la Commissione non autorizza il claim in base all’Opinion EFSA del 28 giugno 2016, che non giudicava sufficienti le evidenze scientifiche.10
Sempre nel 2018, il Reg. 1555 riporta identico parere negativo per quanto riguarda Lactobacillus fermentum CECT 5716 e la diminuzione della presenza di stafilococchi nel latte materno (claim ex art. 14);11 il parere è basato sull’Opinion EFSA del 27 giugno 2017, che non giudicava sufficienti le evidenze scientifiche.
Da ultimo, il 14 marzo 2019 viene pubblicata una Opinion relativa al Lactobacillus paracasei CBA L74, attivo contro i batteri patogeni dell’intestino e delle vie respiratorie; anche in questo caso non sono state giudicate sufficienti le evidenze scientifiche di supporto alla domanda del claim.12
Al di là dell’esito negativo è interessante come, secondo il Panel NDA di EFSA, i batteri protagonisti di queste domande siano stati tutti considerati identificati e descritti in maniera soddisfacente (nella prima tornata di richieste di claim una insufficiente caratterizzazione dei batteri era stata la prima causa di rifiuto del claim da parte di EFSA). Inoltre le varie domande sono state dichiarate ammissibili dal punto di vista del rapporto con il tipo di beneficio per la salute, e questo va a costituire una serie di precedenti positivi per le future domande.
Al di là degli esiti delle Opinion di EFSA, la ricerca e lo sviluppo dei prodotti, soprattutto in Italia, sono proseguiti in modo intenso in questi anni. Negli ultimi 5 anni sono stati pubblicati più di 800 articoli da autori italiani concernenti l’uso di probiotici, e di questi un centinaio sono studi clinici, confermando una posizione di primo piano per la ricerca italiana. Nuovi ceppi sono allo studio, appartenenti sia a specie già in uso sia a specie meno note o utilizzate nel settore probiotico,13 aprendo quindi nuove prospettive di sviluppo prodotti ma anche di settori d’applicazione.
La salute microbiologica del cavo orale sembra essere un nuovo campo di applicazione dei probiotici, con estensione anche alle infezioni dell’oro-faringe.14
Le applicazioni per la salute dell’apparato uro-genitale hanno visto un’estensione da quello femminile, che ha alle spalle una consolidata tradizione, a quello maschile, un’applicazione nuova e inaspettata.15
Un ulteriore settore di applicazione oggi emergente è quello dell’uso dei probiotici come adiuvanti in una serie di terapie, da quella dell’eradicazione di Helicobacter pylori16,17 alle radio-
18 e chemioterapie.19 In alcuni casi si tratta di un vero e proprio supporto all’efficacia della terapia, in molti altri di un effetto antidolorifico, mediato dall’interazione dei batteri con specifici recettori intestinali.
Anche la funzione benefica dei probiotici nella cosiddetta intestinal constipation ha accumulato una notevole massa di dati, tanto da essere oggetto di ben 3 metanalisi o rassegne sistematiche.20,21,22
Tipologia di probiotici
Prima di esaminare le novità scientifiche per quanto riguarda gli integratori con probiotici, sembra opportuno introdurre qualche considerazione sulle tipologie dei prodotti che vantano azione probiotica. La parola probiotico è oggi utilizzata per definire batteri ad azione benefica utilizzati:
- come ingredienti negli alimenti;
- come ingredienti negli integratori alimentari;
- come ingredienti nei farmaci;
- in prodotti cosmetici;
- in prodotti per la
Sorprendentemente, i settori a cui si applicano le Linee guida FAO/WHO 20011 e tutti i documenti riportati in Tabella 1 sono solo i primi due, mentre i prodotti delle ultime due categorie risultano totalmente deregolati. Infatti si deve ricordare che le Linee guida FAO/WHO 2001 sottolineano come l’oggetto della Expert Consultation fosse una “evaluation of the scientific evidence available on the properties, functionality, benefits, safety, and nutritional features of probiotic foods”; più avanti si precisa che “the scope of the meeting would include probiotics and prebiotics in food, and exclude reference to the term biotherapeutic agents, and beneficial microorganisms not used in food”. I farmaci e l’uso non alimentare di microrganismi benefici sono quindi esplicitamente esclusi, fatto non sempre pienamente compreso soprattutto dal mondo clinico, che fa spesso riferimento alle procedure illustrate in questo documento anche in caso di uso dei probiotici in soggetti patologici.23,24
È inoltre da sottolineare come nella sezione 3 del documento le definizioni siano in effetti due: “The Consultation has redefined probiotics for the purpose of this meeting as ‘Live microorganisms which when administered in adequate amounts confer a health benefit on the host’, but restricted its scope to discussion of ‘Live microorganisms which when consumed in adequate amounts as part of food confer a health benefit on the host”.
Questo significa che la definizione si può anche applicare a prodotti non alimentari (ad esempio prodotti topici per la pelle, per uso vaginale ecc.), ma che la documentazione esaminata dagli esperti nel corso dei due anni di lavoro per la stesura del documento si sarebbe limitata all’uso alimentare dei probiotici stessi; questo ha un significativo impatto ad esempio sulla determinazione del profilo di sicurezza dei prodotti probiotici che, per quanto riguarda il settore alimentare, devono partire da specie batteriche di cui si abbia una “lunga storia d’uso sicuro”, mentre per l’uso farmacologico si dovrà passare attraverso le normali fasi di registrazione dei farmaci, inclusa la dimostrazione della sicurezza d’uso.
Vale la pena sottolineare che i settori dove negli ultimi anni si è utilizzato in misura sempre crescente il termine probiotico sono quelli della cosmesi (www.dermatologytimes.com/fda/it- time-regulate-probiotics-cosmetics) e della detergenza, settori per cui non esistono linee guida, dove l’uso del termine non è regolamentato e dove le evidenze scientifiche, quando esistono, sono di quantità incomparabilmente inferiore a quelle esistenti nel settore degli alimenti probiotici. L’utilizzo della parola “probiotico” in prodotti per cui non si hanno una solida evidenza scientifica né precisi riferimenti normativi è una nuova minaccia al settore dei probiotici contenuti in alimenti/integratori alimentari, una captatio benevolentiae che da una parte attesta la buona percezione da parte del consumatore del concetto di probiotico, ma dall’altra rischia di creare confusione e, alla lunga, sfiducia nell’intera categoria.
Dalla recente ricerca
Delle 1719 rassegne sistematiche, metanalisi e review pubblicate dal 2015 a oggi e rinvenibili sul database PubMed tramite le parole chiave “probiotics”, “humans” e “reviews” (numero rilevante, soprattutto se paragonato ai 623 articoli ritrovabili nella stessa banca dati se al termine “reviews” si sostituisce “clinical trials”) solo alcune hanno interesse per questa rassegna, in quanto la stragrande maggioranza riguarda l’uso di probiotici in soggetti affetti da patologie.
In due rassegne sistematiche relative all’uso di probiotici (come pure di prebiotici) come supporto alla vaccinazione antinfluenzale, in individui adulti sani trattati con un vaccino antinfluenzale, le conclusioni sono state positive.25,26 Alla luce del pronunciamento di EFSA a favore di questo tipo di dimostrazione per la convalida di un claim relativo alla stimolazione del sistema immunitario, queste rassegne offrono interessanti spunti di riflessione.
L’efficacia dei probiotici nella costipazione funzionale giovanile non è supportata in modo definitivo,20,21,27 tranne che in un caso.21
Una rassegna Cochrane del 201528 ha giudicato in modo positivo il ruolo dei probiotici nella prevenzione delle infezioni delle vie respiratorie (URTI, Upper Respiratory Tract Infections). I probiotici analizzati erano Lactobacillus plantarum, Lactobacillus paracasei 8700:2, Lactobacillus rhamnosus (GG o HN001), Lactobacillus casei Shirota, Lactobacillus bulgaricus OLL 073R1, Lactobacillus acidophilus, Lactobacillus gasseri, Streptococcus thermophilus OLS 3059, Bifidobacterium lactis BB12, Bifidobacterium bifidum MF 20/5, Bifidobacterium animalis e Bifidobacterium longum SP 07. Queste le conclusioni: “Although this review indicates that probiotics may be more beneficial than placebo for preventing acute URTIs, the quality of the current evidence is low.” Ma una “low evidence” nel linguaggio delle Cochrane è molto più di una mera possibilità, e apre la strada a un ulteriore utilizzo di integratori con batteri probiotici. La prima infanzia e gli anziani sono particolarmente sensibili a queste patologie e quindi potrebbero essere un buon target di applicazione.
Un uso molto particolare ma di sicuro interesse clinico per gli integratori probiotici è quello per la riduzione del rischio di infezione da Clostridium difficile in pazienti ospedalizzati, suggerito da un’altra rassegna Cochrane.29 In questo caso l’evidenza dell’efficacia dell’uso dei probiotici è addirittura definita “moderata”, una valutazione molto alta nel linguaggio Cochrane.
Conclusioni
Quanto sopra appare come un’ulteriore conferma di quanto esposto nella precedente edizione: esiste una profonda divisione fra le convinzioni del mondo accademico e della ricerca e gli esiti della valutazione ai fini regolatori. La ricerca negli ultimi 5 anni ha subito un’impennata prevalentemente da parte di Paesi extra-europei (Cina in primis) e nel settore di applicazioni cliniche a patologie anche gravi. Gli studi sul microbiota e sul microbioma, resi meno costosi e veloci dalle recenti tecniche omiche, ovvero di caratterizzazione molecolare, hanno riproposto i probiotici come un settore in cui investire risorse per l’avanzamento delle conoscenze relativamente al rapporto fra salute e batteri.
Dall’altra parte le Autorità regolatorie europee non sembrano saper uscire da una situazione che confina i probiotici veicolati dagli alimenti e gli integratori alimentari in una zona grigia, dove l’elevata dose di prudenza nel valutare l’uso di indicazioni sulla salute da parte degli alimenti non riesce a conciliarsi con l’innovazione portata da studi che, se pur effettuati in condizioni di patologia, indicano chiaramente il ruolo positivo di alcuni batteri probiotici.
È vero che il settore degli alimenti basa la valutazione della sicurezza principalmente sulla “lunga storia d’uso sicuro” e le innovazioni hanno sempre avuto vita difficile, ma forse sarebbe ora di ripensare l’intero approccio di valutazione delle Autorità europee.
Bibliografia
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8. Regolamento (UE) 2017/1202 della Commissione del 5 luglio 2017 relativo al rifiuto dell’autorizzazione di alcune indicazioni sulla salute fornite sui prodotti alimentari, diverse da quelle che si riferiscono alla riduzione del rischio di malattia e allo sviluppo e alla salute dei bambini. G.U. Unione Europea 6.7.2017-
9. EFSA NDA Panel (EFSA Panel on Dietetic Products, Nutrition and Allergies), 2016. Scientific opinion on low-fat fermented milk with a combination of fructo-oligosaccharides and live Lactobacillus rhamnosus GG (ATCC 53103), Streptococcus thermophilus (Z57) and Lactobacillus bulgaricus (LB2), and defence against reactivation of Herpes simplex virus in the orolabial epithelia: evaluation of a health claim pursuant to Article 13(5) of Regulation (EC) No 1924/2006. EFSA Journal 2016;14(7):4538.
10. Regolamento (UE) 2018/199 della Commissione del 9 febbraio 2018 relativo al rifiuto dell’autorizzazione di un’indicazione sulla salute fornita sui prodotti alimentari diversa da quelle che si riferiscono alla riduzione del rischio di malattia e allo sviluppo e alla salute dei bambini. G.U. Unione Europea 10.2.2018.
Regolamento (UE) 2018/1555 della Commissione del 17 ottobre 2018 relativo al rifiuto dell’autorizzazione di alcune indicazioni sulla salute fornite sui prodotti alimentari e che si riferiscono alla riduzione dei rischi di malattia G.U. Unione Europea 18.10.2018.
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