Nel corso degli ultimi anni è stata posta una crescente attenzione alla steatosi epatica ed al dismetabolismo dell’acido urico nel paziente in sovrappeso o francamente obeso in ragione della elevata prevalenza di queste condizioni e del loro importante impatto pro- gnostico. La steatosi epatica, anche nota con l’acronimo NAFLD (Non-Alcoholic Fatty Liver Disease), si riscontra in circa il 25% della popolazione adulta, con una frequenza che è circa doppia tra i soggetti obesi o diabetici (61). In un caso su tre la NAFLD evolve in Non-Alco- holic Steato Hepatitis (NASH), che a sua volta può evolvere verso la fibrosi e la cirrosi epa- tica (61). I pazienti con NAFLD presentano un rischio di morte superiore alla popolazione generale e le malattie cardiovascolari, insieme a quelle epatiche e neoplastiche, rappre- sentano la causa più frequente (61). La rilevanza prognostica delle malattie cardiovascolari nel paziente con NAFLD è da ricondurre alla sua stretta associazione con i principali fattori di rischio cardiovascolare (in primis la sindrome metabolica, della quale la steatosi è la ma- nifestazione epatica) e per i suoi rapporti con la malattia coronarica che sembrano indicare un ruolo autonomo della NAFLD stessa nella progressione dell’aterosclerosi, al di là della stretta associazione con i suddetti fattori di rischio cardiovascolare (61). Il dismetabolismo dell’acido urico rappresenta il potenziale trait-union tra eccedenza ponderale, NAFLD e malattie cardiovascolari in ragione del suo legame fisiopatologico bidirezionale con queste condizioni cliniche che può generare circuiti patogenetici di automantenimento e di pro- gressiva amplificazione (62,63). Un numero enorme di studi epidemiologici, sperimentali e clinici suggeriscono, infatti, il profondo coinvolgimento fisiopatologico dell’iperuricemia nella genesi di un ampio spettro di problematiche cardio-nefro-metaboliche che spaziano dall’insulino-resistenza al diabete mellito, dalla steatosi epatica all’ipertensione arteriosa, dalle patologie cardio- e cerebro-vascolari all’insufficienza renale (62,63).
Le modifiche dello stile di vita rappresentano le basi su cui poggia la gestione delle problematiche metaboliche connesse all’eccedenza ponderale (61,63) ma una crescente attenzione viene oggi rivolta al possibile ruolo dei nutraceutici nel trattamento della stea- tosi epatica e del dismetabolismo dell’acido urico
NUTRACEUTICI NELLA STEATOSI EPATICA
La silimarina, una miscela di sostanze antiossidanti (principalmente flavolignine e fla- vonoidi) estratte dal cardo mariano (Silybum marianum), si è dimostrata efficace nel miglio- rare la sensibilità insulinica e nel ridurre gli indici di citonecrosi epatocellulare nel paziente epatopatico, efficacia probabilmente riconducibile a diversi effetti favorevoli: antiossidante, antinfiammatorio, antiapoptotico, antifibrotico, coleretico ed eumetabolico (64, 66).
La vitamina E è stata spesso testata nei pazienti con NAFLD, sia da sola che in asso- ciazione con la silimarina (64,65,67). La sua efficacia antinfiammatoria è stata dimostrata usando dosi elevate di vitamina E che possono, tuttavia, esporre il paziente ad un possibile aumento del rischio di problematiche cardiovascolari. Per questo motivo la vitamina E viene comunemente utilizzata a dosaggi più bassi, meno efficaci ma più sicuri, in genere in asso- ciazione con altri prodotti efficaci nella NAFLD (64,65).
L’astaxantina, un carotenoide di origine marina di colore rosso porpora, molto stabile,
con attività antiossidante in vitro estremamente più potente dei più comuni antiossidanti naturali, quali le vitamine A, E e C, il licopene ed il resveratrolo) rappresenta una possibile alternativa alla vitamina E (64,68). Negli studi preclinici l’astaxantina si è dimostrata più ef- ficace della vitamina E nel ridurre la lipogenesi, la resistenza insulinica, la flogosi epatica e la fibrogenesi e potrebbe rappresentare, quindi, l’antiossidante naturale ideale per la pre- venzione del danno epatico nella NAFLD (64). Attualmente non sono, tuttavia, ancora di- sponibili evidenze di efficacia nell’uomo.
Il coenzima Q10 è un altro antiossidante di cui è stato suggerito un effetto epato- protettivo nella NAFLD (64,69). Il coenzima Q10 presenta un elevato profilo di sicurezza senza interazioni rilevanti con altre molecole.
Un deficit di vitamina D è di riscontro piuttosto frequente nei pazienti con NAFLD, evidenza che sembra suggerirne da un lato un possibile coinvolgimento fisiopatologico e dell’altro la possibilità di influenzare favorevolmente il decorso della NAFLD correggendo l’eventuale carenza di questa vitamina (64,70). Invero, la capacità di vitamina D di migliorare la sensibilità insulinica, di ridurre l’infiammazione a livello del tessuto adiposo e del fegato e la fibrosi epatica fornisce un supporto biologico all’evidenza di un miglioramento degli indici di citonecrosi epatica in corso di supplementazione di vitamina D (4,71).
Gli acidi grassi polinsaturi della serie omega-3, principalmente rappresentati dal- l’acido eicosapentaenoico (EPA) e docosaesaenoico (DHA), sembrano poter influenzare favorevolmente il decorso delle NAFLD, soprattutto in ragione della loro efficacia ipotri- gliceridemizzante ed antinfiammatoria (64,65,72).
La berberina è dotata di documentati effetti ipocolesterelomizzante ed insulino-sen- sibilizzante che possono giustificare alcune evidenze preliminari di una riduzione degli indici citonecrosi nei pazienti con steatosi epatica (64,73).
La curcumina, ben noto agente insulino-sensibilizzante estratto dalla Curcuma longa, è stata associata ad un significativo miglioramento dei parametri biochimici nella NAFLD nel corso di numerosi studi preclinici e di alcuni preliminari studi di intervento (64, 74). Ana- loghe evidenze sono disponibili anche per il resveratrolo, composto fenolico non flavonoico particolarmente concentrato nella buccia d’uva, caratterizzato da potenti effetti antiossi- dante, vaso-protettivo ed insulino-sensibilizzante (64,65).
Un numero crescente di evidenze suggerisce che anche la supplementazione di pro- biotici possa influenzare favorevolmente alcuni aspetti fisiopatologici della NAFLD quali
l’insulino-resistenza, il grado di infiltrazione lipidica o i livelli transaminasemici (64,65). In- vero, i diversi studi sono stati condotti con differenti ceppi di probiotici e/o con diverse combinazioni, cosa che rende difficile derivare specifiche indicazioni di supplementazione, anche se i risultati di alcuni studi condotti con L. bulgaris e S. thermophilus sembrano piut- tosto promettenti (75).
Le evidenze attualmente disponibili suggeriscono, quindi, un interessante effetto epa- toprotettivo per alcuni nutraceutici ed il loro uso potrebbe essere considerato in associa- zione con le modifiche dello stile di vita nei pazienti con steatosi epatica. Un potenziale limite nel loro utilizzo è rappresentato dalla ridotta biodisponibilità dopo somministrazione orale di alcuni nutraceutici, quali la silimarina, la berberina, il coenzima Q10 o la curcumina, anche se l’uso di specifiche formulazioni e di dosaggi adeguati consente comunque di rag- giungere concentrazioni circolanti efficaci.
NUTRACEUTICI E DISMETABOLISMO DELL’ACIDO URICO
La vitamina C è uno dei principi nutrizionali che sembra maggiormente influenzare il metabolismo dell’acido urico grazie alla sua capacità di aumentarne la frazione di escre- zione, probabilmente per una inibizione competitiva del sistema di scambio anionico a li- vello del tubulo prossimale del nefrone (76,77). La vitamina C può anche interferire con il riassorbimento di acido urico a livello dell’orletto a spazzola delle cellule del tubulo pros- simale agendo su specifici recettori quali URAT1 e il cotrasporto anionico sodio-dipendente SLC5A8/A12 (78).
La protezione del danno cellulare da stress ossidativo e, quindi, la riduzione della ge- nerazione di acido urico, è probabilmente alla base della riduzione dei livelli circolanti di acido urico osservata in corso di assunzione di olio di pesce, da solo o in associazione con la vitamina B12 (79) e dell’evidenza di una relazione inversa tra assunzione di zinco e di beta carotene con la dieta e livelli circolanti di acido urico (80). La capacità di alcuni pro- dotti imidazolici di modulare attività enzimatiche coinvolte nella glicogenolisi e nella glu- coenogenesi, i cui prodotti metabolici possono influenzare il convogliamento dell’acido urico nel ciclo glicolitico, potrebbe invece giustificare le evidenze di efficacia della sommi- nistrazione di un estratto di tonno ricco di composti imidazolici (L-istidina, carnosina ed anserina) nel ridurre i livelli circolanti di acido urico in soggetti iperuricemici non gottosi (81). Una significativa riduzione dell’uricemia è stata anche osservata, parallelamente ad un miglioramento del profilo lipidico, dopo assunzione di una combinazione di riso rosso fermentato, fitosteroli e L-tirosolo in pazienti con ipercolesterolemia poligenica non re-
sponsivi ad un approccio dietetico basato sulla dieta mediterranea (82). In linea con queste evidenze di efficacia ipouricemizzante di alcune complessi nutrizionali, nello studio Pilot, dou- ble blind, placebo-controlled, randomized study to assess the effects of a COmbination of Nutraceutics on serum Uric Acid concentration (PICONZ-UA Study), la combinazione fissa di campferolo (estratto secco di foglie di Ginkgo biloba), baicalina (estratto secco di radice di Scutellaria), rutina, acido clorogenico e caffeina (estratto secco di semi di caffè verde) ha determinato nell’intervallo di tempo di 2 mesi una significativa riduzione dei livelli circolanti di acido urico (83). I meccanismi biochimici sottesi alla riduzione dell’uricemia os- servata nello studio PICONZ-UA non sono del tutto noti ma è lecito ipotizzare un sinergi- smo tra le diverse molecole utilizzate. Il tè verde, ad esempio, si è dimostrato efficace nel ridurre i livelli circolanti di acido urico nell’animale da esperimento alimentato con una dieta ricca di fruttosio (84). La baicalina, sostanza dotata di una efficace capacità di sca- venging nei riguardi delle specie reattive dell’ossigeno, è in grado di ridurre il danno cel- lulare da acido urico e, quindi, la liberazione di substrati metabolici per la xantina ossidasi e parallelamente di ottenere un’ulteriore protezione nei riguardi della potenziale lesività vascolari di acido urico. Il campferolo è in grado di inibire l’attività della NADPH ossidasi (85), enzima profondamente coinvolto nella generazione di specie reattive dell’ossigeno, la cui attività viene stimolata da acido urico anche a concentrazioni solo ai limiti alti della norma (63). Questa combinazione di principi nutrizionali rappresenta un esempio elegante di sinergia protettiva che possono garantire i nutraceutici nel paziente con dismetabolismo dell’acido urico.
CONCLUSIONI
Iperuricemia e steatosi epatica rappresentano due problematiche cliniche di cre- scente rilevanza nel paziente con eccedenza ponderale in ragione della loro elevata pre- valenza e del loro importante impatto sulla salute di chi ne soffre. L’approccio terapeutico deve necessariamente basarsi sulla correzione dell’eccedenza ponderale attraverso modi- fiche adeguate dello stile di vita. I nutraceutici sembrano poter rappresentare un valido complemento terapeutico in ragione dei loro effetti favorevoli su queste alterazioni meta- boliche e, concomitantemente, della loro ben documentata efficacia nel migliorare la salute cardiovascolare (64,65)
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