LA LEGISLAZIONE EUROPEA
L’uso del termine “naturale” riferito a alimenti non è regolamentato a livello europeo, né è disciplinato in maniera puntuale il suo utilizzo sulle etichette degli alimenti.
Tuttavia, in alcune norme specifiche, quale quella sugli aromi, si trovano riferimenti al termine “naturale”. Il Reg. (CE) No 1334/2008 (1) sugli aromi ed alcuni ingredienti alimentari con proprietà aromatizzanti, infatti, definisce requisiti specifici per l’uso del termine “naturale” per la descrizione di un aroma.
Ai sensi del sopracitato regolamento valgono le seguenti definizioni e condizioni per l’utilizzo del termine “naturale”:
– Per «sostanza aromatizzante naturale» s’intende una sostanza aromatizzante ottenuta mediante appropriati procedimenti fisici, enzimatici o microbiologici da un materiale di origine vegetale, animale o microbiologica, che si trova allo stato grezzo o che è stato trasformato per il consumo umano mediante uno o più procedimenti tradizionali di preparazione degli alimenti di cui all’allegato II(Elenco dei procedimenti tradizionali di preparazione degli alimenti). Le sostanze aromatizzanti naturali corrispondono a sostanze normalmente presenti e identificate in natura.
– Il termine «naturale» può essere utilizzato per descrivere un aroma solo se il componente aromatizzante contiene esclusivamente preparazioni aromatiche e/o sostanze aromatizzanti naturali.
– Il termine «sostanza aromatizzante naturale» può essere utilizzato solo per gli aromi il cui componente aromatizzante contiene esclusivamente sostanze aromatizzanti naturali.
– Il termine «naturale» può essere utilizzato in associazione ad un riferimento ad un alimento, ad una categoria di alimenti o ad una fonte d’aroma vegetale o animale solo se la totalità o almeno il 95 % (p/p) del componente aromatizzante è stato ottenuto dal materiale di base a cui è fatto riferimento.
– Il termine «aroma naturale di “alimento o categoria di alimenti o materiale di base alimentare” con altri aromi naturali» può essere utilizzato solo se il componente aromatizzante è parzialmente derivato dal materiale di base a cui è fatto riferimento,l’aroma del quale è facilmente riconoscibile.
Per quanto concerne in generale gli additivi alimentari, al contrario, non esiste differenza tra “sintesi” e “naturale” sia per additivi che per coloranti, come stabilito dal Regolamento(CE) No 1333/2008 (2): Claims come “solo coloranti naturali” e similari, sono profondamente discutibili laddove siano utilizzate, come ingredienti, le sostanze indicate nel Regolamento (CE)No 1333/2008.
L’uso del termine “Naturale” potrebbe essere giustificato quando a sostituzione dei coloranti indicati nel Regolamento (CE) No 1333/2008 si impiegano estratti alimentari per le loro proprietà coloranti e come tali non devono essere considerati additivi: alimenti e aromatizzanti con effetti coloranti secondari sono esclusi dalla definizione di additivi alimentari.
La DG Sante della Commissione Europea ha emesso nel 2013 un documento guida dettagliato per classificare correttamente questi ingredienti (3) .
Inoltre, nell’Allegato al Regolamento (CE) No 1924/2006 (4) relativo ai Claims nutrizionali e sulla salute relativi agli alimenti, si può trovare un riferimento al termine “naturale” in relazione ai Claim nutrizionali. Di fatto, quando un alimento soddisfa le condizioni stabilite nel Regolamento stesso, per l’utilizzo di un Claim nutrizionale, il termine “naturalmente” o “naturale” può essere utilizzato come prefisso al Claim (esempio: “fonte naturale di fibre” o “naturalmente a basso contenuto di sale”).
Infine, il termine “Acqua minerale naturale” può essere utilizzato soltanto per l’acqua che soddisfa i requisiti della Direttiva 2009/54/CE (5) e le norme di attuazione nazionali. Pertanto, per il Claim “naturale” si applicano le regole generali e più specificatamente gli Articoli 7 e 36 del Regolamento (UE) No 1169/2011 (6) sulla fornitura di informazioni ai consumatori relative agli alimenti. In particolare l’Articolo 7.1(a) e (c):
“Le informazioni sugli alimenti non devono trarre in inganno, soprattutto:
(a) per quanto riguarda le caratteristiche dell’alimento e in particolare la sua natura, identità, proprietà, composizione, quantità, durata, paese di origine o luogo di provenienza, lavorazione o metodo di produzione;
(c) nel suggerire che l’alimento possiede speciali caratteristiche quando di fatto tutti gli alimenti similari hanno tali caratteristiche, in particolare enfatizzando la presenza o l’assenza di certi ingredienti e/o nutrienti […].”
Tuttavia, in ragione della natura controversa del termine, alcuni Stati Membri UE hanno sentito la necessità di definire il termine “naturale” attraverso linee guida delle autorità competenti.
Nel Regno Unito, ad esempio, nel 2008, la Food Standard Agency (FSA) ha pubblicato una guida per gli operatori del settore alimentare, nell’intento di creare codici di condotta e definire criteri per l’utilizzo di termini di marketing come “fresco”, “naturale”, “puro”, “originale” ecc. (7).
Per quanto concerne “naturale”, tale termine indica essenzialmente che il prodotto è composto di ingredienti naturali (ingredienti prodotti dalla natura senza l’intervento dell’uomo o con l’introduzione di prodotti chimici). Gli OGM e i Novel foods non sono chiaramente considerati ingredienti naturali.
In generale, conformemente a tale linea guida, il termine “naturale” dovrebbe essere utilizzato soltanto per descrivere singoli alimenti di carattere tradizionale, ai quali non è stato aggiunto alcunché e che sono stati oggetto di minima lavorazione al fine di renderli adeguati al consumo umano (esempio affumicatura, cottura al forno, arrostimento o bollitura, fermentazione e pastorizzazione).
Alimenti composti dove tutti gli ingredienti sono naturali, dovrebbero essere descritti solo come “Ottenuti da ingredienti naturali”.
Tale guida sottolinea inoltre, che Claims come “bontà naturale”, “naturalmente migliore” o “in modo naturale”, confondono e sono ambigui. Essi non dovrebbero essere usati in quanto ingannevoli se applicati a prodotti che non soddisfano “criteri naturali”.
In Francia, la Direction Générale de la Concurrence, de la Consommation et de la Répression des Fraudes (DGCCRF) ha diffuso una nota (8) similare alla guida inglese, intesa a fornire informazioni per un corretto uso del termine “naturale” su un prodotto alimentare. In particolare si raccomanda l’utilizzo del termine “naturale” soltanto su un prodotto alimentare che ha subito una trasformazione che non ha modificato le caratteristiche essenziali dell’alimento stesso (esempio stabilizzazione, taglio e cottura).
Più recentemente (2015) l’Irish Food Safety Authority (FSAI) ha stilato delle linee guida (9) simili a quelle inglesi, sui termini di marketing applicabili alle etichette degli alimenti immessi sul mercato e/o presentati e pubblicizzati dopo il Dicembre 2016.
Un singolo ingrediente alimentare che ha subito una lavorazione minima può essere chiamato “naturale” purché esso differisca, per questa sua caratteristica, da tutti gli alimenti similari (Articolo 7.1(c) Regolamento (UE) n 1169/2011) e provenga dalla natura, senza intervento significativo dell’uomo.
“Intervento significativo dell’uomo” non comprende lavorazioni minime come taglio, affettatura, macinazione, pelatura, spremitura, scottatura, pastorizzazione, congelamento, essiccazione etc… poiché questi trattamenti non cambiano significativamente la natura dell’alimento.
Sono incluse invece in questa definizione forme più complesse di lavorazione come concentrazione, processi di cottura più energici della pastorizzazione (70°C per due minuti o equivalente) affumicatura, salamoia, raffinatura, estrazione chimica, modificazione genetica, clonazione etc…
Anche la fermentazione è considerata un processo “naturale”, sebbene processi successivi possono dequalificare il prodotto finale dalla definizione di “naturale”.
Gli alimenti composti contenenti più di un ingrediente, sono fatti dall’uomo mediante lavorazione e pertanto non possono essere considerati “naturali”. Tuttavia, laddove tali alimenti composti siano differenti da alimenti composti similari, secondo le linee guida Irlandesi, è possibile introdurli sul mercato come “realizzati con ingredienti naturali” o termini con analogo significato quando l’alimento composto soddisfa i seguenti criteri:
1. Gli ingredienti provengono dalla natura senza intervento umano significativo e
2. L’ingrediente e l’alimento finale sono:
a) privi di additivi
b) contengono aromi naturali, così come definiti dalle norme Europee; oppure
c) contengono altri additivi alimentari ottenuti da fonti naturali, come ad esempio piante, mediante adeguata lavorazione fisica (inclusa distillazione ed estrazione con solventi) oppure con processi di preparazione tradizionali.
Infine, norme specifiche sono state messe in atto per alcuni prodotti caseari tradizionali che, per molti anni hanno riportato il termine “naturale” sull’ etichetta per indicare che il prodotto era fabbricato soltanto con latte, utilizzando solo fermenti necessari alla fermentazione e privi di altri ingredienti, additivi, aromi e coloranti (esempio “yogurt naturale”: yogurt magro non aromatizzato).
Da questa breve panoramica, è chiaro che una guida comune a livello UE sull’utilizzo del termine sarebbe benvenuta: il concetto di “lavorazione minima”, infatti, può essere soggetto a differenti interpretazioni, così come il summenzionato punto c) delle linee guida Irlandesi, che appare sempre più discutibile rispetto al quadro giuridico UE relativo agli additivi alimentari.
LA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA
Una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in relazione al caso “Darbo” (10), risulta pertinente per questo argomento.
Rispondendo ad un esposto che la società Darbo aveva sollevato nei confronti di un concorrente che utilizzava il Claim “naturale” su confetture di frutta, la Corte ha dichiarato che la normativa europea sulle pratiche leali di informazione e sull’etichettatura dei prodotti alimentari, non preclude l’utilizzo della descrizione “naturalmente puro” per una confettura di fragole che contiene come agente gelificante la pectina e tracce o residui di piombo, cadmio e pesticidi ai seguenti livelli: 0.01 mg/kg di piombo, 0.008 mg/kg di cadmio, 0.016 mg/kg di procimidone e 0.005 mg/kg di vinclozolina.
La Corte ha valutato che la pectina era stata regolarmente dichiarata nella lista degli ingredienti ed è di origine naturale ed i residui di pesticidi e di metalli pesanti erano al di sotto del limite legale e derivavano dalla presenza naturale nel suolo o da trattamenti autorizzati.
Quest’ultimo punto ha sollevato ulteriori quesiti sulla percezione del consumatore del termine “naturale” – come vedremo più avanti nell’analisi USA – in quanto, alla luce della crescente attenzione dei consumatori verso i metodi di produzione degli alimenti e della complessità della moderna catena di fornitura, la portata del Claim “naturale” potrebbe comprendere altre e diverse problematiche.
LA LEGISLAZIONE USA
Anche i regolamenti della FDA (Food and Drug Administration) e le leggi statunitensi non danno una definizione del termine “naturale”.
La FDA, Agenzia federale per la sicurezza di alimenti e farmaci, ha avviato a fine 2015 un’indagine pubblica con l’intento di ricevere informazioni e commenti sull’uso del termine “naturale” nell’etichettatura dei prodotti alimentari.
L’iniziativa fa seguito alla presentazione di quattro petizioni da parte di cittadini, tre delle quali chiedevano all’Agenzia di dare una definizione del termine “naturale” quando usato nella etichetta dei prodotti alimentari ed una che chiedeva, invece, di vietare l’uso di tale termine sulle etichette degli alimenti.
Alcuni tribunali federali avevano inoltre chiesto alla FDA, a seguito di controversie tra privati, conferma formale circa la possibilità di etichettare come “naturali” prodotti alimentari contenenti ingredienti frutto di ingegneria genetica o alimenti contenenti sciroppo di fruttosio.
Anche se la FDA non ha ancora adottato una definizione formale del termine “naturale”, nel 1993, in una sorta di linea guida a carattere non vincolante, l’Agenzia aveva asserito di considerare “naturale” un alimento in cui non fosse stato incluso nulla di artificiale o sintetico (compresi tutti gli additivi coloranti, indipendentemente dalla fonte) o nel quale non fosse stato aggiunto un ingrediente alimentare che normalmente non ci si aspetta di trovare in quell’alimento.
Tuttavia, questa definizione non aiuta a risolvere questioni legate ai metodi di produzione, come ad esempio l’uso di antimicrobici, né l’uso di OGM o di sciroppo di glucosio, e non copre aspetti legati ai metodi di trasformazione o di produzione, come le tecnologie termiche, la pastorizzazione o l’irradiazione. La FDA non ritiene che il termine “naturale” sottintenda un qualsivoglia beneficio nutrizionale o per la salute o altro.
La consultazione pubblica si è chiusa nel maggio 2016, ma l’FDA non ha ancora adottato alcuna nuova politica.
Migliaia di commenti sono stati presentati, in merito alle varie questioni come l’utilizzo dei pesticidi e i metodi di fabbricazione e sono pubblicamente disponibili al pubblico nel relativo registro normativo (11).
Il Dipartimento dell’agricoltura statunitense (USDA) inoltre, ha una politica sul “naturale” specifica per gli alimenti di sua competenza (carne e pollami). Per USDA “naturale” significa che il prodotto non contiene ingredienti sintetici o coloranti aggiunti ed è sottoposto ad una lavorazione minima.
Lavorazione minima significa che prodotto è stato lavorato secondo modalità che non alterano fondamentalmente il prodotto stesso. Infine, l’etichetta deve riportare una dichiarazione che spieghi il senso del termine naturale (come “non contiene ingredienti artificiali; lavorazione minima”).
Un’ultima e molto discussa disposizione era poi contenuta negli United States Standards for Livestock and Meat Marketing Claims, Naturally Raised Claim for Livestock and the Meat Products Derived from Such Livestock, 74 Regolamento Federale 3541, 3545 (21 Gennaio 2009) e concerne i metodi di allevamento. Secondo questa definizione, un animale “allevato naturalmente” è quello che non ha assunto ormoni per la crescita o antibiotici e non è mai stato alimentato con sottoprodotti di origine animale.
Poiché gli animali clonati non hanno niente di “sintetico” o “artificiale” e non hanno bisogno di ormoni della crescita o antibiotici, le aziende possono etichettarli come “naturale” o “allevati naturalmente” seguendo la regolamentazione USDA.”
Chiaramente, la dichiarazione di equivalenza tra animali clonati e non, potrebbe essere discutibile sulla base delle diverse sensibilità in merito a questo argomento. Attualmente, per esempio, è risaputo che la posizione UE sugli animali clonati e relativa prole e prodotti è estremamente conservativa.
GIURISPRUDENZA STATUNITENSE
Dal momento che l’unico elemento comune in tutte le definizioni di “naturale” è l’assenza di ingredienti artificiali e chimici, non è il caso di analizzare le centinaia di Class actions presentate negli Stati Uniti in questi ultimi anni riguardanti tale aspetto.
In molti casi, queste sono state risolte con accordi miliardari da parte dei produttori di alimenti. Esistono diversi siti web dedicati a questo argomento che elencano i vari casi (esempio https://www.classaction.org/natural-foods).
Quel che è interessante notare è la conferma che la tendenza del contenzioso va oltre la definizione tradizionale del termine. Nel maggio 2016 ad esempio, una causa che cercava di essere certificata come Class action è stata depositata per conto dei consumatori a New York e in California contro il proprietario del marchio Quaker Oats in quanto dopo varie analisi erano state trovate tracce di pesticida glifosato nei fiocchi d’avena. Mentre il livello del glifosato – un pesticida ampiamente usato – rilevato nei fiocchi d’avena risultava essere ben al di sotto del limite stabilito da regolamenti federali per il consumo umano, la Quaker Oats è stata accusata di pubblicità ingannevole in quanto i fiocchi d’avena venivano commercializzati come “100% naturali”.
In attesa delle consultazioni della FDA, numerose Class action contro società alimentari che usano i Claims “naturale”,“completamente naturale” oppure “100% naturale” sono in attesa di giudizio.
I contenziosi ricominceranno sicuramente a seguito del risultato delle consultazioni e appena la posizione dell’FDA sui metodi di lavorazione , l’uso dei pesticidi, e i metodi di produzione, risulterà più chiara.
ISO – DEFINIZIONE DI “NATURALE” PER ALIMENTI E BEVANDE
Da ultimo ricordiamo che l’ISO, Organizzazione internazionale per la standardizzazione, con la Norma ISO/DIS 19657 ha fornito i criteri tecnici che si dovrebbero considerare per definire, a livello globale, un alimento o una bevanda come “naturale” sulla base dei suoi ingredienti .
La norma può applicarsi a tutti gli ingredienti alimentari, inclusi gli additivi alimentari, ad eccezione dei coadiuvanti tecnologici e delle acque minerali naturali per le quali esiste una norma ad hoc stabilita dal Codex Alimentarius (Codex Standard 108-1981).
Perché un ingrediente possa essere definito come “naturale” la norma ISO prevede che:
non deve essere ottenuto da sintesi chimica;
le fonti da cui è ottenuto possono essere costituite da uno o più dei seguenti materiali di base: piante, alghe, funghi, animali e microrganismi;
e può essere ottenuto dai suddetti materiali di base esclusivamente attraverso processi fisici e/o enzimatici e/o microbiologici;
allo scopo di soddisfare la sicurezza alimentare, i requisiti normativi e le specifiche tecniche, l’ingrediente alimentare ottenuto dai processi sopra elencati, può essere sottoposto ad ulteriori processi di purificazione, purché la struttura chimica primaria del/i componente/i dell’ingrediente non subiscano alterazioni.
Un ingrediente alimentare complesso può essere considerato “naturale” se tutti gli ingredienti in esso contenuti soddisfano i requisiti tecnici sopra elencati.
La norma in questione è destinata alla comunicazione Business-to-business e non a quella diretta al consumatore. Non riguarda in alcun modo questioni riguardanti la sicurezza dell’uomo, il tipo di agricoltura utilizzata e l’ingegneria genetica.
CONCLUSIONE
La mancanza di una definizione unica ed armonizzata ufficiale e di criteri per l’uso del termine “naturale” crea ampi spazi di incertezza per le imprese alimentari che non hanno certezze o riferimenti per l’utilizzo di questo termine sull’etichetta dei loro prodotti. L’interpretazione può variare a seconda delle differenti interpretazioni o sensibilità da parte delle autorità competenti e della Corte di giustizia.
Il rischio per la reputazione aziendale è alto in quanto l’uso erroneo del termine porta facilmente a contenziosi con relativa pubblicità negativa.
Il Claim “naturale”, è infatti un facile bersaglio per i concorrenti, le associazioni dei consumatori o i legali.
Tale termine peraltro sta oggi assumendo un significato più complesso e ampio.
Date le attese dei consumatori odierni e la grande varietà di tecniche di lavorazione dei prodotti alimentari, una qualsiasi definizione non può semplicemente stabilire che “naturale” è quanto esente da ingredienti artificiali, ma dovrebbe andare più a fondo tenendo conto delle questioni sollevate in questo articolo e dei contenziosi che ci sono stati e continueranno ad esserci sull’uso di tale termine.
Bibliografia
(1) Regolamento (CE) No 1334/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 Dicembre 2008 sugli aromi e certi ingredienti alimentari con proprietà aromatizzanti per l’utilizzo negli/sugli alimenti e che modifica il Regolamento del Consiglio (CEE) No 1601/91, Regolamenti (CE) No 2232/96 e (CE) No 110/2008 e la Direttiva 2000/13/CE, OJ L 354, 31.12.2008
(2) Regolamento (CE) No 1333/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 Dicembre 2008 sugli additivi alimentari, OJ L 354, 31.12.2008.
(3) Note orientative sulla classificazione degli estratti alimentari con proprietà coloranti, disponibile su Internet al sito https://ec.europa.eu/food/sites/food/files/safety/docs/fs_food-improvement-agents_guidance_additive-eu-rules.pdf> (ultimo accesso 25 Gennaio 2017).
(4) Regolamento (CE) No 1924/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 Dicembre 2006 sulla nutrizione e Claims salutistici sugli alimenti, OJ L 404, 30.12.2006.
(5) Direttiva 2009/54/CE sulla valorizzazione e il marketing delle acque minerali naturali.
(6) Regolamento (CE) No 1169/2011 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 Ottobre 2011 sulla fornitura di informazioni alimentari ai consumatori, che modifica i Regolamenti (CE) No 1924/2006 e (CE) No 1925/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio e che revoca la Direttiva della Commissione 87/250/CEE, Direttiva del Consiglio 90/496/CEE, Direttiva della Commissione 1999/10/CE, Direttiva 2000/13/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, Direttive della Commissione 2002/67/CE e 2008/5/CE e Regolamento della Commissione (CE) No 608/2004, OJ L 304, 22.11.2011
(7) Food Standards Agency, Criteria for the Use of the Terms Fresh, Pure, Natural etc in Food Labelling disponibile su internet al sito
https://www.food.gov.uk/sites/default/files/multimedia/pdfs/markcritguidance.pdf
(ultimo aggiornamento 25 Gennaio 2017).
(8) Nota informativa No 2009-136, del 18 agosto 2009.
(9) Food Safety Authority of Ireland, The use of Food Marketing Terms, disponibile su internet al sito https://www.fsai.ie/publications_food_marketing_terms/ (ultimo aggiornamento 25 Gennaio 2017).
(10) Sentenza della Corte (Prima Camera) 4 aprile 2000- C-465/98.
(11) Utilizzo del termine “naturale” nell’etichettatura di prodotti alimentari per uso umano disponibile su internet al sito https://www.regulations.gov/docket?D=FDA-2014-N-1207 (ultimo aggiornamento 25 Gennaio 2017).