«La ricerca da oltre 30 anni considera l’area dei probiotici un settore in cui investire risorse – sottolinea Lorenzo Morelli, co-autore delle linee guida Fao/Who sui probiotici – per meglio indagare il legame tra salute e batteri, identificando questi ultimi come potenziali mezzi per il mantenimento di un buono stato di salute». Morelli aggiunge che «le principali evidenze su cui c’è maggiore consenso scientifico, indicano che i probiotici influenzano la composizione del microbiota e contribuiscono in modo significativo alla salute e al benessere dell’ospite. Nei soggetti sani, alcuni probiotici sono utili nella regolarizzazione dell’alvo e nella riduzione del discomfort intestinale; alcuni probiotici possono essere antagonisti nei confronti dei patogeni intestinali. Alcuni probiotici possono essere associati a un globale miglioramento dei disordini funzionali intestinali (gonfiore, fastidio addominale, ecc.) nei bambini; altri, probabilmente grazie alla stimolazione di vie dell’immunità aspecifica, sembrano in grado di ridurre la durata e/o la gravità di patologie virali stagionali. Segnalazioni preliminari suggeriscono che specifici ceppi di probiotici possano ridurre l’incidenza, o alcuni aspetti dermatologici, delle patologie allergiche nel bambino. Gli alimenti contenenti probiotici hanno dimostrato la loro sicurezza sia nella popolazione sana sia in soggetti affetti da alcune patologie». La nota ricorda che i probiotici, sono stati definiti da Fao/Oms nel 2001 come “microrganismi vivi e vitali al momento dell’uso, la cui efficacia è legata al consumo di un’adeguata quantità e il cui uso deve portare un beneficio per la salute o il benessere”.