Salute della donna: integratori alimentari per apparato riproduttivo, fertilità, gravidanza e menopausa
In Italia le donne rappresentano il 51% della popolazione, pari a 30 milioni. La donna di oggi ha uno stile di vita che la espone a fattori di rischio importanti; lo stress, un’alimentazione irregolare, una scarsa attività fisica e il fumo rappresentano i principali elementi che incidono negativamente sulla salute.
Il benessere psicofisico di una persona passa attraverso un equilibrio nell’alimentazione accompagnato da una regolare attività fisica. Nella vita di una donna vi sono diversi periodi in cui il cambiamento fisiologico è particolarmente delicato; è pertanto necessario prestare particolare attenzione a soddisfare le necessità nutrizionali, in modo da mantenere una condizione di benessere generale. I principali cambiamenti che hanno luogo durante la vita di una donna sono rappresentati da un rapido sviluppo in periodo adolescenziale con la comparsa del menarca (prima mestruazione), dalla gravidanza e allattamento, preceduti da una fase di controllo della fertilità mediante l’utilizzo di contraccettivi orali ed infine dalla delicata fase della menopausa.
Gli studi sugli apporti nutrizionali evidenziano spesso nelle donne una carenza cronica di alcuni elementi come il ferro, l’acido folico, il calcio, il magnesio e molte vitamine, sia durante il periodo adolescenziale che in età adulta. La donna che desidera una gravidanza dovrebbe, quindi, prepararsi per tempo a questo importante evento dal momento che l’apporto di integratori alimentari contenenti vitamine e sali minerali è molto più utile per la salute della madre e del nascituro se assunti prima dell’inizio del periodo gestazionale.
Le diete a basso apporto calorico e quelle dimagranti, i disordini alimentari e la scelta di regimi vegetariani rendono le donne ancora più a rischio di squilibri nutrizionali.
Inoltre gli integratori alimentari contenenti specifiche sostanze naturali vengono utilizzati anche per trattare alcuni sintomi quali la dismenorrea e la sindrome premestruale durante la vita fertile ed ancora di più in menopausa, in particolare da quando la terapia ormonale sostitutiva è stata quasi del tutto abbandonata. La somministrazione di sostanze naturali contenenti fitoestrogeni di differente origine vegetale in associazione a sostanze come calcio, vit. D, agnocasto, iperico, per citare alcune tra le più comuni sostanze utilizzate, è in grado di contrastare in un’alta percentuale di casi i principali sintomi neurovegetativi che colpiscono la donna in questa delicata fase della vita.
L’obiettivo di questo capitolo è quello di esaminare gli aspetti più significativi della vita di una donna e di capire quali sostanze presenti negli integratori risultino più indicate per favorire una condizione di benessere fisiologico.
Adolescenza e post-menarca
Dal menarca al 19° anno (teenagers)
La pubertà è il periodo di passaggio dall’infanzia all’età adulta e si manifesta con lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari e la comparsa del menarca. Durante questo periodo le ragazze tendono ad avere un’alimentazione non equilibrata con ripercussioni negative sulla regolarità del ciclo mestruale, disturbi della sessualità, depressione e minore calcificazione della massa ossea.
L’accrescimento è un periodo molto importante per lo sviluppo dello scheletro. L’osso è una struttura composta da una matrice di collagene, cristalli di idrossiapatite e proteine non collagene.1 Il contenuto minerale osseo aumenta di 40 volte dalla nascita fino all’età adulta raggiungendo il 90% alla fine dell’adolescenza.2 L’accrescimento minerale osseo è influenzato da vari fattori di crescita, in particolare dall’insulin like growth factor I (IGF-I), dagli ormoni steroidei, ma anche da fattori ambientali come dieta e attività fisica.
La vitamina D, giocando un ruolo chiave nella regolazione del metabolismo del calcio e del fosforo, ha un ruolo fondamentale nel metabolismo osseo. La vitamina D, o calciferolo, è un ormone liposolubile necessario per l’assorbimento e l’utilizzo del calcio, in quanto in sua assenza solo il 10-15% del calcio viene assorbito.3 Esiste in due forme: vitamina D2, o ergocalciferolo, di origine vegetale, e vitamina D3, o cole- calciferolo, di origine animale.
Esistono solo pochi alimenti che possono rappresentare una fonte di assunzione di vitamina D e tra questi il pesce azzurro, il tuorlo d’uovo, le noccioline e alcuni funghi; al contrario, il latte umano non fornisce un’adeguata quantità di vitamina D (circa 20 UI/L). Come integratori orali sono utilizzati sia la vitamina D2 che la vitamina D3. Esistono varie controversie su quale sia la formulazione migliore; una recente meta-analisi ha suggerito che la D3 sia preferibile alla D2, soprattutto se utilizzata nei regimi di assunzione settimanale o mensile,4 mentre in un successivo studio, eseguito su 53 neonati di 1 mese, è stato vista un’uguale capacità nell’innalzare i livelli di 25(OH)D.5
Nel 2008 l’American Academy of Pediatrics (AAP)6 ha pubblicato le raccomandazioni per una corretto utilizzo di integratori di vitamina D e tali linee guida, recentemente aggiornate, 7 concordano con quelle formulate dall’Institute of Medicine (IOM), 8 che ha proposto come dose giornaliera raccomandata (RDA, Recommended Dietary Allowance) 400 UI per i neonati sotto 1 anno di vita e 600 UI per tutto il resto della popolazione pediatrica (1-18 anni). Tale integrazione dovrebbe iniziare nei primi giorni di vita, indipendentemente dal tipo di allattamento adottato. Per quanto riguarda l’integrazione negli adolescenti, vanno tenute in considerazione le variazioni stagionali di esposizione al sole,9 per cui ogni Paese dovrebbe considerare la propria situazione locale e promuovere eventualmente una supplementazione durante l’inverno.
Anche il calcio è necessario per l’accrescimento osseo e la sua assunzione durante l’infanzia e l’adolescenza influenza il raggiungimento del picco di massa ossea. Circa il 99% del calcio si trova nello scheletro e l’assorbimento avviene sia passivamente che attivamente attraverso la vitamina D. La dose raccomandata di calcio per i preadolescenti e gli adolescenti dai 9 ai 18 anni è di 1300 mg/die: 240 ml di latte fornisco- no circa 300 mg di calcio. Altre fonti sono rappresentate dalle verdure a foglia verde, dai legumi, dalle noccioline e dai succhi di frutta. Sebbene un vario numero si studi abbia dimostrato un effetto positivo della supplementazione del calcio sul contenuto minerale osseo,10-11 una recente meta-analisi di studi clinici randomizzatiha riscontrato che l’integrazione di calcio non ha effetti sulla densità dimassa ossea a livello della spina lombare e del collo del femore; un piccolo effetto positivo è stato rilevato sugli arti superiori e sulla massa ossea totale di circa l’1,7%.12
Il magnesio è un altro componente importante della massa ossea.13-15 Circa la metà di tutto il Magnesio contenuto nell’organismo si reperta nell’osso sulla superficie di idrossiapatite.16,17 Gioca un ruolo centrale nell’omeostasi dei minerali, nella regolazione della secrezione e azione del paratormone (PTH)18,19 e nell’attivazione della vitamina D.20 La dose giornaliera raccomandata è di 240 mg/die per le ragazze di 9-13 anni e di 360 mg/die per le ragazze di 14-18 anni.21 Esiste un numero limitato di studi che evidenziano come la supplementazione di Mg+ diminuisca il turnoverosseo e migliori la massa ossea.22,23 Inunrecente studio condotto su ragazze adolescenti tra gli 8 e i 14 anni è stata somministrata una dose di Mg+ di 300 mg/die per circa 1 anno, dimostrando non solo che la dose somministrata è sicura e ben tollerata, ma anche un miglioramento del contenuto minerale osseo a livello dell’anca.24
Oltre all’accrescimento osseo e alla salute dello scheletro è importante che le ragazze abbiano una percentuale di grasso sufficiente a garantire una regolarità mestruale. Avere un ciclo regolare vuol dire produrre concentrazioni ormonali ed in particolare di estrogeni in grado di garantire un buon equilibrio psico-fisico. In questa fase è utile un’integrazione di aminoacidi e vitamine del complesso B oltre ai sali minerali. Questo tipo di supplementazione può essere fatta a cicli anche per non dare l’idea a queste adolescenti di essere malate. Un problema opposto, ma che vede proprio in questo periodo il maggior rischio di sviluppo, è quello relativo al sovrappeso e all’insorgenza della sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) con relativa insulino-resistenza. A questo tipo di ragazze, oltre a raccomandare una dieta po- vera di carboidrati semplici e zuccheri raffinati, è utile somministrare integratori contenenti il myo- o d-chiro-inositolo, sostanze note per la loro azione insulino-sensibilizzante.
Queste sostanze sono vitamine del gruppo B e possono essere somministrate da sole o in associazione a particolari fibre come il glucomannano o a sostanze come la monacolina-K, in grado di controllare il metabolismo lipidico e ridurre i livelli di androgeni che in queste ragazze sono i maggiori responsabili dell’insorgenza di acne e irsutismo.25,26 Pertanto l’uso di questo tipo di integratori può essere visto da una parte come prevenzione nei soggetti a rischio e anche come presidio terapeutico nelle ragazze che presentano già i sintomi correlabili a questa sindrome.
Età fertile
Dismenorrea
La dismenorrea è un disturbo ginecologico comune che interessa circa il 60% delle donne27 e che può essere distinta in primaria o secondaria.28 Si considera dismenorrea primaria il dolore mestruale senza la presenza di una patologia pelvica. Il dolore è solitamente ciclico, inizia in genere poche ore prima o appena dopo l’insorgenza della mestruazione e dura per 48-72 ore; viene descritto come crampiforme, sovrapubico e può essere accompagnato da un dolore lombosacrale che si irradia lungo la coscia anteriormente.27-29 La dismenorrea primaria è causata dalle prostaglandine che provocano la contrazione del miometrio.27,30 La dismenorrea, colpendo sia le adolescenti che le donne adulte, rappresenta un importante problema personale e di salute pubblica, causando assenteismo dal lavoro e dalla scuola. Sono state proposte varie possibilità di trattamento tra cui i contraccettivi orali (CO), i farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS) e anche trattamenti non farmacologici come l’esercizio fisico, l’agopuntura, la TENS (trans-electrical nerve stimulation) e integratori alimentari a base di vitamine E, B, C, calcio, magnesio da soli o associati a erbe medicali.30-33
I FANS, come l’ibuprofene ad esempio, sono efficaci nel trattamento della dismenorrea, ma possono essere controindicati in alcune tipologie di pazienti, come ad esempio in chi soffre di ulcera gastri-cointestinale; inoltre questi farmaci hanno vari effetti collaterali tra cui nausea, dispepsia, diarrea.27 Per tali ragioni, negli ultimi anni, l’uso di sostanze naturali alternative è aumentato esponenzialmente. Ne è un esempio la cannella, che è stata recentemente utilizzata per svariate applicazioni in campo medico. In uno studio randomizzato in doppio cieco, in cui venivano somministrati 420 mg di cannella o placebo a 76 studentesse con dismenorrea primaria, è stato rilevata una riduzione significativa dell’intensità del sanguinamento e del dolore pelvico nel gruppo che assumeva cannella.34 Un’altra sostanza naturale utilizzabile è il finocchio (Foeniculum vulgare Mill), una pianta umbelliferous. 35 È stato dimostrato che sia i semi che l’estratto, l’aneto, di questa pianta aumentano l’appetito, hanno proprietà digestive, lassative ed anti-spastiche.36-38 Proprio quest’azione anti-spastica è probabilmente alla base della sua efficacia sulla dismenorrea. È stato inoltre visto che l’aneto, unendosi ai recettori per la dopamina, è in grado di ridurre il dolore.39-42
Anche la vitamina E può essere utilizzata nel trattamento della dismenorrea primaria, grazie alla sua attività anti-ossidante che sopprime l’ossidazione dell’acido arachidonico, diminuendo quindi la produzione di prostaglandine.43-45 Uno studio recente ha riportato che l’associazione vitamina E/acido mefenamico è in grado di alleviare maggiormente il dolore rispetto all’acido mefenamico da solo.46 È stato osservato che anche la vit. E da sola ha un effetto di sollievo dal dolore. In un altro studio in doppio cieco randomizzato veniva confrontata l’efficacia di un’associazione finocchio/vit. E con l’i- buprofene rilevando che il dolore era minore nel gruppo trattato con finocchio e vit. E, rendendo questa combinazione una valida alternativa per le pazienti che non possono fare uso di FANS.47
Sindrome premestruale
La sindrome premestruale (PMS) affligge milioni di donne; è stato infatti stimato che l’80-90% delle donne in età riproduttiva ne sia affetta e che il 3-8% di queste lamenti una sintomatologia severa.48 Questo disturbo consiste in una serie di sintomi fisici, emotivi e comportamentali come fatica, irritabilità, edema, ansia, tensione mammaria, sbalzi d’umore, depressione, acne, aumentato appetito, cefalea, scarsa concentrazione, sintomi gastrointestinali, vampate.49,50 In accordo con i criteri diagnostici proposti dall’American Psychiatric Association (APA), la PMS si diagnostica attraverso la compilazione di un diario, in cui vengono registrati un minimo di 5 sintomi che persistono durante l’ultima settimana della fase luteale fino ai primi 4 giorni del ciclo successivo per almeno 2 cicli consecutivi, tali da interferire con il lavoro o le normali attività giornaliere.51
Oltre al trattamento farmacologico tradizionale, sono stati proposti trattamenti a base di vitamine, che sono risultati essere sicuri ed efficaci. La vitamina B1, che è stata la prima vitamina idrosolubile scoperta, è fondamentale in numerosi processi dell’organismo, quali l’omeostasi e il metabolismo dei carboidrati, e ha un’azione importante sul sistema nervoso centrale e neuromuscolare. Non ha alcun effetto collaterale, sebbene un uso prolungato possa causare cefalea e, a volte, palpitazioni.52 La vitamina B1 è utilizzata per trattare nausea e vomito ed ha anche un’azione sulla depressione, la fatica, la dismenorrea e i crampi muscolari.53
In uno studio randomizzato in doppio cieco è stato visto che la somministrazione di vitamina B1 riduce i sintomi fisici e psichici della PMS rispetto al placebo.54 Un altro possibile trattamento proposto è il Mg+, in quanto è stato osservato che i suoi livelli all’interno degli eritrociti e dei leucociti di donne con PMS risultano diminuiti rispetto alle altre donne.55 Anche la vitamina B6, agendo sulla sintesi delle prostaglandine e degli acidi grassi ed aumentando i livelli di serotonina e dopamina, può avere un ruolo centrale nel trattamento della PMS. Alcuni ricercatori hanno dimostrato come la carenza di vitamina B6 diminuisca la dopamina a livello renale e incrementi l’escrezione di sodio, che provoca l’accumulo di liquidi che causa edema e gonfiore. La somministrazione di vitamina B6 dovrebbe quindi ridurre la sintomatologia della PMS.24
Sebbene alcuni studi riportino un’associazione inversa tra i livelli di vitamina D e il rischio di depressione,56,57 fibromialgia,58 dismenorrea59 e fibromi uterini,60,61 l’utilità della supplementazione con vitamina D nella prevenzione e nel trattamento della PMS deve essere ancora chiarita. In uno studio è stato visto che le donne che assumono 400 UI di vit. D al giorno hanno il 40% di rischio in meno di avere una diagnosi di PMS nei 2-4 anni successivi se paragonate alle donne che ne assumono 100 UI/die.62
Iperandrogenismo
La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è il più comune disordine endocrino nelle donne in età riproduttiva, presente in più del 18% della popolazione femminile.63 La PCOS è caratterizzata dalla presenza di ovaie micropolicistiche, disfunzioni mestruali, infertilità e iperandrogenismo clinico (irsu- tismo e/o acne) e/o biochimico (androgeni elevati).64 È anche associata ad una maggiore incidenza dei fattori di rischio per malattie cardiovascolari (CVD), tra cui un aumento della prevalenza di aterosclerosi subclinica, diabete di tipo 2 e dislipidemia.65,66 Inoltre è presente una stretta associazione tra obesità, insulino-resistenza e PCOS.67-69 Studi osservazionali hanno trovato delle correlazioni tra i markers di iperandrogenismo e la vitamina D.
È stato visto che le donne affette da irsutismo hanno livelli inferiori di 25-OH-D in base al BMI rispetto ai controlli (17 vs 29 ng/ml, rispettivamente)70 e che donne con irsutismo e PCOS hanno livelli più bassi rispetto alle donne PCOS senza irsutismo (21,4 vs 26,8 ng/ml, rispettivamente).71 Nelle donne con PCOS, i livelli di 25-OH-D sono stati associati positivamente con i livelli di SHBG71-73 e negativamente con il grado di irsutismo,71,72 il free androgen index (FAI),72,73 il testosterone totale e il deidroepiandro- sterone solfato.74
Ci sono pochi studi sull’effetto della supplementazione di vitamina D sui markers di iperandrogenismo e si è visto che agiscono sui livelli di testosterone, SHBG e FAI.75,76
Altra possibilità di integrazione è rappresentata dall’inositolo, uno zucchero carbociclico, con proprietà insulino-sensibilizzante. Due diversi stereoisomeri sono attualmente impiegati nel trattamento della PCOS: il myo-inositolo e il d-chiro-inositolo. Il myo-inositolo è l’isoforma dell’inositolo più abbondantemente rappresentato in natura; da questo, grazie all’azione di un’epimerasi, viene sintetizzato il d-chiro-inositolo. Questa reazione, dipendente dall’insulina, ha luogo prevalentemente nei tessuti insulino-sensibili, quali il fegato e il muscolo. Entrambi gli stereoisomeri presentano in vivo un’azione insulino-simile e infatti il d-chiro-inositolo viene incorporato in un fosfolipide di membrana, l’inosi- tolo-fosfoglicano, coinvolto nella trasduzione del segnale intracellulare dell’insulina.
L’interazione dell’insulina con il suo recettore può attivare questa via di trasduzione alternativa, causando l’idrolisi del fosfolipide e la formazione di messaggeri intracellulari coinvolti nel metabolismo ossidativo anziché non-ossidativo del glucosio. La somministrazione di d-chiro-inositolo in donne con PCOS ha portato a una riduzione dei livelli sierici di testosterone e un miglioramento del tasso di ovulazione e dei parametri metabolici quali pressione arteriosa e trigliceridi.77 Questi stessi risultati sono stati confermati in modo indipendente da Gerli et al.78 con uno studio doppio cieco, controllato, randomizzato su 283 donne con PCOS, nel quale è stato dimostrato un incremento di circa 2 volte della percentuale di ovulazione nonché dei livelli di colesterolo HDL in donne che hanno assunto d-chiro-inositolo; tali effetti concordano con un miglioramento della sensibilità all’insulina. Risultati simili sono stati ottenuti dopo somministrazione orale di myo-inositolo, precursore del d-chiro-inositolo.79,80
Tenendo conto che il trattamento dei disturbi dermatologici è un ulteriore obiettivo della terapia delle donne affette da PCOS, il myo-inositolo è stato testato per valutare gli effetti sul profilo lipidico e sulla sensibilità all’insulina nelle donne affette da irsutismo.81 La sua somministrazione in 46 donne irsute ha ridotto in modo significativo sia l’irsutismo che l’iperandrogenismo e migliorato l’anomalo profilo metabolico di queste pazienti. È stata riscontrata una riduzione degli androgeni totali, dell’FSH e dell’LH, con un aumento delle concentrazioni dell’estradiolo.
Queste osservazioni sono in accordo con i comprovati effetti benefici dell’inositolo nel ridurre l’insuli- no-resistenza, migliorare la funzione ovarica e ridurre l’iperandrogenismo82 e le manifestazioni cutanee a esso associate, in maniera sovrapponibilie a quelli della metformina.83,84 Il myo-inositolo possiede inoltre un’azione positiva nelle donne PCOS-simili sottoposte a tecniche di procreazione assistita85 e quando associato alla monacolina riduce i livelli degli androgeni e del profilo lipidico.25
Prevenzione e trattamento della cellulite
Con il termine cellulite ci si riferisce a una locale alterazione del rilievo cutaneo che acquisisce un aspetto a buccia d’arancia. Questa alterazione si forma poiché i lobuli di grasso sporgono fuori dalla struttura di collagene e penetrano nel derma. Questo fenomeno si manifesta principalmente sui fianchi e sulle cosce, ma può estendersi anche ad altre aree, come l’addome. Il problema, che inizia solitamente nel periodo dell’adolescenza, è presente a vari gradi in circa il 90% delle donne.86-88
Sebbene la cellulite sia un fenomeno che coinvolge le cellule adipose, non è tipica della sola obesità in quanto anche le donne con un normale BMI ne possono essere affette, anche se l’essere in sovrappeso può essere un’aggravante. Rappresentano ulteriori fattori di rischio: la predisposizione genetica, altera- zioni ormonali, terapie che causano ritenzione di liquidi, stile di vita sedentario, prolungati periodi di immobilità, l’uso abituale di vestiti attillati, fumo, eccesso di alcol, sbagliate abitudini alimentari, stress.89 Infine, l’insufficienza venosa, patologie renali, alterazioni metaboliche e disturbi gastrointestinali sono tra i principali disturbi associati con la cellulite.89
L’esatta eziologia della cellulite è ancora materia di dibattito, ma la maggioranza degli autori concorda nel coinvolgimento di una ridotta microcircolazione, edema, ipertrofia degli adipociti localizzata, stress ossidativo e un persistente basso grado di infiammazione, combinato ad alterazioni della matrice extra- cellulare.90-94 Anche l’estensibilità e l’elasticità della pelle risultano alterate.95
La patogenesi potrebbe essere innescata da un’attivazione delle metallo-proteinasi (MMPs) indotta dagli ormoni che, indebolendo le pareti capillari e interrompendo l’integrità della matrice extracellulare,96 determinerebbero la fuoriuscita di liquido dai vasi, con reclutamento di cellule infiammatorie e ulteriore rilascio di MMPs. Nel tentativo di riparare il danno, la matrice alterata diventa fibrosclerotica,92 mentre gli ormoni, stimolando l’attività metabolica degli adipociti, ne aumentano il volume. I lobuli ipertofici iniziano a esercitare quindi una pressione sui capillari circostanti, aggravando la già fragile e ostacolata circolazione.95
Come prevenzione e trattamento della cellulite si utilizzano preparazioni fitoterapiche che hanno un effetto sul tessuto adiposo, sul tessuto connettivo e migliorano la microcircolazione. Possono essere usati per via orale, a livello topico o per via transdermica. Gli ingredienti possono essere la caffeina, il retinolo, la forskolina (Coleus forskohlii), il loto (Nelumbo nucifera), la carnitina e l’escina. La caffeina, la cui azione dimagrante è confermata in letteratura, è in grado di attivare la lipolisi inibendo l’azione della fosfodiesterasi e aumentando i livelli di adenosina monofosfato negli adipociti.87,97 Numerosi studi sottolineano come l’associazione del trattamento con caffeina ad altre preparazioni possa aumentare gli effetti terapeutici. Infatti l’associazione di caffeina e di estratto di N. nucifera aumenta i benefici di una dieta equilibrata nel trattamento della cellulite,98 mentre l’associazione di caffeina, carnitina, forskolina e retinolo migliora i parametri della cellulite.99 Inoltre un’associazione di retinolo, caffeina e ruscoge- nina aumenta la microcircolazione migliorando quindi l’aspetto a buccia d’arancia.100 Anche i singoli ingredienti hanno una documentata attività anti-cellulite: infatti il retinolo migliora da solo lo spessore della pelle nelle pazienti con cellulite. L’escina, derivante dall’ippocastano, è un altro ingrediente che ha trovato applicazione come anticellulite, in quanto rafforza i capillari e limita l’edema.101,102
La Centella asiatica è un comune ingrediente usato nei cosmetici anti-cellulite e anti-strie. Mentre le metilxantine (caffeina, teobromina, teofillina) hanno un documentato effetto lipolitico, l’estratto di Centella asiatica sembra agire normalizzando il metabolismo delle cellule del tessuto connettivo, rego- lando la microcircolazione e aumentando il metabolismo di lisina e prolina, con conseguente aumento, nel tessuto connettivo, della sintesi di procollagene e mucoplisaccaridi, che di questi aminoacidi sono molto ricchi. Dati in letteratura dimostrano, inoltre, come la centella migliori la nutrizione dei tessuti e stimoli la vascolarizzazione del tessuto connettivo.103
Gli effetti benefici del trattamento della cellulite con la Centella asiatica sono confermati solo da pochi studi che, oltretutto, non hanno usato criteri standard per valutare il progresso del trattamento e che spesso non hanno un gruppo di controllo interno. Uno studio istopatologico condotto in doppio cieco che coinvolgeva 35 pazienti ha valutato la grandezza degli adipociti nella regione gluteo-femorale e nella regione del deltoide.
A 20 partecipanti allo studio sono stati somministrati 60 mg di estratto di Centella asiatica al giorno e ai controlli è stato somministrato del placebo. I risultati dimostrano, nel gruppo che assumeva la centella, una riduzione del diametro degli adipociti in entrambe le regioni studiate, con una predominanza della regione gluteo-femorale, associata a una riduzione della fibrosi tra gli adipociti.104
Donne che fanno uso di contraccettivi orali
I contraccettivi orali sono i farmaci più usati dalle donne in periodo riproduttivo nei Paesi sviluppati105 e contengono una combinazione di estrogeni e progestinici. Gli ormoni sessuali interferiscono con il sistema renina-angiotensina-aldosterone e in particolare gli estrogeni incrementano la ritenzione di sodio. Pertanto, l’uso dei CO, causando ritenzione idrica, può promuovere sintomi come edema e aumento di peso corporeo.106,107
Tra i trattamenti naturali che potrebbero aiutare a ridurre questi effetti collaterali c’è la Centella asiatica, che contiene una varietà di ingredienti, tra cui asiaticoside (un glucoside triterpenico), brahmoside e brahminoside (entrambi i glicosidi saponina), madecassoside (un glucoside con forti proprietà anti-in- fiammatorie), l’acido madecassico, tiamina, riboflavina, piridossina, vitamina K, aspartato, glutammato, serina, treonina, alanina, lisina, istidina, magnesio, calcio e sodio.108 La Centella asiatica ha effetti benefici sul sistema venoso; è stato, infatti, dimostrato che la frazione triterpenica della centella è efficace nel migliorare le alterazioni della parete venosa nell’ipertensione venosa cronica e nel proteggere l’endotelio venoso.109 Inoltre, induce la sintesi del collagene e di altre proteine dei tessuti da parte dei fibroblasti nella parete venosa, e stimola il rimodellamento del collagene intorno alla parete venosa. La Centella asiatica è attiva sul microcircolo nella microangiopatia venosa e diabetica e può migliorare segni e sintomi di ipertensione venosa ed edema.109-111 In conclusione, le diverse azioni benefiche della centella sul sistema venoso e sul tessuto connettivo la rendono utile per il trattamento dei problemi venosi e della ritenzione di liquidi indotta da CO.
A partire dal 1960, un certo numero di studi ha suggerito che l’uso di contraccettivi orali può avere un impatto negativo sui livelli di folato.112-115 Tra i possibili meccanismi con cui i CO possono interferire con la riduzione dei livelli di folati ci sono sicuramente il malassorbimento di folato, una maggiore escrezione di folati nelle urine e un accelerato metabolismo dei folati attraverso l’induzione di enzimi microsomiali che richiedono acido folico.116 Poiché è stato dimostrato che il ritorno a un livello normale di folati avviene dopo circa 3 mesi dall’interruzione del CO, una supplementazione dietetica con acido folico deve essere presa in considerazione per le donne che pianificano una gravidanza subito dopo la sospensione dei contraccettivi orali. Sebbene siano necessari ulteriori studi per comprendere meglio il rapporto tra uso di CO e livelli di folati, la supplementazione di acido folico nelle donne che usano contraccettivi orali dovrebbe essere valutata.
La vitamina B2, detta anche riboflavina, è una vitamina idrosolubile presente sia nei tessuti animali che in quelli vegetali,117 essenziale in quanto coinvolta in processi chiave del metabolismo, quali la crescita cellulare e la produzione di energia. In particolare, sotto forma di flavina mononucleotide (FMN) e flavina adenina dinucleotide (FAD), la vitamina B2 è fondamentale per una serie di reazioni che coinvolgono carboidrati, aminoacidi e lipidi, nonché nella conversione di acido folico e vitamina B6 nella loro forma attiva.117,118 Alcuni studi hanno dimostrato che la carenza di riboflavina è comune nelle donne in età fertile e di un livello socioeconomico basso, e che l’uso di contraccettivi orali aggrava tale deficit.119 Uno studio successivo ha dimostrato che gli integratori vitaminici inducono un significativo miglioramento nelle carenze preesistenti di vitamina B2 in donne che sono in trattamento con CO a basso dosaggio.120 Complessivamente, questi risultati suggeriscono che la supplementazione di vitamina B2 nelle donne che assumono contraccettivi orali può essere importante soprattutto nelle aree geografiche dove la carenza di glucosio-6-fosfato deidrogenasi è comune.121
La vitamina B6 è una vitamina idrosolubile presente in molti alimenti. Con il termine vitamina B6 si indicano sei composti coinvolti in numerose funzioni fisiologiche; infatti partecipano a più di 100 reazioni enzimatiche, principalmente nel metabolismo delle proteine.122 La vitamina B6 ha inoltre un ruolo chiave nella biosintesi dei neurotrasmettitori; per esempio, è necessaria per la conversione del triptofano in niacina e serotonina. Di conseguenza, una carenza di vitamina B6 può causare bassi livelli di serotonina e/o alterazione della conversione del triptofano in niacina. La vitamina B6 è importante per mantenere livelli normali di omocisteina; inoltre, è coinvolta nella gluconeogenesi, nella glicogenolisi e nella formazione dell’emoglobina.123 È stato riportato che l’uso di CO diminuisce i livelli di vitamina B6; poiché bassi livelli di vitamina B6 sono associati ad aumentato rischio di tromboembolismo venoso e arterioso (TE), è possibile ipotizzare che l’uso di CO aumenti il rischio di TE.124 Complessivamente, i risultati più recenti sui CO a basso dosaggio confermano i dati precedenti e suggeriscono che la supplementazione può essere necessaria per mantenere adeguati livelli di vitamina B6 nelle donne che assumono CO.125
La vitamina B12 (nota anche come cobalamina) è un nutriente essenziale che svolge un ruolo significativo nel metabolismo cellulare, soprattutto nella sintesi e regolazione del DNA, ma anche nella sintesi e produzione di energia dagli acidi grassi. Numerosi studi hanno evidenziato bassi livelli sierici di vitamina B12 in donne che usano contraccettivi orali, rispetto a controlli.126-129 Anche se vi è una stretta correlazione tra folati e vitamina B12, i meccanismi che determinano bassi livelli sierici di vitamina B12 in pazienti che usano CO sembrano essere diversi da quelli che causano bassi livelli sierici di folato; infatti la terapia con folati non corregge i bassi livelli sierici di vitamina B12 nelle donne che usano CO.129,130 I meccanismi attraverso i quali i livelli sierici di vitamina B12 sono ridotti non sono completamente compresi.
La vitamina C è una vitamina solubile in acqua che agisce come cofattore in una serie di reazioni metaboliche che includono la sintesi del collagene, di carnitina e catecolamine e nel metabolismo della tirosina; è anche coinvolta nel mantenimento degli ioni metallici (quali ferro e rame) nelle loro forme ridotte e serve come “spazzino” per radicali liberi. La carenza di questa vitamina porta a una varietà di anomalie cliniche che includono scorbuto, scarsa guarigione delle ferite, instabilità vasomotoria e del tessuto connettivo. Si è visto che i livelli di vitamina C nelle piastrine e nei leucociti sono ridotti in pazienti che usano contraccettivi orali, in particolare quelli contenenti estrogeni; pertanto è stato ipotizzato che l’estro- geno aumenti il metabolismo della vitamina C.131-134 È stato suggerito che la variazione dei livelli ematici è la conseguenza diun’alterazione dell’assorbimento tissutale che provoca cambiamenti nella distribuzione della vitamina.121 Altri autori hanno evidenziato come un adeguato apporto dietetico di acido ascorbico garantisca il mantenimento di normali livelli di acido ascorbico anche in donne che assumono CO per periodi da sei mesi a sette anni. Tuttavia, la situazione potrebbe essere diversa per i pazienti che hanno una dieta povera, abitudini malsane o una patologia di malassorbimento.135
La vitamina E fa parte di un gruppo di potenti antiossidanti liposolubili. Buone fonti alimentari di vitamina E sono gli oli vegetali e le margarine. La vitamina E si trova anche in frutta e verdura, cereali, noci, semi e cereali fortificati. Alcuni autori136 hanno dimostrato che i contraccettivi orali combinati diminuiscono i livelli di tocoferoli nel plasma e, di conseguenza, hanno proposto che le donne che assumono questi farmaci facciano un’integrazione di vitamina E.
Gravidanza
Periodo pregravidico
Il concepimento, l’impianto e lo sviluppo iniziale della gravidanza, ma anche lo sviluppo placentare, richiedono energia e micronutrienti, tra cui le vitamine, sebbene ad oggi le dosi esatte di questa supplementazione non siano state chiaramente definite (Figura 1).
La malnutrizione è determinata da un inadeguato apporto di sostanze nutritive fondamentali presenti in una dieta corretta; questo può voler dire scarso apporto di macro- e micronutrienti (magrezza patologica), eccessivo apporto di nutrienti (obesità), eccessivo apporto di sostanze inappropriate (alcolismo).
Per questo la malnutrizione rappresenta un argomento di sanità pubblica di interesse mondiale, soprattutto per le popolazioni comprendenti gruppi vulnerabili quali i bambini, gli anziani e le donne in gravidanza e in allattamento. È fondamentale sapere che il giusto apporto di micro- e macronutrienti preserva da patologie quali il parto pretermine e il basso peso alla nascita, e supporta la salute della donna durante la gestazione. I micronutrienti sembrano avere effetto sulla gravidanza tramite la loro influenza su enzimi, trascrizione e trasduzione del segnale.137
Negli anni passati studi clinici hanno dimostrato come l’uso di multivitaminici in epoca preconcezionale fosse protettivo nei confronti di patologie gravidiche quali la preeclampsia,138,139 i rallentamenti di crescita e il parto pretermine,140,141 ipotizzando che potessero agire proprio sullo sviluppo e la funzione placentare;142,143 questo perché è stato dimostrato che le morti fetali in utero nella maggior parte dei casi riconoscono come causa eziologica una disfunzione placentare nelle sue fasi iniziali di sviluppo.144-146
L’utilizzo di folato, da solo o contenuto in un multivitaminico, è raccomandato prima e nelle fasi iniziali della gravidanza, principalmente per il suo chiaro ruolo nella prevenzione dei difetti del tubo neurale.147,148 Per questo è molto importante da parte del ginecologo ricordare alla donna, ad ogni visita in età fertile, l’importanza di assumere acido folico quando esprime il desiderio di intraprendere una gravidanza. È inoltre importante ricordare di seguire una dieta variata e ricca di nutrienti contenenti questa sostanza.
Nonostante quanto detto l’utilizzo di multivitaminici, ma non di folato, in epoca preconcezionale risulta ancora controverso e sono numerosi gli studi in letteratura che cercano di focalizzare l’attenzione proprio su questo aspetto149 (Tabella 1).
Durante la gravidanza
Esistono in commercio numerosi integratori che, in varia misura e modalità, vengono prescritti alla donna in gravidanza senza che sia stata fatta una valutazione dell’effettivo fabbisogno, in modo da correlarlo con le sostanze presenti nel prodotto. Particolare attenzione dovrebbe essere data all’anamnesi della donna prima dell’inizio della maternità. Conoscere le caratteristiche del ciclo mestruale, se irregolare in termini di quantità e durata, la familiarità verso alcune patologie dismetaboliche quali diabete di tipo 2 o ipotiroidismo, lo stato della pressione arteriosa, il peso corporeo con il suo BMI, aiuta a personalizzare la prescrizione di un integratore rispetto a un altro, in modo da correggere condizioni deficitarie (anemia sideropenica, elettroliti sotto i limiti della norma, pH urinario basso) e nello stesso tempo a rispondere alle domande di prevenzione di patologie neonatali e gravidiche da parte delle donne. Cosa e quali dosi deve contenere un integratore per rispondere al meglio al fabbisogno aumentato di una donna in stato di gravidanza?
Per quanto riguarda le vitamine, è importante ricordare che è possibile trovarle in piccole quantità in molti cibi e che sono necessarie per le regolari funzioni metaboliche poiché intervengono in molte reazioni enzimatiche. Tra le varie vitamine assumono particolare rilievo quelle del complesso B, le vitamine A e D, l’acido folico o vitamina B9. L’acido folico è sufficiente come promoter della formazione dei globuli rossi, come regolatore di un normale sviluppo del feto e delle cellule nervose, a patto che venga somministrato in concentrazioni adeguate, che non dovrebbero essere inferiori a 400 mcg.
Nelle donne non anemiche, inoltre, è raccomandato l’utilizzo intermittente di folato e ferro al fine di prevenire lo sviluppo di anemia in gravidanza e migliorare l’outcome della gravidanza stessa.
È stimato che il 41,8% delle donne gravide di tutto il mondo sia anemico.150 Di queste, circa la metà ha un’anemia da carenza di ferro,151 mentre nell’altro 50% le cause di anemia sono da ricercarsi in stati carenziali di folato, vitamina B12 o vitamina A, infezioni croniche e disturbi ad esse correlati.
Le vitamine del complesso B (B1, B2, B6) sono utili per la formazione dei globuli rossi, per le funzioni cerebrali e come coenzimi nelle varie reazioni metaboliche della vitamina B1, che possiede anche un’azione polimerizzante e vasodilatatrice.
Riguardo la vitamina A, essa risulta utile nel promuovere la crescita delle ossa e lo sviluppo dentale e possiede azioni preventive nei confronti dei disturbi visivi. Naturalmente sono importanti le concentrazioni di vitamina A presenti nei vari integratori: concentrazioni di 3500 UI esplicano al massimo le loro potenzialità senza essere teratogene. Recentemente è stato ipotizzato un ruolo preventivo della vitamina A nei riguardi della formazione e crescita dei fibromi uterini. Il meccanismo d’azione si basa su un’attività antiestrogenica a livello della cellula miometriale. Essendo la gravidanza un importante stimolo per la crescita dei miomi uterini, la supplementazione di vitamina A sin dalla prima fase della gravidanza può risultare utile nel controllare la crescita dei miomi impedendo che raggiungano dimensioni tali da poter compromettere l’outcome della gravidanza.
Il contenuto in minerali di un integratore da somministrare in gravidanza rappresenta un punto di forza, in quanto minerali come calcio, magnesio, fosforo e zinco rappresentano elementi indispensabili per la formazione dello scheletro fetale e per il mantenimento dell’integrità di quello materno. Il magnesio, inoltre, possiede azioni antiacide, rinforza lo smalto dei denti, ha azione stimolante sulla funzione mu- scolare e nervosa e normalizza il ritmo cardiaco. Lo zinco, oltre a promuovere una crescita regolare del feto, in associazione alle vitamina C ed E, esercita una spiccata azione antiossidante in grado di avere effetti preventivi nei confronti della preeclampsia.
Poiché le donne affette da obesità e diabete gestazionale risultano più a rischio di malformazioni a carico del feto dovute all’eccessivo passaggio placentare di nutrienti che si rilevano embriotossici mediante processi di stress ossidativi, l’azione antiossidante degli integratori sembrerebbe essere utile anche in donne obese in stato di gravidanza. Un preparato multivitaminico ad azione antiossidante potrebbe prevenire tali malformazioni in associazione a una dieta ipocalorica. Non va trascurato l’apporto del ferro, che in concentrazioni adeguate – come 30 mg – e soprattutto se somministrato dall’inizio della gravidanza previene e cura l’anemia sideropenica dovuta a una dieta carente o a un aumentato fabbisogno. A queste dosi è in grado di stimolare la produzione di emoglobina da parte del midollo osseo.
In ultimo, ma non per importanza, un cenno sulla dieta. Purtroppo anche in Italia, come sempre di più nel mondo industrializzato, gli stili di vita hanno portato ad allontanarsi dalla dieta mediterranea, riducendo il consumo di frutta, verdura e pesce in favore di carboidrati semplici e lipidi saturi. Questo cambiamento può avere un effetto negativo anche sul rischio di apporti sub-ottimali di alcuni minerali e vitamine che, come abbiamo visto, sono essenziali per il fabbisogno di madre e feto.
Per quanto riguarda la frutta e la verdura, è importante considerare i processi di distribuzione, conservazione e trasformazione degli alimenti, comuni nei Paesi industrializzati, ma che possono ridurre significativamente il contenuto di alcune vitamine, soprattutto quelle più sensibili a calore e luce come folati e vitamine del gruppo B. In merito al pesce, è consigliabile consumare due porzioni di pesce a settimana, includendo le varietà più ricche di LC-PUFA omega-3 (pesce azzurro). Si ritiene così di poter apportare il giusto quantitativo di DHA, senza superare il livello accettabile di contaminanti. Va poi sottolineato che alcune categorie di donne sono più a rischio di carenze nutrizionali; le obese, ad esempio, hanno un rischio aumentato di deficit di vitamina D, le fumatrici hanno spesso livelli più bassi di DHA nel latte materno e le donne che seguono una dieta vegetariana/vegana invece sono esposte a un maggior rischio di carenza di vitamine B12, D e calcio. Per questo andrebbe individuata un’attività di screening per ogni paziente, allo scopo di identificare possibili stati carenziali alimentari.
Post-partum
Una volta avvenuto il parto, alla donna in puerperio viene generalmente prescritto un prodotto a base di ferro per consentire un più rapido ripristino dei normali livelli di emoglobina, per un periodo limitato di circa 20-30 giorni. Si ritiene che continuare ad assumere un integratore come quello preso durante la gravidanza aiuti la donna nella produzione e qualità del latte, prevenendo nello stesso tempo il rischio di astenia e stanchezza tipico dei primi mesi del post-partum.
Il neonato si affida sulla disponibilità di vitamina A nel latte materno per formare i suoi depositi, mantenere una crescita rapida e armoniosa e sviluppare il suo sistema immunitario, in quanto la vitamina A possiede una scarsa capacità di passare la placenta.152,153 Il colostro contiene concentrazioni di vit. A e di beta-carotene più elevate rispetto al latte.154,155
Anche i tempi di ingestione del colostro sembrano giocare un ruolo nell’efficienza dell’assorbimento intestinale della vitamina A. Si ipotizza che, durante l’allattamento, una grande percentuale della vitamina A della dieta è diretta alla ghiandola mammaria anziché al fegato, al contrario di quanto avviene al di fuori dell’allattamento.156
Una lieve diminuzione dei livelli circolanti materni di vitamina A si realizza di solito alla fine della gravidanza. Tale diminuzione è probabilmente la conseguenza di una maggiore diffusione della vitamina A dal sangue alla ghiandola mammaria (probabilmente a causa di un aumento dei recettori mammari per RBP-retinolo) per consentire la formazione di colostro.
Come nel caso della vitamina A, i livelli circolanti di vitamina E alla nascita sono molto bassi. Di conseguenza l’assunzione di vitamina E attraverso il latte è di massima importanza per fornire al neonato un’adeguata difesa antiossidante e per stimolare lo sviluppo del suo sistema immunitario.157,158 L’anemia emolitica nel neonato, per esempio, dovuta alla perossidazione lipidica nelle membrane eritrocitarie, è uno dei sintomi della carenza di vitamina E nelle fasi iniziali della vita. La membrana eritrocitaria dei neonati, infatti, è particolarmente suscettibile al danno ossidativo.
Il notevole aumento del contenuto di vitamina E nei tessuti del corpo neonatale e in particolare nel fegato dopo la nascita è attribuito all’ingestione di colostro e di latte. Sono necessari alcuni giorni dopo la nascita per raggiungere livelli sierici di vitamina E paragonabili a quelli degli adulti.159 Il colesterolo LDL ha un ruolo cruciale per il metabolismo del colesterolo e della vitamina E.
Contrariamente al trasferimento placentare, il trasferimento attraverso colostro e latte può essere aumentato tramite una maggiore ingestione di vitamina E da parte della madre.160 Per tutto quello che si è detto il fabbisogno di queste vitamine tende ad aumentare durante la gravidanza e l’allattamento.
Menopausa
Perimenopausa
Gli estrogeni, durante la vita fertile, hanno un ruolo fondamentale nel modificare la sintesi, la libera- zione e il metabolismo di numerosi neurotrasmettitori, tra i quali la dopamina e la melatonina, che sono responsabili della modulazione dei sistemi ipotalamico e limbico. Risulta quindi evidente che il decremento dei livelli di estrogeni a partire dal periodo peri-menopausale fino alla menopausa conclamata si accompagna a un’alterata funzione di molti sistemi della donna, in particolare la termoregolazione e la stabilità vasomotoria.161,162
Alcuni fattori legati alla menopausa influenzano inoltre la percezione di qualità della vita da parte della paziente (Tabella 2). Alcuni sono sintomi tipici della carenza estrogenica, come i sintomi vasomotori o/e i disturbi del sonno, i disturbi del trofismo urogenitale quali irritazione, secchezza vaginale, disturbi della minzione; altri disturbi psicologici ed emotivi, quali ansia, irritabilità, umore depresso, ridotta capacità di concentrazione, senso di fatica ecc., non sono invece esclusivamente riconducibili alla carenza estrogenica. Le modificazioni dell’immagine corporea, con l’atrofia cutanea, l’aumento ponderale e la distribuzione addominale del grasso corporeo, di tipo androide, sono in parte legate alla carenza di estrogeni e possono avere ripercussioni negative nella vita sociale e interpersonale delle donne.
In questo contesto la medicina ha saputo proporre negli ultimi anni nuovi strumenti di indagine e conoscenza, non più limitati solo alla rilevazione dei segni fisici e di laboratorio (valutazione oggettiva), ma anche indagini più ampie atte a valutare lo stato soggettivo di salute della donna che aiutino a stimare meglio i potenziali benefici di terapie sostitutive. L’indice di Kupperman è quello che ancora oggi viene preso come riferimento per valutare lo stato basale della donna e l’efficacia dei vari trattamenti.163 Negli ultimi anni si sono affermati come terapie i fitoestrogeni, sostanze che oltre a rappresentare una buona alternativa alla terapia ormonale sostitutiva si sono dimostrate in grado di esercitare una spiccata attività antiossidante e antinfiammatoria.
Gli integratori che oltre ai fitoestrogeni contengono vitamina D e calcio sono indicati nella prevenzione dell’osteoporosi poiché, grazie alla loro azione combinata, sono in grado di aumentare l’assorbimento di calcio a livello intestinale e quindi favorirne l’apposizione a livello dell’osso, rendendolo meno fragile.
Negli anni sono state messe in commercio numerose associazioni tra fitoestrogeni e sostanze vitaminiche e sali minerali. Recentemente l’attenzione delle aziende farmaceutiche si è focalizzata su alcune sostanze che contrastino quanto più possibile i disturbi neurovegetativi
delle donne in peri- e post-menopausa.
Tra le sostanze naturali più valutate meritano particolare menzione magnolia, lattobacilli, vitamina D e calcio, che vanno ad agire proprio sui disturbi che le donne lamentano più frequentemente.164 Sostanze quali vitamina D e calcio sono molto conosciute per le loro attività sull’osso e quindinella prevenzione di osteopenia e poi, nel tempo, osteoporosi.
Un sintomo fastidioso che spesso si associa alle vampate in un gran numero di donne è rappresentato da uno stato d’ansia che spesso induce un profondo stato di prostrazione psicologica; questa condizione è spesso correlata anche a un senso di stanchezza e astenia, con un peggioramento della qualità del riposo e una diminuzione delle ore effettive di sonno.
Per quanto riguarda questo sintomo sono ben conosciute le spiccate proprietà anti-ansiogene dell’e- stratto di magnolia,165-167 che ha virtù tranquillanti e rasserenanti senza però provocare sonnolenza nelle ore diurne, e che soprattutto risulta privo di quegli effetti collaterali che caratterizzano gli ansiolitici. I principali principi attivi sono il magnolio e l’honokiolo che hanno capacità modulanti sui recettori GABA-A del sistema limbico cerebrale, ovvero il centro deputato alle emozioni e ai sentimenti. Questo spiega come questa sostanza sia in grado di avere effetti benefici sulle alterazioni del ritmo sonno-veglia, tramite azioni calmante, miorilassante e riequilibrante.
Poiché durante la post-menopausa l’aumento di peso rappresenta una condizione clinica che interessa molte donne, e nella maggior parte dei casi è legato all’ansia, questo circolo vizioso si trasforma in un maggior senso di fame con predilezione per i cibi contenenti carboidrati e zuccheri semplici che danno un senso di appagamento psico-fisico.
Per questo tipo di comportamento non sono stati riportati effetti collaterali rilevanti e l’utilizzo di sostanze naturali come i fitoestrogeni rappresenta un ottimo rimedio, che peraltro non interferisce in maniera negativa con l’apparato genitale e con il rischio di sviluppare un tumore mammario.
Post-menopausa
Se già in perimenopausa si rende necessaria l’integrazione di vitamina D e calcio al fine di contrastare il rischio di sviluppare osteoporosi e conseguentemente il rischio di fratture, una delle più importanti sequele a lungo termine della menopausa, questa integrazione risulta ancor più utile durante la post-menopausa.
È proprio durante la menopausa che, dopo una prima fase di ipoestrogenismo in cui la mucosa vaginale non ne risente, il decremento cronico dei livelli estrogenici riduce il trofismo e peggiora la qualità della vita di relazione. Sotto il profilo anatomico l’aspetto più importante è la riduzione della superficie della mucosa, che si traduce in una riduzione del calibro e un accorciamento della vagina stessa; scompaiono i fornici, si riducono nettamente le pliche, la superficie diventa liscia e anelastica. Sotto il profilo citologico, le cellule vaginali sfaldano in numero nettamente inferiore e sono quasi del tutto prive di glicogeno, la fragilità della mucosa vaginale induce la formazione di piccole lacerazioni da cui si portano in cavità vaginale eritrociti, leucociti e proteine da essudato; tutto questo si traduce in un ambiente particolar- mente recettivo a una varietà di patogeni che spesso conducono a vaginiti acute, ma che possono anche cronicizzarsi. In tali condizioni è evidente l’importanza di un intervento che tenda a ricreare il substrato ottimale e questo avviene in modo certo cercando di ristabilire il trofismo vaginale, tipico della maturità sessuale femminile; è infatti proprio questo il principio fondamentale che deve muovere il ginecologo nei confronti di una donna anziana.
A questo scopo è noto come la terapia locale a base di estrogeni sia funzionale per recuperare il trofismo vaginale, ma questa terapia a base di ormoni non è facile da far utilizzare alle donne e per questo sono state messe a punto soluzioni più naturali. È stato studiato l’utilizzo della vitamina D come promotore della differenziazione e proliferazione dei cheratinociti a livello dell’epidermide e in letteratura sono riportati molti studi che mostrano come la vitamina D, presente in preparati con lubrificanti vaginali, abbia un effetto protettivo sull’atrofia in post-menopausa e un’azione antiapoptotica e antifibrotica sulle cellule della mucosa vaginale. Una buona efficacia è anche presente nei preparati a base di fitoestrogeni di soia in associazione a vari tipi di vitamine.163
Inoltre, recentemente, sono stati messi a punto preparati a base di lattobacilli da soli, come il Lactobacillus plantarum, o in associazione con lattoferrina in grado di ripristinare un equilibrio in termini di flora vaginale con significativi miglioramenti dei sintomi e prevenzione degli stessi. Il problema è quello legato al tempo di somministrazione, che richiede lunghi periodi per ripristinare il danno locale e pertanto sarebbe più utile somministrarli come prevenzione.
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