I cosmetici, nella maggior parte dei casi, costituiscono un terreno di crescita ottimale per i microrganismi. Lo sviluppo microbico è facilitato da alcuni fattori tra cui i principali sono l’alto contenuto di acqua libera e valori di pH favorevoli. Altro importante fattore è la presenza di ingredienti in grado da fungere da terreno di coltura per i microrganismi.
Pertanto batteri e muffe possono crescere facilmente in quei cosmetici che abbiano le caratteristiche idonee allo sviluppo e sistemi conservanti inadeguati.
Ai cosmetici non è richiesta la sterilità ma la loro purezza microbiologica costituisce un fattore essenziale ai fini della stabilità del prodotto e della sua sicurezza.
Se pur pelle e mucose siano generalmente protette dall’attacco microbico da una barriera meccanica naturale e da vari meccanismi di difesa, l’applicazione di un cosmetico contaminato quando tali difese e barriere sono indebolite può costituire un rischio serio. Questo accade nei casi di pelli danneggiate (escoriazioni, traumi, ferite etc.) o nel caso di applicazione su soggetti sensibili come i bambini sotto i 3 anni, gli anziani e le persone con sistema immunitario compromesso o di particolari zone del corpo (contorno occhi e mucose).
Alcuni microrganismi, i patogeni e i così detti “specifici”, potrebbero avere effetti peggiori rispetto ai comuni microorganismi ambientali e la loro assenza nei prodotti deve essere accuratamente verificata. Generalmente con il termine “specifici” si intendono quei microrganismi anche non apertamente patogeni la cui presenza nei cosmetici è assolutamente indesiderabile in quanto citati in casi di infezione al consumatore, o in grado di arrecare danno al consumatore se presenti in quantità considerevole nel cosmetico o universalmente riconosciuti come in grado di alterare il prodotto.
Ai sensi del Regolamento cosmetici (Reg. UE 1223/09), la persona responsabile deve assicurarsi che il prodotto, al momento dell’acquisto, non contenga quantità e tipologie di microrganismi che possono influenzare la qualità del suo prodotto e la salute del consumatore. Questo è generalmente garantito dall’applicazione delle buone pratiche di fabbricazione durante le operazioni di produzione e di confezionamento e dai controlli sulla carica microbica dei prodotti finiti.
Nell’applicazione delle buone pratiche di fabbricazione la qualità microbiologica delle materie prime deve essere accuratamente valutata in ragione della loro natura, del contenuto di acqua e della provenienza in modo particolare quando esse entrano a far parte di formulazioni delicate sotto l’aspetto microbiologico. In alcuni casi infatti la conservazione del prodotto non può essere totalmente affidata agli ingredienti ma necessita anche di una adeguata protezione del contenitore durante l’utilizzo. In questi casi è essenziale la purezza microbica al momento dell’immissione sul mercato.
La persona responsabile deve inoltre garantire che i microrganismi introdotti nel corso del normale utilizzo del prodotto da parte del consumatore non ne influenzino negativamente la qualità o la sicurezza. Questo è generalmente garantito dalla realizzazione delle prove di efficacia della protezione antimicrobica nel corso della fase di sviluppo di un nuovo prodotto, meglio se opportunamente confermate sul prodotto industriale invecchiato nella confezione di vendita.
La qualità microbiologica del cosmetico e le prove effettuate per verificare la capacità di preservarsi da contaminazioni microbiche devono essere documentate nella Parte A (Informazioni sulla sicurezza dei prodotti cosmetici) della Relazione sulla sicurezza del cosmetico (Allegato 1 Reg. UE 1223/09).
Non esistono riferimenti ufficiali per quanto riguarda le specifiche microbiologiche (Limiti microbiologici) accettabili nelle diverse tipologie di cosmetici, o per quanto riguarda i microorganismi da monitorare o riguardo ai metodi per il controllo della carica microbica.
Né la direttiva 76/768 prima, né il Regolamento 1223/09 poi hanno definito questi aspetti in maniera puntuale, ma in entrambi i casi si parla di qualità microbiologica come requisito fondamentale in termini di sicurezza dei prodotti.
Per quanto riguarda l’efficacia del sistema conservante e la stabilità microbiologica del prodotto il regolamento cosmetici richiede siano provate da test riportati nella relazione sulla sicurezza del prodotto cosmetico, ma non specifica la metodologia da seguire.
Per valutare e garantire la qualità microbiologica dei cosmetici si può fare riferimento a linee guida emanate da organismi ufficiali e norme armonizzate che possono essere utilizzate tenendo conto delle diverse caratteristiche e tipologie di prodotti. Nelle Linee guida del Comitato scientifico della sicurezza del consumatore, SCCS: “The SCCS Notes of guidance for the testing of cosmetic ingredients and their safety evaluation”, SCCS/1564/15 (9 revisione) alcuni paragrafi sono dedicati alla qualità microbiologica dei cosmetici, occupandosi le stesse fondamentalmente degli aspetti tossicologici e della valutazione del rischio tossicologico di materie prime e prodotti finiti.
Si ricorda che la contaminazione microbica trae origine nelle fasi di produzione e di riempimento e durante l’uso del cosmetico da parte del consumatore, non citando le materie prime.
“Dal momento in cui l’unità cosmetica viene aperta fino all’ultimo utilizzo del prodotto da parte del / i consumatore/i, viene introdotta una contaminazione microbica permanente, variabile e additiva del cosmetico, causata dall’ambiente domestico e dal contatto con la pelle del consumatore(i) (mani e corpo). Le ragioni per garantire la qualità microbiologica dei cosmetici, ricorda SCCS, sono:
– garantire la sicurezza dei cosmetici per il consumatore,
– mantenere la qualità e le specifiche del prodotto,
– confermare di aver lavorato in condizioni igieniche e di alta qualità.
Al fine di garantire la qualità del prodotto e la sicurezza per il consumatore, è necessario effettuare un’analisi microbiologica di routine su ogni lotto del prodotto finito immesso sul mercato. In alcuni casi giustificati (ad esempio contenuto di alcol> 20%), non è necessario testare il prodotto finito (ISO 29621, 2010). I parametri esaminati, i criteri e i metodi utilizzati e i risultati ottenuti per lotto devono essere specificati in rapporti archiviati correttamente e riportati nella Relazione sulla sicurezza.
Per i limiti quantitativi e qualitativi, SCCS fa riferimento alla norma europea EN ISO 17516: 2014 (Cosmetici – Microbiologia – Limiti microbiologici).
Per quanto riguarda il Challenge test il riferimento è recato dalle Farmacopee USA e EU del 2014.
SCCS sottolinea che i controlli microbici e i challenge test devono essere eseguiti/supervisionati e convalidati da un microbiologo. La persona responsabile deve garantire l’efficacia del sistema conservante dei suoi prodotti, verificandola sperimentalmente mediante challenge test. Poiché tuttavia non sono disponibili metodi di prova ufficiali o universalmente accettati, spetta alla persona responsabile decidere con quale metodologia condurre il test.
Ciò significa che potrebbe essere opportuno mettere a punto internamente protocolli di challenge test idonei a saggiare lo specifico prodotto al fine di garantire la massima sicurezza per l’azienda e di conseguenza per il consumatore.
ISO 29621
L’ultima revisione dello standard ISO 29621 Cosmetici-Microbiologia-Linee guida per la valutazione del rischio e l’identificazione dei prodotti a basso rischio microbiologico, è di maggio 2017.
Questa norma individua i fattori che influenzano la qualità microbiologica di un prodotto cosmetico. Sono presi così in considerazione diversi parametri, per esempio la composizione e le caratteristiche intrinseche della formulazione (acqua libera, formulazione, materie prime che possono creare un ambiente ostile, pH), ma anche l’imballaggio primario (airless, monodose…) e i processi di fabbricazione.
Un prodotto finito può essere considerato a “basso rischio” di contaminazione se il ragionamento condotto con l’aiuto di questa norma evidenzia un fattore necessario e sufficiente o una combinazione di più fattori. Se questo è il caso, allora è ragionevole per convalidare una formula senza un sistema conservante e superare la necessità di elaborare specifiche microbiologiche per controllare i lotti dei prodotti.
Va notato che il prodotto finito può essere considerato a “basso rischio” pur essendo composto da materie prime “sensibili”. Se il prodotto è sensibile dal punto di vista microbiologico, infatti, ma confezionato in modo tale da evitare il contatto con consumatori e ambiente durante l’uso (flacone airless, in particolare), al limite potrebbe non essere necessario studiare un sistema conservante, ma dovranno essere condotti controlli della carica microbica, in relazione alle specifiche stabilite, su un numero significativo di campioni per verificare che il prodotto non sia stato contaminato prima e/o durante la fase di confezionamento.
ISO 17516
La norma ISO 17516 Cosmetici – Microbiologia – Limiti microbiologici è stata aggiornata a gennaio 2015.
Questo standard, riferimento anche per SCCS, propone le specifiche microbiologiche per i prodotti cosmetici “sensibili” a possibili contaminazioni. I cosmetici, come detto, non devono essere necessariamente sterili, ma è importante controllare il loro livello di contaminazione in modo che i lotti resi disponibili sul mercato possano essere considerati sicuri.
I limiti sono quindi raccomandati per due categorie di prodotti: il primo comprende prodotti destinati ad essere utilizzati da popolazioni a rischio (bambini sotto i tre anni) e / o aree fragili del corpo (contorno occhi, mucose); il secondo comprende tutti gli altri prodotti, considerati meno “preoccupanti”.
La tabella riportata di seguito sintetizza i limiti microbiologici definiti dalla norma.
Categoria 1 Bambini sotto i tre anni, mucose e contorno occhi |
Microorganismi aerobi mesofili < 100 UFC/g o UFC/ml * |
I seguenti microorganismi non devono essere rilevabili in 1 g o ml di prodotto: Staphylococcus aureus Pseudomonas aeruginosa Escherichia coli Candida albicans
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Categoria 2 |
Microorganismi aerobi mesofili < 1000 UFC/g o UFC/ml * |
I seguenti microorganismi non devono essere rilevabili in 1 g o ml di prodotto: Staphylococcus aureus Pseudomonas aeruginosa Escherichia coli Candida albicans
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A causa della variabilità insita nel metodo di conteggio su piastra delle colonie, i risultati sono considerati fuori limite se *> 200 CFU / g o ml o se **> 2000 CFU / g o ml |
ISO 11930
La Norma ISO 11930 – Cosmetici – Microbiologia – La valutazione della protezione antimicrobica di un prodotto cosmetico (in corso di revisione, pubblicazione prevista nella seconda metà del 2019).
Questo metodo di prova, comunemente chiamato “challenge test” o “test di efficacia conservante” consiste nell’inoculare un campione di prodotto cosmetico con una sospensione controllata di microrganismi di riferimento, al fine di studiare l’evoluzione del numero di microrganismi ad intervalli di tempo definito e quindi stimare l’efficacia del sistema conservante incorporato nella formulazione.
Questo test è quindi un parametro chiave da includere nella strategia di progettazione per prodotti che non possono essere considerati “a basso rischio”. Tale norma è destinata a saggiare prodotti miscibili con acqua e si propone anche come metodo di riferimento o come linea guida per lo sviluppo di metodi interni.
Norme relative ai metodi di valutazione
Diversi sono gli standard che sono stati sviluppati per verificare la conformità dei prodotti alle specifiche (limiti).
Gli standard quantitativi sono usati per la conta delle colonie al fine valutare il livello di contaminazione in termini di carica di microorganismi mesofili aerobi a fronte dei limiti prestabiliti.
Gli standard qualitativi consentono, invece, di individuare e identificare i microrganismi presenti per accertare l’assenza di eventuali agenti patogeni o eventualmente di microrganismi specifici.
Lo schema seguente mostra i diversi standard e specifica le date delle ultime revisioni.
Valutazione quantitativa (conta) |
Valutazione qualitativa (presenza/assenza ed identificazione microrganismi specifici) |
ISO 21149 conta e identificazione dei batteri aerobi mesofili (Agosto 2017) ISO 16212 Conta dei lieviti e delle muffe (luglio 2017)
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ISO 18415 identificazione microrganismi specifici e non specifici (Agosto 2017) ISO 22150 identificazione E.coli ISO 22718 identificazione S. aureus ISO 22717 identificazione P.aeruginosa ISO 18416 identificazione C. albicans
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Utilizzo degli standard
Il rapporto tecnico CEN/ISO TR 19838:2016 “Microbiology – Cosmetics – Guidelines for the application of ISO standards on Cosmetic Microbiology” fornisce linee guida generali che illustrano l’utilizzo delle norme ISO sulla microbiologia nella cosmetica, in funzione dell’obiettivo (controllo sul mercato, sviluppo del prodotto, ecc.) e del prodotto che deve essere sottoposto a prova. Il TR può essere utilizzato per soddisfare i requisiti della norma UNI EN ISO 17516 sui limiti microbiologici.
Il rapporto tecnico definisce la carica microbica (esigenze generali, conteggio dei microrganismi mesofili – batteri, lieviti e muffe – rilevazione di microrganismi specifici…) così come la protezione antimicrobica (valutazione della protezione antimicrobica di una formula cosmetica e di un prodotto cosmetico).Il documento fornisce inoltre alcuni esempi di risultati di determinazione della carica microbica (in struccanti per occhi, mascara, creme per il viso, shampoo) e alcuni esempi d’interpretazione dei risultati delle prove di efficacia della protezione antimicrobica.
Il punto essenziale da non trascurare per convalidare il metodo di studio (challenge test e controllo dei lotti di fabbricazione) ed i risultati ottenuti riguarda la neutralizzazione delle proprietà antimicrobiche del prodotto studiato. Questo passaggio consente ai microrganismi che potrebbero essere presenti di crescere nel campione e quindi di essere identificati durante la lettura dei risultati.
La convalida viene eseguita contaminando il prodotto con i ceppi di riferimento ed effettuando la conta contro un controllo.