La questione è molto semplice e diretta solo dal lato degli operatori economici (fabbricanti, importatori, distributori): le lex specialis date dalla Direttiva 93/42/CEE (DDM) e dal nuovo Regolamento Europeo 2017/745 (RDM) che entrerà in applicazione dal maggio 2020 abrogando la precedente, vietano l’uso off-label di un dispositivo medico.
L’art.2 della DDM così come l’Art.5(1) del RDM stabiliscono che un dispositivo medico sia immesso sul mercato o messo in servizio, inter alia, se viene utilizzato conformemente alla sua destinazione d’uso, cioè uguale a niente uso off-label.
L’uso off-label di un dispositivo medico è a tutti gli effetti un uso non conforme alla valutazione di conformità che precede l’immissione in commercio dello stesso. Di conseguenza, se un operatore sanitario (medico) decide di utilizzare un dispositivo medico al di fuori della destinazione d’uso espressamente definita solo ed esclusivamente dal suo fabbricante, deve essere fortemente invitato e guidato a seguire prima l’iter necessario per svolgere un’indagine (sperimentazione) clinica.
Nel contesto del quadro regolatorio dei dispositivi medici, è l’indagine clinica l’attività primaria finalizzata alla dimostrazione dei requisiti di sicurezza ed efficacia necessari per (successivamente) immettere in commercio un dispositivo medico. Anche se un dispositivo medico reca la marcatura CE, essa è intesa e resta circoscritta alla destinazione d’uso già riportata e qualsiasi ulteriore utilizzazione, che non ne sia già inclusa, richiede un’ulteriore procedura di valutazione della conformità.
Su questo argomento, il nuovo RDM è ancora più esplicito e puntuale. Già all’Art.7(d) sulle dichiarazioni relative a un dispositivo medico, è proibito al fabbricante di proporre usi del dispositivo diversi da quelli dichiarati parte della destinazione d’uso per cui è stata svolta la valutazione della conformità. Si invitano i fabbricanti a tener in particolare riguardo detto articolo in vista delle future disposizioni sanzionatorie ad esso riferite, che saranno stabilite da ogni Stato Membro.
Addirittura, all’Allegato XIV, Parte B, punto 6.1(e) relativo alla fase di follow-up clinico post-commercializzazione, è fatto obbligo al fabbricante di identificare eventuali usi scorretti o usi off-label sistematici del dispositivo al fine di verificare la correttezza della destinazione d’uso. Tale verifica non implica e non presuppone la libertà dell’operatore di stabilire autonomamente l’uso del dispositivo, bensì si riferisce all’adeguatezza con cui il fabbricante ha riportato la destinazione d’uso in accordo ai dati clinici così come definiti, raccolti e valutati nell’ambito d’applicazione del RDM (v. punto 5 della stessa Parte B).
Ma nella pratica, gli operatori sanitari (medici) non hanno facoltà di fare uso off-label di un dispositivo medico? E’ possibile che il diritto nazionale riconosca o attribuisca specifiche prerogative a ordini professionali (medici). Tali disposizioni non riguardano più le lex specialis relative ai dispositivi medici, ma il contesto più ampio dato dal diritto e dall’autorità nazionale all’interno del quale l’operatore sanitario può comunque essere soggetto a rispondere delle sue decisioni. Questo lato della questione diventa più complicato, tortuoso, nonché dipendente dal paese e ovviamente dal caso specifico preso nella sua individualità.
Il messaggio deve essere chiaro: vanno separate le eventuali prerogative di specifiche tipologie professionali riconosciute a livello nazionale dagli obblighi degli operatori economici definiti nel contesto della normativa comunitaria in materia di dispositivi medici (fabbricanti, importatori, distributori). A questi ultimi non è concessa la libertà di proporre usi che potrebbero (anche solo) indurre l’utilizzatore o paziente in errore per quanto riguarda la destinazione d’uso, la sicurezza e le prestazioni del dispositivo.
Se l’operatore sanitario decidesse volontariamente di utilizzare un dispositivo diversamente dalle informazioni che il fabbricante o altri operatori economici hanno fornito (uso off-label), si esporrebbe alla contestazione di aver utilizzato un dispositivo medico non conforme al RDM e quindi virtualmente privo di marcatura CE.
Ciò non implica necessariamente o automaticamente una decisione sanzionatoria per l’operatore sanitario, ma certamente non costituisce un elemento a favore. Infatti, a proposito di scienza e coscienza, nella normalità dei casi i dispositivi medici sono prodotti ingegneristici più o meno complessi, per cui il fattore deterministico (causa-effetto) proprio delle leggi di natura alla base della meccanica, diminuisce e limita più che in altri contesti (sostanze medicinali) il peso relativo riconoscibile all’esperienza di campo (sia statistica o empirismo).
Se premendo il tasto di spegnimento il braccio meccanico inizia a roteare invece che spegnersi, è praticamente certo che il dispositivo sia rotto o mal funzionante più che aver scoperto una nuova funzione che possa aprire a nuove utilità del dispositivo. Il discorso vuole essere un consiglio più che un monito, atto a destare una maggiore consapevolezza e attenzione nell’uso dei dispositivi medici, nell’interesse degli operatori sanitari e in ultimo della comunità.