La Corte di Cassazione ha sancito che anche il titolare del mezzo di comunicazione che trasmette un messaggio pubblicitario relativo ad un dispositivo medico, in assenza della necessaria autorizzazione ministeriale, può essere ritenuto responsabile di illecito amministrativo, quanto la società che ha prodotto il dispositivo.
La sentenza, pubblicata il 7 maggio 2018, riguarda la pubblicità, attraverso televendita, di una pedana oscillante che vantava effetti benefici per la riabilitazione fisioterapica ed altre proprietà.
La Cassazione ha ribadito che, poiché la televendita di un dispositivo medico costituisce una comunicazione pubblicitaria subordinata ad autorizzazione da parte del Ministero della salute, la sua trasmissione, in assenza di tale approvazione, costituisce illecito amministrativo. In base a questo, la Corte ha pertanto sancito la responsabilità del direttore dell’emittente televisiva, oltre che del produttore del dispositivo.
Con questa pronuncia, la Cassazione ha ribaltato la sentenza con cui il Tribunale di Padova aveva ritenuto che il Testo Unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (DLgs n. 177/2005) prevedesse la responsabilità sui contenuti trasmessi solo in capo ai direttori dei telegiornali, e non riguardasse invece anche i responsabili di un canale televisivo.
Per esprimere la sua sentenza, la Corte si è avvalsa anche di due lontani precedenti, risalenti al tempo in cui la trasmissione di pubblicità di dispositivi medici senza autorizzazione costituiva un illecito penale. Nel verdetto la Corte affermò che la pubblicità non autorizzata è altresì imputabile al direttore di un giornale o all’amministratore di un’emittente radiotelevisiva, ribadendo quindi che tra i responsabili dell’illecito deve includersi il titolare stesso dello strumento di comunicazione attraverso cui è avvenuta la diffusione pubblicitaria al pubblico.
Tale soggetto è stato identificato dalla Corte nel “fornitore dei contenuti”, come definito dal DLgs n. 177/20051, ossia il “soggetto che ha la responsabilità editoriale nella predisposizione dei programmi televisivi […] e che è legittimato a svolgere le attività commerciali ed editoriali connesse alla diffusione delle immagini o dei suoni e dei relativi dati”. Dopo la modifica al Testo Unico apportata nel 2010, il “fornitore dei contenuti” è divenuto il “fornitore di servizi di media”: ciò, tuttavia, non cambia l’interpretazione della sentenza.
La definizione di “fornitore di servizi di media” corrisponde a quella del direttore responsabile del canale televisivo. Il ruolo di tale soggetto gli impone tra l’altro “di verificare che i contenuti pubblicitari diffusi non violino le norme […] poste a tutela dell’interesse alla correttezza delle informazioni pubblicitarie di prodotti in grado di incidere sulla salute collettiva”. Su tali basi, la Corte ha quindi sancito la responsabilità del direttore del canale televisivo.
Il principio su cui si basa tale sentenza è applicabile anche al caso di pubblicità non autorizzata a mezzo Internet? La pubblicità al pubblico di dispositivi medici, nonché di farmaci non soggetti a prescrizione, necessita dell’autorizzazione ministeriale (anche per silenzio-assenso), qualunque sia il mezzo utilizzato.
Applicando, quindi, i principi che si possono ricavare da questa pronuncia, si dovrebbe ritenere responsabile per un’eventuale pubblicità illecita il gestore del sito internet che ha trasmesso tale messaggio pubblicitario. Tale tesi non dovrebbe tuttavia valere per l’hosting provider. Quest’ultimo, in forza della generale esenzione di responsabilità stabilita dal decreto e-commerce (Art. 16, DLgs n. 70/2003)2, non ha obbligo di vigilanza e non risponde delle informazioni che ospita, se non nel caso in cui abbia acquisito effettiva conoscenza dell’illiceità delle stesse.
L’applicazione di questi principi può risultare semplice in alcuni casi. Ad esempio, il titolare di un sito Internet che ospita il banner pubblicitario di un dispositivo medico può chiedere evidenza che il messaggio pubblicitario sia stato autorizzato dal Ministero della salute. In altri casi, l’accertamento delle responsabilità può essere ben più complesso. Recentemente il dicastero ha aperto alla possibilità di pubblicizzare dispositivi e farmaci senza prescrizione sui social network (Facebook, YouTube e Instagram), ma il gestore della piattaforma social non esercita alcun controllo editoriale sui contenuti.
Questa sentenza rappresenta un segnale importante di responsabilizzazione degli operatori del settore radiotelevisivo ed informatico nei confronti dei messaggi pubblicitari trasmessi. Sarebbe quindi sempre opportuno, nei limiti del possibile, accertarsi che la pubblicità ospitata sia conforme ai requisiti di legge, soprattutto quando si tratta di “prodotti in grado di incidere sulla salute collettiva”.
1 Decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici. GU italiana n. 208, 7.9.2005 – Suppl. Ordinario n. 150
2 Decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70. Attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico. GU italiana n. 87, 14.4.2003 – Suppl. Ordinario n. 61