Le malattie cardiovascolari rappresentano tuttora la principale causa di morte nei paesi con stile di vita occidentale (Gulizia MM et al, 2016) ed è stato ampiamente dimostrato come la presenza di elevati livelli circolanti di colesterolo contribuisca in modo determinante allo sviluppo e alla progressione di queste patologie.
Le terapie farmacologiche attualmente disponibili per il controllo dell’ipercolesterolemia, in particolare le statine, consentono di controllare efficacemente i livelli di colesterolo nel sangue in molti pazienti. Nonostante ciò, rimane comunque una quota di pazienti in cui il trattamento farmacologico non raggiunge i livelli di colesterolemia desiderati, che non tollera le terapie farmacologiche (Gulizia MM et al, 2016) o che, pur raggiungendo i livelli desiderati di colesterolemia, sviluppa patologie cardiovascolari su base aterosclerotica (rischio cardiovascolare residuo). Esiste anche una quota di soggetti che rifiuta il trattamento con questi farmaci.
Per questi pazienti, come per i soggetti in prevenzione primaria, con colesterolemia moderatamente elevata e rischio cardiovascolare ridotto, ma che necessitano di una gestione clinica dello stesso, la nutraceutica offre soluzioni che, se usate nel modo corretto, possono contribuire al controllo dell’ipercolesterolemia e del rischio cardiovascolare ad essa associato.
Intorno al mondo della nutraceutica, nonostante il crescente interesse da parte dei consumatori e delle aziende produttrici, permangono ancora numerosi aspetti non completamente chiariti, soprattutto nell’opinione del Medico. Questo può essere dovuto a vari fattori, quali la mancanza di informazioni dettagliate sui prodotti, sui loro effetti sia positivi che negativi, sulla solidità degli studi clinici, ma soprattutto riguardo alla parte normativa che regola la messa in commercio e al processo di autorizzazione dei claim salutistici.
Un aspetto centrale per un corretto utilizzo dei nutraceutici è la consapevolezza che il prodotto nutraceutico non va inteso come sostituto del farmaco, ma come vero e proprio supplement (concetto ancora non del tutto recepito nel nostro Paese), da associare al miglioramento degli stili di vita ed eventualmente da affiancare (“add-on therapy”) al programma terapeutico di prevenzione (in questo caso specifico metabolico-cardiovascolare). Lo stesso fatto che la maggior parte degli integratori alimentari siano proposti, come da normativa, nelle stesse forme farmaceutiche dei farmaci (capsule, compresse, granulare solubile…) crea una certa confusione nel consumatore che è indotto, talora, a considerare i prodotti nutraceutici dei veri e propri farmaci. Questi elementi, che possono avere un effetto fuorviante, non devono far pensare che l’integratore abbia necessariamente un ruolo fondamentale o primario nella terapia. È importante che il Medico che segue il paziente sia consapevole del corretto posizionamento dell’integratore nello schema terapeutico.
La persona che utilizza nutraceutici deve essere quindi indirizzata ad un uso corretto e consapevole degli stessi. Per questo è importante che gli operatori della salute, in primo luogo il Medico di Medicina Generale e il Farmacista, con i quali il paziente si interfaccia più spesso, siano a conoscenza non solo degli effetti (positivi e negativi) dei vari prodotti che hanno a disposizione, ma anche delle caratteristiche intrinseche che differenziano i nutraceutici dai farmaci, dei processi di produzione e degli aspetti regolatori (per valutarne la qualità), oltre che delle specifiche indicazioni di utilizzo e conservazione.
Un altro aspetto fondamentale per un utilizzo ottimale dei nutraceutici è, come anticipato, proprio la consapevolezza che questi prodotti sono diversi dai farmaci, pur avendo l’aspetto di una forma farmaceutica. Sia nelle loro caratteristiche chimico- fisiche che biologiche (basti pensare ai probiotici che sono organismi vivi), ma anche in relazione ai lori effetti salutistici nell’uomo, spesso diversi rispetto ai farmaci. Questo è un aspetto cruciale per quanto riguarda la valutazione dell’efficacia dei nutraceutici in relazione alla regolamentazione del loro utilizzo e alla sperimentazione clinica ad essi correlata.
Nonostante una certa variabilità nei risultati e la mancanza ancora di dati sul lungo termine, mirati a valutare end-point importanti (ad esempio, gli eventi cardiovascolari), evidenze scientifiche sempre più numerose stanno via via delineando con maggiore precisione le caratteristiche di efficacia di vari prodotti nutraceutici con presunta azione ipocolesterolemizzante.
A questo proposito è di recente pubblicazione il “Position Statement” della SID (Società Italiana di Diabetologia) e della SISA (Società Italiana per lo Studio della Arteriosclerosi) su “Nutraceutici per il trattamento dell’ipercolesterolemia” (http://www.siditalia.it/clinica/linee-guida-societari/send/80-linee-guida-documenti- societari/2604-position-statement-sid-sisa-nutraceutici-per-il-trattamento-dell- ipercolesterolemia) che ha preso in considerazione alcuni dei principali nutraceutici con presunta azione ipocolesterolemizzante (tra cui fibre, fitosteroli, riso rosso fermentato e berberina) valutandone i livelli di evidenza circa l’efficacia ipocolesterolemizzante dimostrata in studi di intervento nell’uomo.
Da sottolineare, inoltre, come negli ultimi anni sia aumentato l’interesse verso il microbiota intestinale e il legame tra la perdita di equilibrio di questo delicato ecosistema e molte condizioni patologiche umane, anche di tipo sistemico, tra cui le dislipidemie. Diversi studi hanno indagato la possibilità di modulare, per mezzo di probiotici, la microflora intestinale quale target per il controllo delle malattie cardiovascolari, con evidenze specifiche per alcuni ceppi di probiotici circa i benefici sulla colesterolemia totale e C-LDL.
Scopo della presente pubblicazione è quindi quello di fornire, a Medici e Farmacisti, una panoramica sui prodotti nutraceutici che vantano effetti documentati di riduzione dei livelli circolanti di colesterolo e spunti utili per migliorare, anche mediante questi prodotti, la gestione dell’ipercolesterolemia stessa, secondo un approccio interprofessionale di condivisione e collaborazione.
Proprio l’utilizzo di prodotti nutraceutici in questo ambito può infatti fornire una ulteriore possibilità di dialogo tra i vari professionisti della salute che, insieme, possono sfruttare appieno le potenzialità di questi prodotti.
4.1 Il nuovo interesse verso la nutraceutica
Nata dalla fusione dei termini “nutrizione” e “farmaceutica”, la parola nutraceutica definisce la scienza che indaga gli alimenti, o componenti di essi, con effetti benefici per la salute (De Felice S, 1989).
Fanno parte dei nutraceutici un gran numero di composti tra cui gli integratori alimentari e gli alimenti funzionali (arricchiti), così come i preparati a base di piante officinali (Gulizia MM et al, 2016), i probiotici e i prebiotici.
Per alcuni nutraceutici, l’EFSA (European Food Safety Authority), basandosi sulla letteratura scientifica e le evidenze disponibili, ha autorizzato specifiche indicazioni (i cosiddetti claim) nutrizionali e salutistiche, regolamentando così anche la comunicazione al pubblico (Marangoni F, 2016).
L’interesse verso i nutraceutici è aumentato nel corso degli ultimi anni sia da parte dei consumatori, che dimostrano un interesse sempre maggiore verso questa tipologia di prodotti, sia da parte delle aziende, disposte a investire sempre di più in questo settore. Anche le cosiddette big pharma stanno creando al loro interno divisioni dedicate ai prodotti nutraceutici, mentre si osserva la nascita di nuove start-up rivolte al mondo della nutraceutica (solo in Italia se ne contano oltre 1400) (Convegno Federsalus – Milano, luglio 2016).
Anche dal punto di vista scientifico vi è un accresciuto interesse verso i nutraceutici, sia alla classe nel suo complesso, sia ai presunti benefici di alcuni di essi sui livelli lipidici. In questo ambito, un particolare interesse è rivolto al ruolo determinante del microbiota intestinale (il complesso dei microrganismi intestinali) nella modulazione della salute a diversi livelli e come potenziale target anche nella gestione della colesterolemia.
4.2 Ipercolesterolemia e rischio cardiovascolare
Come già sottolineato, l’ipercolesterolemia è uno tra i principali fattori di rischio per le malattie cardiovascolari. La presenza di livelli elevati di colesterolo nel sangue si accompagna infatti a un aumento significativo di morbilità e mortalità cardiovascolare e numerosi studi hanno dimostrato una relazione lineare tra colesterolemia e rischio cardiovascolare (Gulizia MM et al, 2016; Position Statement SID-SISA, 2016).
I valori desiderabili delle varie frazioni lipidiche nella popolazione generale sono elencati in Tabella 1.
Le linee guida indicano la riduzione del C-LDL come uno degli interventi più importanti al fine di diminuire il rischio di eventi cardiovascolari (Gulizia MM et al, 2016). La riduzione del C-LDL si associa infatti ad una riduzione significativa del rischio di eventi cardiovascolari, sia in prevenzione primaria che secondaria (Position Statement SID- SISA, 2016).
In alcuni casi i livelli di colesterolo possono essere controllati con variazioni dello stile di vita (soprattutto alimentazione e attività fisica), in altri casi è invece necessario intervenire anche con appropriate terapie farmacologiche (Gulizia MM et al, 2016).
Gli interventi di riduzione dei livelli di colesterolo devono considerare sia il valore assoluto iniziale della colesterolemia, sia il livello di rischio cardiovascolare globale del paziente, stimato con specifici algoritmi o carte del rischio (Position Statement SID-SISA, 2016).
Oggi si hanno a disposizione diversi algoritmi per la valutazione del rischio globale, basati su studi osservazionali, tra questi quello statunitense di Framingham (D’Agostino RB, 2008; https://www.framinghamheartstudy.org/index.php), l’europeo SCORE (Systematic Coronary Risk Evaluation) (Conroy RM,2003; http://www.escardio.org) e le carte del rischio italiane del Progetto Cuore (Giampaoli S, 2007; http://www.cuore.iss.it).
Lo scopo delle carte del rischio (o dei relativi algoritmi) è quello di stimare la probabilità di andare incontro ad un evento cardiovascolare maggiore fatale e/o non fatale (infarto del miocardio, sindrome coronarica acuta, ictus) (Gulizia MM et al, 2016).
In particolare, l’algoritmo Cuore dell’Istituto Superiore della Sanità calcola la probabilità di essere colpiti da un primo evento fatale o non fatale coronarico o cerebrovascolare nei successivi 10 anni. È costruito sulla base di otto fattori di rischio (età, sesso, abitudine al fumo, diabete mellito, colesterolemia totale e HDL, pressione sistolica, terapia antipertensiva). È calcolabile negli individui di età compresa tra 35 e 69 anni esenti da precedente evento cardiovascolare. I soggetti sono così classificati: a rischio elevato (≥ 20%), a rischio moderato (tra il 3% e il 19,9%) e basso (< al 3%).
Lo SCORE dell’European Society of Cardiology considera tra i fattori di rischio l’età (40-65 anni), il sesso, il colesterolo totale, la pressione arteriosa sistolica e il fumo e calcola la probabilità di eventi cardiovascolari fatali a 10 anni, classificando i soggetti nelle seguenti classi di rischio: basso (< 1%), moderato (tra ≥ 1% e < 5%), alto (tra ≥ 5% e < 10%), molto alto (≥ 10%). I soggetti con dislipidemie familiari sono automaticamente classificati nella classe di rischio “alto”, mentre i soggetti che hanno già avuto un evento nella classe di rischio “molto alto” (Tabella 2).
Esistono delle tabelle di conversione del rischio Cuore-ISS → SCORE-ESC e viceversa (Tabella 3).
Bisogna comunque ricordare che il rischio cardiovascolare così calcolato può essere incrementato dalla presenza di ulteriori fattori di rischio (ad esempio, una elevata adiposità viscerale o la familiarità per eventi cardiovascolari precoci) o danni d’organo non inclusi negli algoritmi e di cui i clinici dovrebbero tenere conto.
I target del C-LDL, secondo le nuove Linee Guida ESC 2016 per la gestione delle dislipidemie, in base ai vari livelli di rischio cardiovascolare, sono elencati in Tabella 4.
Bisogna ricordare comunque che la riduzione del C-LDL, pur essendo di fondamentale importanza, non annulla completamente il rischio cardiovascolare del soggetto (rischio cardiovascolare residuo).
L’attuale nota 13 AIFA fa riferimento per il calcolo del rischio cardiovascolare allo SCORE ESC, anche se, nell’ambito del rischio “moderato”, differenzia tra rischio “medio” (SCORE 2-3%) e rischio “moderato” (SCORE 4-5%). I soggetti con rischio cardiovascolare = 1% sono allocati dunque nella categoria rischio “basso” invece che in quella con rischio “moderato”. Nei pazienti con rischio basso (SCORE 0-1%), la nota 13 non consente la rimborsabilità delle statine.
I target di colesterolo LDL in base al livello di rischio cardiovascolare ESC modificato secondo la nota 13 AIFA sono elencati in Tabella 5.
4.3 Principali nutraceutici ed effetti sulla colesterolemia
È ben noto come il primo approccio nella gestione della persona con ipercolesterolemia lieve o moderata sia il miglioramento degli stili di vita, con ottimizzazione della nutrizione, aumento della attività fisica e, ove presente, sospensione definitiva del fumo. Ciò va ovviamente mantenuto e consolidato nel tempo anche se vengono successivamente assunti farmaci o prodotti nutraceutici specifici.
I composti ad azione nutraceutica con attività ipocolesterolemizzante dimostrata o anche solamente ipotizzata, presenti sul mercato, sono numericamente in continuo aumento. La ricerca scientifica ha prodotto numerosi studi clinici e sperimentali sul tema, anche se talvolta i risultati ottenuti si sono mostrati contrastanti e, spesso, hanno evidenziato importanti limiti metodologici.
Con l’intento di migliorare la conoscenza di Medici e Farmacisti, alcuni documenti e articoli scientifici sono stati prodotti al riguardo (per un approfondimento, consultare: “Position Statement” della Società Italiana di Diabetologia e della Società Italiana per lo Studio dell’Arteriosclerosi su “Nutraceutici per il trattamento dell’ipercolesterolemia”, disponibile all’indirizzo http://www.siditalia.it/clinica/linee-guida-societari/send/80- linee-guida-documenti-societari/2604-position-statement-sid-sisa-nutraceutici-per-il- trattamento-dell-ipercolesterolemia; Mannarino MR, 2014).
Tra i nutraceutici con attività documentata in termini di controllo della colesterolemia, vi sono i prebiotici, le fibre, i fitosteroli e gli stanoli, l’estratto di riso rosso fermentato (Monascus purpureus) e la berberina (Tabella 6).
La niacina o vitamina PP è un altro composto con attività positive sul metabolismo lipidico, quali l’inibizione della lipolisi a livello del tessuto adiposo, la riduzione della disponibilità di acidi grassi per la sintesi epatica di trigliceridi e la diminuzione della velocità di sintesi delle VLDL, con riduzione di C-LDL.
Il coenzima Q10, spesso inserito in prodotti nutraceutici, è coinvolto nella produzione di energia come trasportatore di protoni ed elettroni tra complessi enzimatici mitocondriali, ha attività antiossidante e un possibile ruolo nel controllo della colesterolemia.
Sebbene una trattazione completa ed esaustiva della tematica non sia lo scopo di questo documento, si ricorda che una azione ipocolesterolemizzante di entità variabile, e non sempre confermata da tutti gli studi, è stata evidenziata per la soia e alcuni suoi derivati (isolati proteici), i policosanoli, l’astaxantina, e altri composti. Interessante, anche se non ancora completamente validata, è anche la possibilità di contrastare la formazione di LDL ossidate, e quindi più aterogene, mediante assunzione di composti antiossidanti.
Frequentemente i prodotti nutraceutici per il controllo della colesterolemia sono proposti come associazioni, in modo da sfruttare diversi meccanismi d’azione e combinare in modo additivo l’attività dei vari componenti. Alcuni di questi prodotti sono stati oggetto di studi clinici e meta-analisi (Ruscica M et al, 2014; Pirro M et al, 2016).
A questa serie di prodotti nutraceutici con azione ipocolesterolemizzante occorre aggiungere anche i probiotici, dato che alcuni studi con specifici ceppi di probiotici hanno dimostrato benefici per quanto riguarda i livelli lipidici circolanti. Ai probiotici, e più in generale al microbiota intestinale, vengono dedicate alcune delle successive sezioni
Sintesi del colesterolo
La quantità di colesterolo presente nell’organismo deriva per la maggior parte dalla sua biosintesi, che avviene principalmente all’interno delle cellule epatiche, e in minor misura dalla dieta, con assorbimento a livello intestinale.
La sintesi del colesterolo segue la via metabolica dell’acido mevalonico con sintesi del colesterolo a partire dall’acetilcoenzima A (acetil-CoA) e in cui interviene un importante enzima, la idrossi-metil-glutaril-CoA riduttasi (HMG- CoA riduttasi).
Questo enzima ha un ruolo fondamentale nella regolazione della sintesi del colesterolo, sia a livello fisiologico (è inibita da concentrazioni sufficientemente elevate di colesterolo intracellulare, oltre che da alcuni ormoni) sia a livello terapeutico (è il target d’azione, ad esempio, delle statine). Figura 1
PROBIOTICI E COLESTEROLEMIA
Anche se i benefici per la salute dei prodotti alimentari a base di latte fermentato sono noti da molto tempo, l’interesse verso i probiotici è decisamente aumentato negli ultimi anni (Thusara RM, 2016).
Lo studio della complessa organizzazione dell’ecosistema intestinale e, in particolare, il legame tra l’equilibrio del microbiota intestinale e diverse patologie umane ha infatti suscitato negli ultimi tempi un notevole interesse da parte dei ricercatori.
È risaputo che l’equilibrio del microbiota intestinale, condizione definita con il termine eubiosi, è molto importante per il benessere dell’organismo. Molte condizioni possono però alterare questo equilibrio determinando una condizione definita disbiosi. Questa perdita di equilibrio determina diversi svantaggi ed è correlabile ad un determinato numero di patologie, sia intestinali, sia extra- intestinali, sia, addirittura, sistemiche.
Pertanto la modulazione del microbiota intestinale come strategia di prevenzione o di supporto nel trattamento di alcune malattie è oggigiorno uno dei campi di ricerca che raccoglie il maggiore interesse. Dati emergenti suggeriscono che la modulazione della flora intestinale con probiotici potrebbe offrire nuove possibilità di profilassi e/o supporto al trattamento per alcune malattie (Thusara RM, 2016), anche in ambito cardiovascolare e metabolico. In particolare, vari studi clinici e sperimentali hanno valutato l’effetto di diversi ceppi probiotici sul controllo dell’ipercolesterolemia.
I probiotici possono essere ingredienti di integratori alimentari e sono costituiti da microrganismi vivi che, se assunti in quantità adeguate, favoriscono l’equilibrio del microbiota intestinale (Linee guida su probiotici e prebiotici. Ministero della Salute, 2013).
5.1. L’ecosistema intestinale e il microbiota intestinale
L’ecosistema intestinale
L’ecosistema intestinale è un sistema molto complesso che svolge numerose funzioni.
È costituito da 2 elementi principali (Figura 2):
a. la BARRIERA INTESTINALE, formata a sua volta, dal punto di vista funzionale, da 3 elementi: la MUCOSA INTESTINALE, il SISTEMA IMMUNITARIO INTESTINALE (o GALT) e il MICROBIOTA INTESTINALE
b. il SISTEMA NERVOSO INTESTINALE (o “SECONDO CERVELLO”)
Figura 2 – ECOSISTEMA INTESTINALE
a.BARRIERA INTESTINALE. Costituita da:
- MUCOSA INTESTINALE è la più vasta interfaccia di scambio dell’organismo con il mondo esterno, con una superficie che, nell’individuo adulto, misura circa 250-400 m2 (Aureli P et , 2013). Insieme al muco, costituisce la cosiddetta “barriera mucosa”, importante organo di difesa.
- SISTEMA IMMUNITARIO INTESTINALE (GALT), struttura complessa e articolata in grado di far fronte all’imponente quantità di antigeni alimentari e microbici con cui la mucosa viene in contatto. Costituisce circa il 70% del sistema immunitario dell’intero or
- MICROBIOTA INTESTINALE chiamato anche microflora intestinale, è composto da un’ampia popolazione microbica (batterica e micotica) che svolge diverse funzioni ed è in grado di influenzare lo stato di salute dell’ospi
b. SISTEMA NERVOSO INTESTINALE (o “SECONDO CERVELLO”)
parte di sistema nervoso ereditato da forme primordiali e conservato a livello intestinale, collegato strettamente sia con la barriera intestinale che con il primo cervello tramite una doppia via (Gershon MD, 1999; Konturek PC, 2011). Esso produce una serie di mediatori quali quali serotonina (il 90% della produzione totale dell’organismo) e acetilcolina. È costituito da circa 500 milioni di neuroni mentre il cervello ne contiene circa 80 miliardi.
Il microbiota intestinale è una struttura talmente complessa che bisognerebbe considerarlo come un vero e proprio metaorgano. È anche la componente della barriera intestinale più dinamica e difficile da indagare.
Il microbiota intestinale è un ecosistema formato da diverse comunità microbiche, in prevalenza batteriche, ma anche micotiche, in equilibrio, costituite da numerose specie e da un’innumerevole quantità di ceppi (Jones BV et al, 2010; Kurokawa K et al, 2007; Gill SR et al, 2006) [1014 unità formanti colonie (UFC), 1.200 specie presenti complessivamente nel genere umano, 400-450 specie nel singolo individuo].
La distribuzione dei microrganismi che compongono il microbiota intestinale non è omogenea lungo l’apparato digerente, come si può osservare in Tabella 7
Il colon rappresenta la sede in cui avviene la maggior parte delle attività del microbiota, ma è anche la zona dove colonizzano le specie potenzialmente più pericolose.
La composizione del microbiota intestinale è variegata e dinamica, cambia da individuo a individuo e, nello stesso individuo, tende a modificarsi nel tempo, malgrado il tentativo di mantenere la microflora intestinale in un equilibro costante.
Il microbiota di ogni individuo è comunque caratteristico, si dice che possieda una propria “impronta digitale batterica”, anche se non costante al 100%; una specie di “carta di identità” che lo differenzia dal microbiota di tutti gli altri individui. Esiste però un “core” costituito da circa 60 specie batteriche comune in tutti gli individui (Aureli et al., 2013).
In generale nel microbiota si possono distinguere tre categorie di microrganismi:
- i microrganismi benefici quali Lactobacilli, Bifidobatteri, Eubacteria, Saccharomyces Boulardii
- i microrganismi indifferenti (i più numerosi, il cui ruolo, seppur ancora poco conosciuto, è importante per mantenere in equilibrio il microbiota) quali Streptococchi, E. Coli, Bacteroides
- i microrganismi potenzialmente patogeni (normalmente innocui grazie alla presenza degli altri generi di microrganismi) quali Stafilococchi, Clostridi, Proteus, Pseudomonas (Sears Cl, 2005).
Se questi microrganismi sono in equilibrio (condizione che, come abbiamo già detto, viene definita eubiosi) contribuiscono in modo significativo allo stato di salute dell’ospite, sia a livello di protezione da agenti esterni che di attività metaboliche ed enzimatiche.
Tra le numerose funzioni svolte dal microbiota vi sono:
- la protezione da batteri patogeni (partecipazione barriera mucosa)
- la competizione con altre forme microbiche per i nutrienti e per l’adesione alle proteine dell’ospite (collagene, fibrinogeno…)
- la secrezione di batteriocine (sostanze ad attività battericida)
- l’azione favorente la digestione e l’assorbimento di nutrienti
- la fermentazione di carboidrati e la sintesi di acidi grassi a catena corta
- la degradazione di xenobiotici
- la sintesi di vitamine (gruppo B e vitamina K)
- la stimolazione e modulazione del GALT (sistema immunitario intestinale) (Cummings JH et al, 1997; Resta SC, 2008; Tsuji M et al, 2008).
Quando l’equilibrio del microbiota viene perso si parla invece di disbiosi; in questo caso si ha un’alterazione della composizione del microbiota intestinale sia in senso qualitativo che quantitativo con un’eccessiva presenza di forme patogene abituali o di altre forme che normalmente non fanno parte del microbiota, quali Candida albicans, Lamblia, batteri o virus.
Diversi sono gli eventi che possono portare a disbiosi, tra questi riconosciamo cause alimentari, microbiche e iatrogene:
- infezioni e infestazioni
- antibiotico terapia
- immunosoppressori, anticoagulanti orali, inibitori di pompa protonica, corticoterapia prolungata et
- dieta incongrua, che modifica il pH, e intolleranze alimentari
- alterazioni della risposta immunit
La disbiosi può essere distinta in disbiosi acuta (es. quella legata all’uso di antibiotici o ad infezioni microbiche acute) e in disbiosi cronica; ma anche in disbiosi carenziale (con riduzione di bifidi e lattici), in disbiosi fermentativa (sostenuta dalla maldigestione dei carboidrati), in disbiosi putrefattiva (quando il problema è a carico delle proteine), da sensibilizzazione (anomala risposta immunitaria verso i componenti fisiologici del microbiota) e in disbiosi micotica (sostenuta dalla Candida, sempre più frequente).
Questa alterazione dell’equilibrio del microbiota ha diversi effetti negativi, tra cui:
- l’aumento di permeabilità della barriera della mucosa
- un netto incremento del passaggio di antigeni sensibilizzanti e germi
- la riduzione della quota di lactobacilli e bifidobatteri produttori di lattasi e di enzimi vari
- una ridotta modulazione del GALT e attivazione del MALT (sistema immunitario associato alle mucose)
- la mancata sintesi di vitamine e acidi grassi a catena cort
Ma soprattutto, quello che si viene a creare in caso di perdita dell’equilibrio del microbiota intestinale è un’infiammazione silente di basso livello (low grade inflammation) che nel tempo si può diffondere a livello sistemico e avere un ruolo nello sviluppo di diversi stati di malattia (Nagpal R et al, 2016).
Come anticipato, infatti, condizioni di disbiosi sembrano essere correlate non solo a disordini intestinali, ma anche a disordini extra-intestinali (quali la sindrome metabolica, le malattie cardiovascolari e l’obesità) (Thusara, 2016).
Per correggere le disbiosi, i principali tipi di intervento sono tre: la correzione degli errori nella dieta, l’eradicazione dell’eventuale infezione/infestazione e soprattutto il ripristino dell’equilibrio del microbiota intestinale attraverso l’uso appropriato di probiotici.
5.2 I probiotici
La storia dei probiotici ha inizio con il biologo russo Ilya Ilych Metchnikoff (1845-1916) e le sue osservazioni sulla longevità delle popolazioni caucasiche. Tali popolazioni godevano di una vita media piuttosto lunga e Metchnikoff evidenziò la causa nella dieta particolarmente ricca di fermenti lattici (Metchnikoff, 1907).
Il termine “probiotico” (letteralmente “a favore della vita”) fu introdotto per la prima volta nel 1965 da Lilly e Stillwell (Lilly and Stillwell, 1965) e nel tempo ha assunto significati differenti (Tabella 8) (Capurso L, 2015; Morelli L. , 2016).
La definizione di probiotico che viene attualmente riconosciuta a livello internazionale è quella fornita dalla FAO e dall’OMS nel 2001 (FAO/OMS, 2001): “Live microorganisms which when administered in adequate amounts confer a health benefit on the host”.
E nel 2005 anche il Ministero della Salute ha fornito una definizione relativa ai probiotici in linea con tale definizione: “Microrganismi vivi che si dimostrano in grado, una volta ingeriti in adeguate quantità, di esercitare funzioni benefiche per l’organismo”.
I prebiotici sono invece fibre alimentari insolubili che, quando somministrate in quantità adeguata, favoriscono selettivamente la crescita l’attività di uno o più batteri già presenti nel tratto gastrointestinale o assunti contestualmente al prebiotico.
Come sottolineato nella recente Review Scientifica sull’Integrazione Alimentare, realizzata per INTEGRATORI ITALIA – AIIPA (Review Scientifica sull’Integrazione Alimentare: stato dell’arte alla luce delle evidenze scientifiche. Edra, 2016), analizzando le definizioni date al termine probiotico nel tempo (Tabella 8) si può osservare come da una definizione iniziale più vicina alle cosiddette sostanze ad azione prebiotica, si è andati verso una definizione incentrata maggiormente sui microrganismi (necessariamente vivi e vitali), consumati in adeguata quantità.
Oggi si possono quindi identificare per i probiotici le seguenti caratteristiche:
- i microrganismi devono essere vivi e vitali al momento dell’uso
- per essere efficaci devono essere consumati in adeguata quantità
- il loro utilizzo deve associarsi a benefici per la salut
Come anticipato, l’interesse verso i probiotici è notevolmente aumentato, anche da parte dei ricercatori.
I benefici dei probiotici riportati in letteratura (World Gastroenterology Organisation, 2011) sono molteplici e, in relazione alla già citata complessità dell’ecosistema intestinale, interessano non soltanto patologie dell’apparato digerente ma anche malattie a livello sistemico.
Tra le patologie correlabili all’alterazione del microbiota intestinale e che possono beneficiare dell’assunzione di probiotici, vi sono:
- la diarrea da antibiotico terapia, anche da C. difficile (Szymansky H et al, 2006)
- le diarree microbiche (rotavirus) (Oberhelman R et al, 1999)
- la leaky gut syndrome (o sindrome da alterata permeabilità intestinale)
- la sindrome da intestino irritabile (IBS)
- la dispepsia
- le coliti infiammatorie (IBD)
- le gastriti da Helicobacter pylori ma anche:
- le flogosi recidivanti delle prime vie aeree e delle vie urinarie (Zuccotti GV et al, 2008)
- l’atopia: eczema (Meneghin F et al, 2012)
- la candidosi vaginali ricorrenti
- alcune alterazioni metaboliche (es. l’ipercolesterolemia) (Thushara RM, 2016).
In questo contesto occorre sottolineare come gli effetti dei probiotici siano “ceppo specifici”, ovvero non si possono trasferire ad altri microrganismi della stessa specie o dello stesso genere.
Concludendo, possiamo ricordare le caratteristiche fondamentali che deve avere un probiotico:
- provenienza intestinale umana
- precisa classificazione tassonomica
- assenza di patogenicità o tossicità
- assenza di antibiotico-resistenza trasmissibile
- resistenza ai succhi gastrici e ai sali biliari
- adesione alle cellule epiteliali intestinali e colonizzazione
- produzione di sostanze in grado di contrastare i patogeni
- vitalità durante il periodo di conservazione
- adeguata quantità di Unità Formanti Colonie (UFC).
Esistono anche alcune criticità. Bisogna infatti tener presente che il probiotico è un integratore alimentare con caratteristiche uniche: non è una molecola bensì un microrganismo vivente che deve rimanere tale lungo tutta la filiera produttiva, il periodo di shelf life e giungere ancora vitale nell’intestino dopo la sua assunzione.
La maggior parte dei probiotici vengono normalmente liofilizzati per la conservazione e per garantire la loro sopravvivenza fino alla scadenza del prodotto. Il contatto con l’acqua, sotto forma di umidità nelle sue diverse forme, riattiva il ciclo biologico dei microrganismi riducendone notevolmente la sopravvivenza. Anche il contatto con l’ossigeno procura danni notevoli per la conservazione e la vitalità, per questo, sia durante la produzione sia durante la conservazione, é utilizzato l’azoto al fine di ovviare a questo problema. Un altro elemento fondamentale è il controllo della temperatura, che non deve superare i 25°C.
Probiotici e EFSA (European Food Safety Authority)
Per molte categorie di nutraceutici non esistono, ad oggi, claims specifici autorizzati dall’EFSA, organismo europeo sovranazionale, in rapporto ad indicazioni selettive.
Anche per quanto riguarda i probiotici, tutt’oggi manca un claim specifico relativo ai potenziali benefici sui livelli in eccesso di colesterolo, in quanto studi multicentrici specifici e dedicati non sono ancora terminati o si trovano tuttora in fase iniziale.
Occorre pertanto considerare, in generale, che il cosiddetto claim può essere definito ed approvato anche, e soprattutto, in una fase di “maturità” dello specifico nutraceutico. Questo anche in virtù del fatto che, agli integratori alimentari, si applicano molte normative comunitarie in materia di sicurezza dei prodotti e di informazione ai consumatori, armonizzate a livello dell’Unione Europea (UE), ma si applica anche una normativa nazionale specifica, diversa da Paese a Paese.
In alcuni casi, a seconda dello specifico Stato nazionale, si è creata un’elevata eterogeneità per alcune categorie di integratori che rende difficile assegnare claims validi per tutti i Paesi dell’UE e questo costituisce un ulteriore fattore di complicazione che contribuisce a creare tempi d’attesa (per i claim) molto lunghi.
Tornando nello specifico ai probiotici, l’EFSA ha comunque fornito alcune indicazioni riguardanti:
- i criteri per lo status di Presunzione Qualificata di Sicurezza (QPS) per i ceppi probiotici: assenza di resistenza trasmissibile agli antibiotici ad uso umano e veterinario e assenza di virulenza (EFSA, 2011)
- la quantità minima di UFC di probiotico contenuto negli integratori alimentari, stabilendo che debba essere pari almeno ad 1 miliardo di UFC, per dose giornaliera, per almeno 1 ceppo
5.3 Evidenze su efficacia e sicurezza dei probiotici nel mantenimento di una colesterolemia normale
Come già sottolineato, le condizioni del microbiota intestinale hanno un impatto significativo sulla salute dell’uomo. Recenti evidenze, in particolare, hanno suggerito che una perdita di equilibrio di questo sistema può associarsi alla presenza di patologie cardiovascolari e metaboliche sistemiche (Yoo JY et al, 2016). Inoltre, diversi studi hanno indagato la possibilità di modulare, per mezzo di probiotici, la microflora intestinale quale target per la prevenzione delle malattie cardiovascolari (Thushara RM et al, 2016).
In ambito cardiovascolare e metabolico, si pensa che i probiotici possano intervenire in modo favorevole a diversi livelli: agendo sull’ipercolesterolemia, sull’ipertensione arteriosa, sul diabete mellito di tipo 2 e sull’obesità (Figura 3).
Studi clinici con probiotici in soggetti con colesterolemia normale o moderatamente elevata
Vari studi clinici e sperimentali hanno valutato l’effetto di vari ceppi probiotici sui livelli di colesterolemia.
Studi sperimentali in modelli animali hanno dimostrato, ad esempio, l’efficacia di diversi batteri lattici, tra cui il Bifidobacterium Longum BB536, nella riduzione dei livelli di colesterolemia (Al-Sheraji SH et al, 2015).
La sperimentazione clinica dei probiotici, in questo ambito, comprende ad oggi una serie di studi, anche di buona qualità (studi randomizzati, doppio cieco, controllati con placebo), che hanno valutato l’effetto sul profilo lipidico di uno o più ceppi probiotici, prevalentemente inseriti in una matrice alimentare (latte fermentato o yogurt in quantità totale di 300-400 ml/die), a volte anche in associazione con prebiotici in soggetti con colesterolemia nella norma o moderatamente elevata. La durata dell’intervento era tra le 3 e le 8 settimane (Agerholm-Larsen L et al, 2000), se si esclude uno studio a lungo termine (6 mesi) (Kiessling G et al, 2002).
Da notare come spesso l’entità della riduzione della colesterolemia totale e del C-LDL sia proporzionale ai valori di base, quindi con una maggiore riduzione percentuale nei soggetti con valori relativamente elevati di colesterolemia, rispetto ai soggetti normocolesterolemici (effetto “baseline”).
In sintesi, i risultati degli studi clinici con probiotici (a volte in associazione con prebiotici) sono piuttosto variabili:
- colesterolo totale: riduzione 0 – 5,4%
- C-LDL: riduzione 0 – 8,4/16%
- C-HDL: invariato o aumentato significativament
Da notare, inoltre, come spesso l’assenza di riduzione di colesterolo totale e C-LDL veniva osservata soprattutto quando venivano studiati soggetti con colesterolemia basale normale (Schaafsma G et al, 1998; Kiessling G et al, 2002; Sadrzadeh-Yeganeh H et al, 2010).
In uno studio clinico in donne con colesterolemia normale o moderatamente elevata, che ha usato come trattamento attivo latte fermentato con Lactobacillus acidophilus e Bifidobacterium longum BB536, il C-LDL si è ridotto del 16% solo nelle donne con ipercolesterolemia (Andrade S, et al 2009).
Una recente metanalisi (Shimizu M et al, 2015), basata su 8-11 studi (in base ai biomarcatori valutati), ha concluso che l’assunzione di probiotici specifici ha un effetto vantaggioso per la colesterolemia totale e il C-LDL, un effetto neutro per il C-HDL e i trigliceridi e un effetto differente in relazione ai vari ceppi utilizzati.
Meccanismi d’azione
Per quanto riguarda l’effetto ipocolesterolemizzante dei probiotici, è possibile individuare almeno tre principali meccanismi d’azione (Thushara RM et al, 2016):
- l’effetto sul metabolismo dei sali biliari [deconiugazione da parte della idrolasi per i sali biliari (BSH, bile-salt hydrolase)]
- la produzione di acidi grassi a corta catena (SCFA, short chain fatty acids)
- l’assimilazione del colesterolo da parte della membrana cellulare batteric
La deconiugazione enzimatica degli acidi biliari da parte della BSH è stata proposta come un importante meccanismo molecolare efficace nella riduzione della colesterolemia (Yoo JY et al, 2016) (Figura 4).
La bile è composta da acidi biliari coniugati, colesterolo, fosfolipidi, pigmento biliare ed elettroliti. È sintetizzata nel fegato ed è conservata a concentrazioni elevate nella cistifellea. Dopo l’assunzione di cibo essa viene rilasciata nel duodeno. La bile funziona come un detergente biologico che emulsiona e solubilizza i lipidi per la digestione. La BSH catalizza l’idrolisi degli acidi biliari primari coniugati alla glicina o alla taurina, generando acidi biliari non coniugati, che sono meno solubili e riassorbiti in modo meno efficiente rispetto ai coniugati, e sono eliminati con le feci. La deconiugazione dei sali biliari può portare a una riduzione della colesterolemia, sia aumentando l’utilizzo del colesterolo per la sintesi de novo di acidi biliari, per sostituire quelli eliminati con le feci, sia riducendo la solubilità del colesterolo stesso e, quindi, il suo assorbimento nel lume intestinale.
Per quanto riguarda l’azione degli acidi grassi a corta catena prodotti dal microbiota intestinale, si pensa che il loro aumentato afflusso al fegato possa portare a un miglioramento di sintesi dei trigliceridi e a una diminuzione della espressione intestinale di angiopoietin-like 4 (ANGPTL4), che è anche un inibitore della lipasi lipoproteica, che a sua volta promuove la rimozione dei lipidi.
Prospettive future
Gli studi clinici sinora condotti con probiotici per il controllo della colesterolemia confermano la possibilità di controllare almeno in parte livelli moderatamente elevati di colesterolemia, anche se presentano alcune criticità che potranno essere affrontate in studi clinici futuri:
- l’utilizzo di quantità piuttosto elevate di yogurt o latte fermentato (300-450 g/die) (aspetto poco riproducibile nella vita reale)
- l’utilizzo concomitante, in alcuni studi, di prebiotici, aspetto che li rende poco comparabili con gli studi utilizzanti solo probiotici
- l’arruolamento anche di soggetti con livelli nella norma di colesterolo (quindi di soggetti generalmente a basso rischio, con un effetto, di conseguenza, meno evidente o nullo per il cosiddetto “effetto baseline”, secondo cui più alto è il colesterolo al basale, più elevato sarà l’effetto del principio attivo somministrato).
- la durata spesso limitata dell’intervento nutraceutico
- la valutazione della interazione tra probiotici e microbiota intestinale del soggett Vari studi clinici sono attualmente in corso a livello mondiale e il sito
“https://clinicaltrials.gov”, che riporta tutti gli studi registrati, permette di evidenziarne almeno una ventina. Tra questi appare interessante anche uno studio su “Efficacy of a Red Yeast Rice Based Nutraceutical Plus Probiotic in Patients With Moderate Hypercholesterolemia”, che valuta gli effetti della associazione di un ceppo probiotico (Bifidobacterium longum BB536®) ad altre componenti nutraceutiche (riso rosso fermentato, niacina e coenzima Q10), in una forma farmaceutica (granulare solubile), contenuta in una busta suddivisa in due camere che consente al probiotico di non interagire con gli altri componenti. Ci si attende che studi di qualità, condotti con probiotici preparati in forme farmaceutiche, possano permettere di superare i limiti intrinseci dell’uso di matrici alimentari (latte fermentato, yogurt), poco utilizzabili in grande quantità nella vita reale, fornendo solide informazioni sulla sicurezza e sull’efficacia dei probiotici nel controllo della colesterolemia.
5.4 Associazione di probiotici e altri nutraceutici per il controllo dei livelli circolanti di colesterolo: razionale e prospettive
L’effetto sui livelli circolanti di colesterolo riportato dalle evidenze scientifiche per alcuni nutraceutici ha destato un considerevole interesse, stimolando lo sviluppo di preparati contenenti più composti attivi al fine di ottenere un maggiore effetto di riduzione della colesterolemia, soprattutto dei livelli di C-LDL (Position Statement SID-SISA, 2016).
Oltre che dalla possibilità di sfruttare eventuali effetti complementari dei singoli nutraceutici, l’ipotesi di utilizzare combinazioni di più nutraceutici nasce anche dall’esigenza di impiegare i nutraceutici alle dosi più basse possibili per cercare di mantenere l’efficacia garantendo la migliore tollerabilità (Position Statement SID-SISA, 2016).
Alriguardo,grazieancheavaristudirandomizzatiecontrollati,lavaliditàdeinutraceutici di combinazione nel settore delle dislipidemie è un dato consolidato. In generale, si osserva un effetto additivo dei composti associati in preparazioni nutraceutiche, mentre, ad oggi, non vi sono osservazioni che indichino un effetto sinergico in termini di efficacia ipocolesterolemizzante.
In conclusione, appare importante sottolineare come i prodotti nutraceutici di combinazione, se contengono un numero limitato di composti attivi, con efficacia comprovata e che agiscono tramite meccanismi diversi tra loro, rappresentino un approccio moderno e razionale nell’ambito della prevenzione cardiometabolica in pazienti a rischio lieve-moderato.
NUOVE PROSPETTIVE
6.1 Le opportunità offerte dalla nutraceutica
Per quanto vi siano raccomandazioni sufficientemente chiare circa la prescrizione di farmaci ipocolesterolemizzanti in base al livello di rischio cardiovascolare e al target di C-LDL desiderabile, nella pratica clinica quotidiana si presentano situazioni che potremmo definire “borderline” o “aree grigie” in cui quei farmaci non si possono (perché non è consentita la rimborsabilità), non si devono (per intolleranza/allergia) o non si vogliono (per desiderio del paziente) prescrivere.
Per esempio, la nota 13 AIFA, include i soggetti con rischio cardiovascolare = 1% nella categoria “rischio basso”, non permettendo per questi soggetti la rimborsabilità delle statine e dell’ezetimibe, mentre nelle linee guida ESC tali soggetti sono compresi nel gruppo “rischio moderato” ed è per loro indicato un target del C-LDL < 115 mg/dl.
Può succedere, inoltre, che il paziente rifiuti il trattamento con i classici farmaci ipocolesterolemizzanti in base alla convinzione (indotta da molti e incontrollabili fattori) che “sostanze naturali” siano meno dannose o più tollerate. In queste situazioni, escludendo i casi in cui, in ragione di un rischio cardiovascolare alto o molto alto (soprattutto in prevenzione secondaria), è necessario convincere ad assumere una statina potente, è ipotizzabile preferire o assecondare il desiderio del paziente piuttosto che rinunciare totalmente ad un trattamento ipocolesterolemizzante.
Esistono, infine, sempre più frequenti casi in cui i nutraceutici sono richiesti direttamente dal paziente al Farmacista, oppure è quest’ultimo che li consiglia, per cui è opportuno che il Medico di Medicina Generale, soprattutto, gestisca queste situazioni in modo proattivo, consapevole e collaborativo piuttosto che disinteressarsi della situazione.
I nutraceutici ipocolesterolemizzanti (in base alla loro diversa composizione) hanno un’accertata capacità di riduzione del C-LDL tra il 5% e il 25% (le statine tra il 10% e il 55%, l’ezetimibe non in associazione con statina tra il 15% e il 22%, mentre in associazione aggiunge un ulteriore +15-20%), anche se non hanno evidenze circa la riduzione degli eventi cardiovascolari e della mortalità.
6.2 Possibili indicazioni dei nutraceutici per il supporto al trattamento ipocolesterolemizzante
A questo punto è razionale chiedersi “Dove possiamo collocare i nutraceutici nella terapia ipocolesterolemizzante?”
Sulla base dei livelli di rischio cardiovascolare delle carte del Rischio ISS-Cuore e delle Linee Guida ESC e dei relativi target di C-LDL, i gruppi di pazienti cui è ipotizzabile la prescrizione di un nutraceutico ipocolesterolemizzante sono i seguenti:
- soggetti con ipercolesterolemia a rischio cardiovascolare “basso” (0-1% secondo la nota 13 – ESC) che non prevede la rimborsabilità per le statine-ezetimibe o a rischio cardiovascolare “basso-moderato” (< 20% secondo ISS-Cuore) senza indicazione all’uso delle statine-ezetimibe, ma che (oltre allo stile di vita) desiderano/richiedono un intervento aggiuntivo farmacologico e/o”naturale” per abbassare il colesterolo e il rischio cardiovascolare
- soggetti con ipercolesterolemia a rischio cardiovascolare “medio-moderato” (2-5% secondo ESC nota 13), che sono già in trattamento con una statina e/o ezetimibe (rimborsabili dal SSN secondo nota 13) e che non sono a target per il C-LDL nonostante una dose massima e tollerata
- soggetti a rischio cardiovascolare “alto” (> 5% per ESC, ≥ 20% per ISS-Cuore), già in trattamento con statine e/o ezetimibe ma non a target per il C-LDL nonostante una dose massima e tollerata
- soggetti con qualsiasi livello di rischio cardiovascolare che necessitano di terapia con statine, ma che non le tollerano e/o non le vogliono assumer
Nel caso in cui il nutraceutico dovesse essere utilizzato in add-on ad una statina si possono utilmente sfruttare i meccanismi di azione ipocolesterolemizzanti in molti casi diversi dalla inibizione dell’enzima idrossi-meti-glutaril-coenzimaA-reduttasi.
Si ricorda che nel rischio “alto” il valore target del C-LDL è <100 mg/dl (< 2,6 mmol/l) o una riduzione di almeno il 50% se il valore basale è tra 100 e 200 mg/dl (2,6 e 5,2 mmol/l), mentre nel rischio “moderato-basso” il valore target è <115 mg/dl (< 3,0 mmol/l).
In tutti questi casi si ribadisce l’importanza che il paziente richieda il consiglio del Medico curante, sia per il corretto posizionamento del nutraceutico nel trattamento dell’ipercolesterolemia, sia anche in relazione alla loro possibile interazione con altri farmaci e/o alimenti, e che qualsiasi prescrizione (farmaco o nutraceutico) di un trattamento ipocolesterolemizzante debba essere sempre accompagnata (e in certi casi anche preceduta) da uno stile di vita sano, che è quindi sempre da consigliare al paziente.
6.3 Aspetti da considerare
Molteplici sono gli aspetti da considerare in relazione ai nutraceutici sulla base dell’impatto che essi possono avere sull’efficacia e sulla tollerabilità di un prodotto nutraceutico, ma anche sulla motivazione alla prescrizione del Medico e/o al consiglio del Farmacista, nonché, non ultimo, alla motivazione all’impiego dell’utilizzatore.
Da sottolineare, in particolare, per il loro significato e l’impatto sull’efficacia e la sicurezza (Tabella 9):
- la differenza esistente fra un nutraceutico (es. un probiotico) e un farmaco: come abbiamo già sottolineato, i nutraceutici si differenziano dai farmaci sia nelle loro caratteristiche chimico-fisiche sia in quelle biologiche. Basti pensare ai probiotici che, essendo organismi vivi, hanno la capacità di moltiplicarsi
- la complessità d’azione dei nutraceutici, talora agenti non in qualità di singolo principio attivo, ma come fitocomplessi: contenenti più componenti attivi. Un fitocomplesso è un insieme di principi attivi e di sostanze inerti associate e l’effetto complessivo è dato dalla sinergia delle varie azioni relative ai singoli componenti
- i rischi legati all’acquisto senza prescrizione o controllo del Medico e/o del Farmacista, soprattutto su siti web non certificati e di qualità, senza che si conosca la provenienza dei prodotti o se siano rispettate le norme di buona formulazione, fabbricazione e conservazione
- l’efficacia dimostrata con studi appropriati
- la sicurezza del prodotto
- la qualità del prodotto
- il costo del prodotto e del trattamento
Vale sempre in generale l’assioma che “le buone informazioni generano buone decisioni” e questo vale in particolare per i nutraceutici, il cui numero ed il cui utilizzo è cresciuto in maniera esponenziale negli ultimi 3 anni.
PROFESSIONISTI SANITARI E LORO COLLABORAZIONE NELLA GESTIONE CONDIVISA DELLA IPERCOLESTEROLEMIA
Come anticipato, l’utilizzo di prodotti nutraceutici per la gestione dell’ipercolesterolemia in ambito di prevenzione cardiovascolare può fornire una ulteriore possibilità di dialogo e collaborazione tra i vari professionisti della salute, in particolare tra Farmacista e Medico di Medicina Generale, ma anche tra questi e il Medico Specialista.
Il punto cruciale di questa gestione condivisa del paziente ipercolesterolemico è proprio il riconoscimento dei vari ruoli, senza che vi sia una sovrapposizione né tantomeno una competizione, ma una collaborazione reciproca. Questo a partire già dalle analisi autodiagnostiche (esami del sangue capillare) che, oggigiorno, possono esser fatte anche in Farmacia, ma che non hanno di per sé finalità diagnostiche, bensì di screening o di controllo per il monitoraggio delle terapie, e che devono essere interpretate e gestite esclusivamente dal Medico. Fino al supporto dello Specialista che può, in questo contesto, avere un ruolo essenziale per definire meglio gli ambiti di utilizzo dei nutraceutici.
7.1 I diversi punti di vista
7.1.1 Farmacista
Negli ultimi anni si è osservata una vera trasformazione del mondo della Farmacia con una serie di servizi e attività che hanno arricchito l’offerta e le possibilità di intervento a livello della comunità. La Farmacia dei Servizi, grazie alla Legge 69 del 2009 e i successivi decreti attuativi rafforzati dal Patto della Salute, permette infatti alle Farmacie di essere ancor di più un luogo qualificato dedicato all’offerta di prestazioni sanitarie e di consulenza nella prevenzione delle malattie e nel monitoraggio delle terapie in accordo con i Medici di Medicina Generale.
Per quanto riguarda nello specifico la prevenzione cardiovascolare, il Farmacista dovrebbe porre attenzione, in particolare, alla popolazione cosiddetta sana, ma potenzialmente a rischio. E questo attraverso una serie di attività, quali il counseling, la presa in carico del cliente/paziente, l’attività di sorveglianza dell’aderenza alla terapia, l’accompagnamento verso sani stili di vita e la migliore gestione dei servizi cognitivi.
Focalizzando l’attenzione sulla gestione dell’ipercolesterolemia, dal punto di vista del Farmacista vi sono alcuni aspetti di particolare interesse.
Prima di tutto, la possibilità di eseguire il dosaggio dei livelli lipidici direttamente in Farmacia con gli strumenti e i reagenti da autoanalisi a disposizione. Se correttamente gestita, è una grande opportunità per il Farmacista, il consumatore e anche il Medico. Va sottolineato, inoltre, come attualmente sia in corso un processo di miglioramento delle procedure di esecuzione e refertazione che garantirà in un prossimo futuro degli standard riconosciuti di validità.
Un altro aspetto importante, relativo al consiglio nell’utilizzo di nutraceutici, è la diffusione di una vera cultura dell’ “integrazione”. Il nutraceutico/integratore non deve essere infatti concepito come sostituto del farmaco, bensì come aiuto alla terapia che va ad integrarsi a un programma terapeutico (in add-on).
Dal punto di vista economico i nutraceutici non sono rimborsati, ciò può essere un limite in una visione di trattamento sul lungo termine, come può essere quella prevista in una situazione di ipercolesterolemia e prevenzione cardiovascolare, ma anche un’opportunità di risparmio per il Sistema Sanitario.
In relazione al lavoro di sinergia tra i vari operatori della salute, il Farmacista copre un ruolo centrale nella creazione di una cerniera tra l’utente e i professionisti della salute, soprattutto a livello territoriale dove la vera sfida è il dialogo e la collaborazione tra le professioni. È quanto mai necessario in ambito di prevenzione ed educazione alimentare seguire un percorso strutturato, standardizzato, condiviso e validato scientificamente di “presa in carico” del paziente.
La Farmacia di comunità, quindi, si conferma il luogo privilegiato e di facile accessibilità per implementare ulteriormente questi processi virtuosi nei confronti della popolazione, soprattutto in tema di educazione alimentare e corretta integrazione nutrizionale. Il ruolo della Farmacia è sempre più definito come luogo di salute e di informazione qualificata per i cittadini.
Concludendo, in questo ambito possiamo individuare un’insidia ed una opportunità:
- l’insidia è relativa al fatto che il ruolo del Farmacista deve mantenersi tale, non può e non deve dare la sensazione che dopo una misurazione di colesterolo, e il conseguente consiglio dell’integratore, possa essere intravisto un atto Medico di diagnosi e terapia, che spetta appunto al Medico. Essenziale è la capacità del Farmacista di circoscrivere con gli atteggiamenti e le parole le proprie possibilità di intervento
- l’opportunità, invece, può essere espressa dalla possibilità di consigliare con cognizione di causa (quali specialisti del farmaco e dei nutraceutici) il giusto integratore in base anche alle tecnologie di rilascio e conservazione. Sul mercato sono infatti disponibili varie formulazioni farmaceutiche (capsule, compresse, bus..), con caratteristiche e composizioni differenti, che rendono il trattamento personalizzabile sulla base delle diverse esigenze.
7.1.2. Medico di Medicina Generale
Il Medico di Medicina Generale si trova a gestire diversi problemi dismetabolici, tra i più frequenti:
- malnutrizione
- ridotto/eccesso calorico, lipidico e proteico
- ridotto consumo di frutta e verdura con (possibile) deficit di microelementi quali vitamine e minerali
- obesità/sovrappeso
- steatosi epatica
- sindrome metabolica
- dislipidemie primitive e secondarie a stili di vita err
Focalizzandol’attenzionesulcontrollodelledislipidemieelaprevenzionecardiovascolare possiamo individuare per il Medico di Medicina Generale i seguenti compiti:
- identificare i soggetti a rischio malnutrizione e/o con carenze nutrizionali grazie all’ausilio del mini nutritional assessment per individuare eventuali livelli di assunzione sub-ottimali di vitamine e minerali (fattori di rischio per le malattie croniche).
- calcolare in modo sistematico il rischio cardiovascolare nei soggetti oltre i 35-40 anni (stratificazione del rischio), utilizzando gli SCORE ESC e Cuore
- applicare gli algoritmi per la diagnosi di ipercolesterolemia famigliare (nota 13 o
Dutch SCORE)
- decidere il trattamento ipocolesterolemizzante in base al rispettivo livello di rischio cardiovascolare
- identificare in maniera appropriata i soggetti realmente intolleranti alle statine
- effettuare il monitoraggio periodico del trattamento ipocolesterolemizzante e l’adesione alle terapie assegnat
Nel caso si presentasse l’opportunità dell’uso di un nutraceutico con effetto ipocolesterolemizzante, il Medico di Medicina Generale dovrebbe:
- promuovere prima di tutto uno stile di vita sano, fornendo le corrette informazioni relative all’importanza dell’attività fisica e di un’alimentazione equilibrata e salutare, anche per migliorare le informazioni circa le funzioni dei vari alimenti e nutrienti
- promuovere e supportare l’automedicazione consapevole (nelle situazioni e nelle condizioni in cui essa è attuabile), anche mediante una funzionale interazione con i Farmacisti di comunità
- prescrivere/consigliare i nutraceutici quando ritenuti necessari e/o avallare o meno eventuali autoprescrizioni da parte del pazient
Per ottenere tutto ciò bisogna superare la situazione di reciproca incomprensione da parte dei Medici verso i nutraceutici e da parte delle aziende produttrici di nutraceutici verso i Medici di Medicina Generale. Infatti, anche se la situazione sta rapidamente mutando in questi ultimi anni, le aziende in ambito nutraceutico privilegiano quali principali interlocutori il paziente e il Farmacista. Dall’altra parte, i Medici di Medicina Generale si dimostrano spesso “scettici” nei confronti dei nutraceutici, nonostante questi ultimi (in generale) siano consigliati dall’85% dei Medici di famiglia (fonte: IMS Medical Audit Marzo 2014), per la mancanza/carenza di informazioni sui nutraceutici e per i claims, considerati spesso “fuorvianti”, e (a torto) non soggetti a nessun controllo.
Per una prescrizione ragionata dei prodotti nutraceutici, anche da parte del Medico di Medicina Generale, sarebbe infine auspicabile:
- migliorare le informazioni circa la farmaco-cinetica e dinamica dei vari prodotti
- studiare (come avviene per i farmaci) tutti i loro effetti sulla salute (i positivi e gli avversi)
- rendere più selettivo e specifico l’ambito clinico di utilizzo, con indicazioni più semplici e meno generiche
- studiare formulazioni farmaceutiche per ottimizzarne il rilascio, l’assorbimento e quindi la biodisponibilità
- effettuare studi di post marketing surveillance in Medicina General
7.1.3 Medico Specialista
Il Medico Specialista ha un ruolo importante nelle scelte diagnostiche e di gestione di numerose condizioni associate a rischio di malattia o francamente patologiche, in condivisione con il Medico di Medicina Generale e il Farmacista.
Fra queste, l’area cardiometabolica e la gestione del rischio cardiovascolare primario e secondario richiedono un approccio diagnostico complesso, che include valutazioni di primo (ad es., profilo lipidemico) e, a volte, di secondo livello (ad es., biomarcatori come lipoproteina A, studio ecodoppler dei tronchi arteriosi sovra- aortici, ecc.), come pure decisioni gestionali articolate, che includono l’utilizzo di differenti strumenti, quali il miglioramento dello stile di vita e della nutrizione, e la proposta di nutraceutici e/o farmaci specifici.
Lo Specialista può dunque, in questo contesto, avere un ruolo essenziale per definire meglio gli ambiti di utilizzo dei nutraceutici. La disponibilità di prodotti nutraceutici di qualità farmaceutica e con efficacia e sicurezza ben caratterizzati rappresenta un’opportunità che lo Specialista può cogliere per ampliare le opzioni per la gestione di specifiche problematiche in modo personalizzato e promuovere quella che si definisce come “Medicina di intervento”, ad esempio in persone a rischio cardiovascolare moderato.
Inoltre, appare interessante anche la possibilità di associare lo strumento nutraceutico alla terapia farmacologica (“add-on therapy”), secondo un concetto nuovo e in parte ancora da definire al meglio.
Lo Specialista può anche contribuire a definire l’utilizzo del tool nutraceutico per il contenimento degli effetti avversi di terapie farmacologiche complesse (ad es., in area oncologica) e di proporre la valutazione e l’uso di nutraceutici, con un razionale plausibile, in patologie in cui non esiste ancora una terapia efficace e documentata con farmaci.
Nello specifico ambito della gestione interprofessionale integrata del rischio cardiovascolare primario e delle alterazioni del profilo lipidico, il Medico Specialista, che incontra con minore frequenza le persone interessate da questo problema, deve implementare un valido dialogo bidirezionale con il Medico di Medicina Generale e il Farmacista, allo scopo di ottimizzare l’efficacia di azione.
CONCLUSIONI
Il ruolo degli integratori/nutraceutici sta diventando sempre più rilevante in relazione anche ai limiti dell’approccio esclusivamente “farmacocentrico”, in funzione del mantenimento e perseguimento della salute in senso globale.
Parlare pertanto di prevenzione nutraceutica nel soggetto sano e di “supporto nutraceutico al trattamento farmacologico” nel paziente, ove possibile, rappresenta un approccio innovativo e già consolidato sia nella pratica medica che nel consiglio in Farmacia.
Si può affermare che il mondo scientifico sta prendendo sempre più coscienza del concetto di “bio-trattamento” e, in questo ambito, sembrano suscitare particolare interesse le potenzialità offerte dalla modulazione del microbiota, anche nella correzione dei dismetabolismi (glucidico e lipidico).
Un esempio concreto ed attuale del nuovo ruolo dei nutraceutici è costituito anche dall’attenzione che le Società Medico Scientifiche di varia tipologia stanno dedicando al problema della prevenzione del rischio cardiovascolare e del ruolo dei nutraceutici in questo ambito. Da citare, in particolare, due recenti pubblicazioni: il documento di consenso intersocietario ANMCO/ISS/AMD/ANCE/ARCA/FADOI/GICR-IACPR/ SICI-GISE/SIBioC/SIC/SICOA/ SID/SIF/SIMEU/SIMG/SIMI/SISA “Colesterolo e rischio cardiovascolare: percorso diagnostico-terapeutico in Italia” e il Position Statement su “Nutraceutici per il trattamento dell’ipercolesterolemia” della Società Italiana di Diabetologia (SID) e della Società Italiana per lo Studio della Arteriosclerosi (SISA).
Sulla base dei risultati ottenuti dagli studi clinici sui nutraceutici/probiotici sui livelli di colesterolemia si può affermare che l’utilizzo di questi prodotti può trovare indicazione in 3 gruppi principali di individui:
- persone con ipercolesterolemia moderata e basso rischio cardiovascolare
- pazienti intolleranti alle statine
- pazienti con ipercolesterolemia “difficile” da trattare, in aggiunta al trattamento con farmaci (add-on therapy).
Problematiche aperte
Vi sono però diverse questioni pratiche ancora aperte sul potenziale uso di nutraceutici nella gestione della colesterolemia e che possono essere riassunte nei seguenti punti:
- qualità del nutraceutico/integratore (scarsi aspetti normativi)
- costi per il paziente (nessun rimborso da parte del sistema sanitario)
- necessità di migliorare la compliance del paziente in quanto l’integratore/nutraceutico è spesso considerato meno importante del farmaco e questo aspetto (assieme al costo per l’utilizzatore ed alla durata del trattamento) può inficiare l’aderenza e la persistenza d’uso in rapporto a quanto raccomandato dal Medico e/o dal Farmacis
Inoltre, una migliore conoscenza degli effetti, sia positivi che talvolta anche collaterali e/o delle interazioni fra alimenti e nutraceutici, o fra nutraceutici e farmaci (nutra-vigilanza) di questi prodotti, aiuterebbe il clinico a risolvere eventuali dubbi e a orientarlo nella scelta delle soluzioni più appropriate.
In questo ambito, occorre ricordare anche l’importanza che ha la filiera relativa alla produzione, distribuzione e conservazione di questi prodotti.
Come già sottolineato, oltre ai benefici sulla salute, in special modo in chiave preventiva, l’utilizzo dei nutraceutici costituisce un’ulteriore opportunità per definire una collaborazione efficace fra le figure cardine (Medico Specialista, Medico di Medicina Generale e Farmacista) in una visione condivisa di gestione della salute del paziente, integrando al meglio l’approccio singolo o sinergico fra integratore/ nutraceutico e farmaco.
Per ultimo, ma non per importanza, occorre ricordare che si stanno attivando protocolli di “nutra-economia”, volti a stimare l’impatto sulla riduzione dei costi per il SSN in funzione dell’impiego degli integratori/nutraceutici, basandosi su parametri quantitativi quali: i costi dei trattamenti farmacologici specifici in situazioni eleggibili anche dell’apporto in chiave preventiva dei nutraceutici, i costi delle complicanze e/o degli eventi avversi, nonché l’impatto sulla qualità della vita.
In particolare l’uso di nutraceutici ha evidenziato un miglior rapporto costo/efficacia in soggetti con parametri borderline o intolleranti ai farmaci.
Considerazioni finali
In conclusione, occorre ribadire come l’impiego mirato dei nutraceutici, associati ad uno stile di vita sano ed a una corretta alimentazione, possa contribuire a prevenire o evitare un approccio farmacologico.
Andrebbe sempre ben valutata l’opportunità di un approccio nutraceutico in rapporto alle caratteristiche dei diversi soggetti, alla tipologia ed alle caratteristiche del nutraceutico stesso ed agli obiettivi prefissati. Il fatto che esista il cosiddetto “paradosso del rischio”, legato alla numerosità degli eventi cardiovascolari complessivi, relativi ad individui con rischio cardiovascolare basso, deve indurre a ben valutare l’utilità del trattamento nutraceutico in queste tipologie di soggetti.
Sicuramente il tema dei dosaggi efficaci e quello della durata complessiva dei cicli di impiego dei nutraceutici rimane un aspetto da validare mediante opportuni studi ed indagini, sia per i criteri di arruolamento che di efficacia e di tollerabilità. La sinergia fra nutraceutici “consolidati” ad attività ipocolesteromizzante e la rimodulazione del microbiota intestinale in chiave di riduzione dei livelli di colesterolemia, rappresenta un nuovo ambito della ricerca e l’ultima proposta in termini temporali dell’approccio nutraceutico all’ipercolesterolemia ed al rischio cardiovascolare associato.
Gli studi in essere e quelli venturi, anche di tipo osservazionale su ampie casistiche, contribuiranno a chiarire molti aspetti legati alla modulazione nutraceutica dei livelli di colesterolemia.
BIBLIOGRAFIA
- Agerholm-Larsen L et al. Effect of 8 week intake of probiotic milk products on risk factors for cardiovascular diseases. Eur J Clin Nutr 2000; 54 (4): 288-297.
- Al-Sheraji SH et al. Effects of Bifidobacterium longum BB536 on lipid profile and histopathological changes in hypercholesterolaemic rats. Benef Microbes 2015; 6 (5): 661-668.
- Andrade S et al. Effect of fermented milk containing Lactobacillus acidophilus and Bifidobacterium longum on plasma lipids of women with normal or moderately elevated cholesterol. J Dairy Res 2009; 76 (4): 469-
- Aureli P et al. Position Paper- Probiotici e salute umana – Lo stato dell’arte basato sulle evidenze. Con il coordinamento di NFI, Nutrition Foundation of Italy,
- Burke FM. Red yeast rice for the treatment of dyslipidemia. Curr Atheroscler Rep 2015; 17 (4):
- Capurso L. Nutrizione, microbiota intestinale e benessere. Attività di probiotici e prebiotici. L’integratore nutrizionale 2015; 18 (2).
- Catapano AL, et al. ESC/EAS Guidelines for the Management of Dyslipidaemias: The Task Force for the Management of Dyslipidaemias of the European Society of Cardiology (ESC) and European Atherosclerosis Society (EAS) Developed with the special contribution of the European Assocciation for Cardiovascular Prevention & Rehabilitation (EACPR). Eur Heart J. 2016 Aug 27. pii:
- Conroy RM et al; SCORE project group. Estimation of ten-year risk of fatal cardiovascular disease in Europe: the SCORE project. Eur Heart J 2003;24 (11): 987-1003.
- Cummings JH et al. Role of intestinal bacteria in nutrient metabolism. JPEN 1997; 21 (6): 357-365.
- D’Agostino RB Sr et al. General cardiovascular risk profile for use in primary care: the Framingham Heart Study. Circulation 2008; 117: 743-753.
- De Felice S. The NutraCeutical Revolution: Fueling a Powerful. New International Market,
- EFSA. Maintenance of the list of QPS biological agents intentionally added to food and feed (2011 update). EFSA J. 2011; 9:1–82.
- FAO/WHO Expert Consultation. Health and Nutritional Properties of Probiotics in Food including Powder Milk with Live Lactic Acid Bacteria (2001). www.forg
- Gershon MD. The second Brain: a Groundbreaking New Understanding of Nervous Disorders of The Stomach and Intestine, p. 336, Ed. Harper Perennial,
- Giampaoli S. CUORE: a sustainable cardiovascular disease prevention strategy. Eur J Cardiovasc Prev Rehabil 2007; 14: 161–162.
- Gill SR et al. Metagenomic analysis of the human distal gut microbiome. Science 2006 ;312 (5778): 1355-
- Gulizia MM et al. Documento di consenso intersocietario ANMCO/ISS/AMD/ANCE/ARCA/FADOI/ GICR-IACPR/SICI-GISE/SIBioC/SIC/SICOA/SID/SIF/SIMEU/SIMG/SIMI/SISA. Colesterolo e rischio cardiovascolare: percorso diagnostico-terapeutico in Italia. G Ital Cardiol 2016; vol 17; suppl 1 al n
- Gylling H et al; European Atherosclerosis Society Consensus Panel on Phytosterols. Plant sterols and plant stanols in the management of dyslipidaemia and prevention of cardiovascular disease. Atherosclerosis 2014; 232 (2): 346-360.
- Hartley L et al. Dietary fibre for the primary prevention of cardiovascular disease. Cochrane Database Syst Rev 2016; (1):
- Jones BV et al. Comparative metagenomic analysis of plasmid encoded functions in the human gut microbiome. BMC Genomics 2010; 11:
- Kiessling G et al. Long-term consumption of fermented dairy products over 6 months increases HDL cholesterol. Eur J Clin Nutr 2002; 56 (9): 843-849.
- Konturek PC et al. Stress and the gut: pathophysiology, clinical consequences, diagnostic approach and treatment options. J Physiol Pharmacol 2011; 62 (6): 591-599.
- Kurokawa K et al. Comparative metagenomics revealed commonly enriched gene sets in human gut microbiomes. DNA Res 2007; 14 (4): 169-181.
- Lilly DM, Stillwell RH. Probiotics: growth-promoting factors produced by microorganisms. Science 1965; 147 (3659): 747-748.
- Linee guida su probiotici e prebiotici. Ministero della Salute, revisione maggio 2013. Disponibile all’indirizzo: http://www.salugov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1016_allegato.pdf (ultimo accesso 20102016).
- Mannarino MR et al. Nutraceuticals for the treatment of hypercholesterolemia. Eur J Intern Med 2014; 25 (7): 592-599.
- Review Scientifica sull’Integrazione Alimentare: stato dell’arte alla luce delle evidenze scientifiche. Edra, 2016
- Meneghin F et al. Probiotics and atopic dermatitis in children. Pharmaceuticals (Basel) 2012; 5 (7): 727-
- Metchnikoff E. The prolongation of life. Optimistic studies. Essais optimistes. Paris, 1907
- Morelli L. Integratori con probiotici. Review Scientifica sull’Integrazione Alimentare: stato dell’arte alla luce delle evidenze scientifiche. Edra, 2016
- Nagpal R et al. Gut microbiota in health and disease: an overview focused on metabolic Benef Microbes. 2016; 7 (2): 181-94.
- Nordestgaard BG et al. Fasting is not routinely required for determination of a lipid profile: clinical and laboratory implications including flagging at desirable concentration cutpoints – a joint consensus statement from the European Atherosclerosis Society and European Federation of Clinical Chemistry and Laboratory Medicine. Eur Heart J 2016 Apr 26 [Epub ahead of print]
- Nota 13. AIFA (http://www.agenziafarmacgov.it/it)
- Oberhelman R et al. A placebo-controlled trial of Lactobacillus GG to prevent diarrhea in underourished Peruvian children. J Pediatr 1999; 134: 15-20.
- Patto della Salute 2014-2016. Disponibile all’indirizzo: http://www.stator it/Documenti/DOC_044351_82%20CSR%20PUNT O%20%2016%20ODG.pdf
(ultimo accesso 20102016)
- Perk J et al. European Guidelines on cardiovascular disease prevention in clinical practice (version 2012). The Fifth Joint Task Force of the European Society of Cardiology and Other Societies on Cardiovascular Disease Prevention in Clinical Practice. Eur Heart J 2012;33:1635-701.
- Pirillo A et al. Berberine, a plant alkaloid with lipid- and glucose-lowering properties: From in vitro evidence to clinical studies. Atherosclerosis 2015 Dec;243(2):449-61.
- Pirro M et al. The effects of a nutraceutical combination on plasma lipids and glucose: A systematic review and meta-analysis of randomized controlled trials. Pharmacol Res 2016; 110:76-88.
- Position Statement su “Nutraceutici per il trattamento dell’ipercolesterolemia” della Società Italiana di Diabetologia (SID) e della Società Italiana per lo Studio della Arteriosclerosi (SISA). Disponibile all’indirizzo: http://www.siditit/clinica/linee-guida-societari/send/80-linee-guida-documenti-societari/2604- position-statement-sid-sisa-nutraceutici-per-il-trattamento-dell-ipercolesterolemia (ultimo accesso 20102016).
- Reiner Z et al. ESC/EAS Guidelines for the management of dyslipidaemias: the Task Force for the management of dyslipidaemias of the European Society of Cardiology (ESC) and the European Atherosclerosis Society (EAS). Eur Heart J 2011;32:1769-818.
- Resta SC. Effects of probiotics and commensals on intestinal epithelial physiology: implications for nutrient handling. J Physiol 2008; 587 (Pt17): 4169-4174.
- Review Scientifica sull’Integrazione Alimentare: stato dell’arte alla luce delle evidenze scientifiche. Edra,
- Ruscica M et al. Nutraceutical approach to moderate cardiometabolic risk: results of a randomized, double-blind and crossover study with Armolipid Plus. J Clin Lipidol 2014; 8 (1): 61-68.
- Sadrzadeh-Yeganeh H et al. The effects of probiotic and conventional yoghurt on lipid profile in women. Br J Nutr 2010; 103 (12): 1778-1783.
- Schaafsma G et al. Effects of a milk product, fermented by Lactobacillus acidophilus and with fructo- oligosaccharides added, on blood lipids in male volunteers. Eur J Clin Nutr 1998; 52 (6): 436-440.
- Sears CL. A dynamic partnership: celebrating gut microflora. Anaerobe 2005; 11 (5): 247-251.
- Shimizu M et al. Meta-Analysis: Effects of probiotic supplementation on lipid profiles in normal to mildly hypercholesterolemic individuals. PLoSOne 2015; 10 (10): e0139795. doi: 1371/journal.pone.0139795.
eCollection 2015.
- Szymanski H et al. Treatment of acute infectious diarrhoea in infants and children with a mixture of three Lactobacillus rhamnosusstrains – a randomized, double-blind, placebo-controlled trial. Heczko Aliment Pharmacol Ther 2006; 23: 247–253.
- Thushara RM et al. Cardiovascular benefits of probiotics: a review of experimental and clinicals FoodFunct 2016; 7 (2): 632-642.
- Tsuji M et al. Dynamic interactions between bacteria and immune cells leading to intestinal IgA Semin Immunol 2008; 20 (1): 59-66.
- Verspreet J et al. A critical look at prebiotics within the dietary fiber concept. Annu Rev Food Sci Technol 2016; 7: 167-190.
- World Gastroenterology Organisation Global guidelines: Probiotics and Prebiotics. October 2011
- Yoo JY, et al. Probiotics and prebiotics: present status and future perspectives on metabolic disorder Nutrients 2016; 8 (3): 173.
- Zuccotti GV et al. Probiotics in clinical practice: an overview. J Int Med Res 2008; 36 Suppl 1: 1A-53A.
ULTERIORE BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO
- Bernabei R, et al. Position Paper. Nuove evidenze sull’uso dei multivitaminici e multiminerali e sensibilizzazione alle carenze nutrizionali nella popolazione over
- Borghi C, Cicero AFC. Nutraceutici e alimenti funzionali in Medicina preventiva. Ed. Bononia University Press, 2011, Bol
- Codice deontologico del Farmacis
- Di Pierro F. Argomenti di fitoterapia biofarmaceutica. CEC Editore,
- Documento FOFI. Aree di intervento del Farmacista nelle Farmacie di Comunità.
- Eckel RH, et al. 2013 AHA/ACC guideline on lifestyle management to reduce cardiovascular risk: a report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Circulation 2014;129(25 Suppl 2):S76-99. Epub 2013 Nov 12.
- Felisi E. Il ruolo dei probiotici nel mantenimento e nel ripristino dell’eubiosi intestinale. Farmacia News, Settembre 2014: pp 28-34.
- Gaby Alan R. Nutritional Medicine. Parthenon Publishing, New Haven, 2011,
- Gershon MD. Il secondo cervello. UTET 2007, De Agostini Libri p.A., 2013.
- Legge 69/2009 Farmacia dei Servizi e relativi decreti attuativi http://www.salugov.it/portale/temi/p2_6. jsp?id=3609&area=farmaci&menu=dfarm (ultimo accesso 20102016)
- Martina A. Dizionario manuale nutraceutico-pratico. Collana nutraceutica professionale – Medea. Edizioni Scientifiche, 2015, P
- Martina A. Pensare Nutraceutico, un diverso orizzonte. Dynamicom Edizioni, Milano,
- Nadin G, et al. La sfida oltre la dispensa del farmaco: la Farmacia quale presidio territoriale di cure primarie. Ragiufarm N. 133 – Sezione
- Nuove FRONTIERE per la nutraceutica. “Nutra Day 2016”: a Milano. Farmamese N. 5 –
- Osservatorio Nazionale Salute Regioni Italiane
- Progetto ISS. Guadagnare Salute. http://www.guadagnaresalutit/promozione/promozioneFarmacisti. asp (ultimo accesso 20102016)
- Vezzoli E et al. Evaluation of nutraceuticals effect from in vitro assays. Agro Food Industry Hi-Tech, TKS publisher,
- Vintani PG, et al. Il supporto del Farmacista in Farmacia nell’assistenza al paziente affetto da patologia diabetica. Ragiufarm N. 133 – Sezione 3a