Tra i fattori di rischio per le malattie cardiovascolari, le dislipidemie sono certamente i piu diffusi anche nel nostro Paese, nel quale un anziano su tre e ipertrigliceridemico e valori non ottimali di colesterolo LDL riguardano oltre il 50% degli uomini e delle donne in eta adulta [1]. La riduzione dell’impatto sociale ed economico delle dislipidemie passa soprattutto attraverso la prevenzione, basata principalmente sulla corretta alimentazione e sullo stile di vita, che deve essere quanto piu possibile sano e attivo. Dai dati raccolti dall’Osservatorio dell’Istituto Superiore di Sanita emerge tuttavia che solo una parte della popolazione adulta che vive nel nostro Paese aderisce alle linee guida nutrizionali, consumando quindi le porzioni raccomandate di frutta e verdura e moderando i consumi di specifici alimenti e bevande (dolci e alcolici). Ancora meno sono poi gli italiani che praticano regolarmente attivita fisica rifuggendo la sedentarieta. In questo contesto, acquisiscono particolare interesse i risultati della ricerca degli ultimi decenni che hanno messo in luce le potenzialita di nutraceutici di origine vegetale che si sono dimostrati particolarmente efficaci nel controllo delle dislipidemie [2].
Fitosteroli
I fitosteroli, o steroli vegetali, sono composti naturalmente presenti negli alimenti di origine vegetale, in quantita piuttosto variabile (Tabella 1). Con una struttura molecolare molto simile a quella del colesterolo, ne riducono l’assorbimento a livello intestinale, principalmente sostituendosi al colesterolo stesso come componenti delle micelle miste [3]. Una volta trasportati nella cellula intestinale attraverso la proteina NPC1L1, i fitosteroli vengono riconosciuti da specifici meccanismi di pompa (ABCG5/ G8) e nuovamente espulsi nel lume intestinale, dove possono ancora competere con l’assorbimento del colesterolo [4].
Inibendo l’assorbimento intestinale del colesterolo, i fitosteroli ne influenzano anche la sintesi epatica: il ridotto afflusso di colesterolo al fegato attraverso i chilomicroni veicolati dalla linfa si associa infatti da un lato ad un modesto aumento della sintesi endogena di colesterolo, e dall’altro all’aumento dell’espressione dei recettori per le LDL sulla superficie dell’epatocita (e di conseguenza alla captazione delle LDL). Inoltre, l’inibizione dell’assorbimento del colesterolo da parte dei fitosteroli e potenziata dalla loro capacita di co-cristallizzare con il colesterolo stesso, aumentandone cosi l’escrezione fecale. L’effetto ipocolesterolemizzante dei fitosteroli e di tipo dose-dipendente, ed e significativo a partire da 1,5 g/die; la riduzione relativa della colesterolemia rispetto ai valori iniziali e maggiore al crescere dei livelli di assunzione [5]. Tuttavia, dosaggi superiori ai 3 g/die non sembrano comportare benefici aggiuntivi. Queste osservazioni sono state attentamente valutate dall’Autorita europea per la sicurezza degli alimenti (EFSA, European Food Safety Authority), che ha approvato per gli steroli di origine vegetale claim sia di tipo nutrizionale che di tipo salutistico, precisando che nel primo caso (se cioe si parla di “mantenimento di livelli normali di colesterolo nel sangue”) l’effetto benefico si ottiene con l’assunzione giornaliera di almeno 0,8 g, mentre nel caso del claim di salute (e quindi “riduzione della colesterolemia”), l’effetto benefico si ottiene con l’assunzione giornaliera di 1,5-3 g di steroli vegetali [6]. Gli stessi effetti e gli stessi dosaggi sono stati approvati da EFSA anche per gli stanoli vegetali (fitostanoli). La stessa Autorita sottolinea come l’effetto sia condizionato dalla durata della supplementazione che non deve essere inferiore alle 2-3 settimane. I risultati degli studi di intervento disponibili dimostrano pero che i maggiori benefici sono associati ad un’assunzione protratta nel tempo e che la sospensione del trattamento dopo un limitato periodo di assunzione comporta il ritorno ai valori plasmatici basali di colesterolo in breve tempo. Inoltre, e ormai accertato che protrarre nel tempo la riduzione dei livelli di colesterolo e determinante del calo della probabilita per il soggetto che li assume di incorrere in un evento cardiovascolare maggiore (infarto miocardico fatale o non fatale) [5, 7]. L’effetto ipocolesterolemizzante dei fitosteroli in termini quantitativi e ben definito: l’EFSA ha stabilito che la riduzione della colesterolemia e compresa tra il 7% e il 10% con un’assunzione di 1,5-2,4 g/die di steroli vegetali, e tra il 10% e il 12,5% per un apporto di 2,5-3 g/die [7, 8]. Si tratta di quantitativi difficilmente raggiungibili con la sola dieta, il cui apporto, nelle popolazioni che seguono un’alimentazione di tipo occidentale, e stato stimato essere inferiore ai 400 mg/die [9]. E quindi necessario ricorrere alla supplementazione, tenendo presente che l’assunzione insieme ai pasti principali e determinante dell’efficacia. Infatti, la maggiore presenza di colesterolo di origine alimentare nell’intestino, e soprattutto la secrezione biliare contenente colesterolo indotta dal pasto, ottimizzano l’effetto ipocolesterolemizzante dei fitosteroli [10]. I fitosteroli, a differenza del colesterolo di origine alimentare, vengono riescreti, come si ricordava, dopo il loro assorbimento nelle cellule intestinali, e in condizioni fisiologiche sono quindi presenti nel plasma in concentrazioni molto basse (500-10.000 volte meno rispetto al colesterolo) [11].
Beta-glucani
Risalgono agli inizi degli anni ‘60 le prime osservazioni degli effetti ipocolesterolemizzanti delle fibre di avena [12]. Da allora numerosi studi e una revisione sistematica della letteratura hanno confermato l’efficacia della fibra solubile derivata dall’avena e dall’orzo nella riduzione della colesterolemia totale e soprattutto LDL [13]. Ricerche sperimentali e cliniche hanno poi consentito di attribuire l’efficacia in particolare ai beta-glucani (1-3, 1-4 beta-D-glucani), polisaccaridi presenti nella crusca delle cariossidi dei cereali, ma contenuti in concentrazioni elevate soprattutto in quelli dell’orzo e dell’avena. Grazie alla solubilita e all’elevato peso molecolare, in presenza di acqua i beta-glucani formano una massa viscosa in grado di condizionare diverse funzioni dell’organismo umano [14]. Il meccanismo d’azione di questi composti non e del tutto noto, ma e probabile che sia essenzialmente legato a effetti sull’assorbimento o sull’escrezione fecale del colesterolo o degli altri grassi alimentari [15]. Gia i primi studi clinici hanno dimostrato che l’effetto dei beta-glucani sulla colesterolemia dipende in parte dalla dose e in parte dai valori basali dei soggetti trattati, e che quindi dosi fino a 3 g al giorno sono sufficienti per ridurre i valori della colesterolemia totale di circa 3 mg/dL nei soggetti con colesterolemia basale inferiore a 229 mg/dL e di 10 mg/dL nei soggetti con colesterolemia basale superiore o uguale a 229 mg/ dL [12].
L’efficacia di dosi moderate di beta-glucani e stata avvalorata da alcune metanalisi, dalle quali e stata ricavata una curva dose-risposta tra i livelli di assunzione di beta-glucani e la riduzione del colesterolo, con riduzioni medie di 1,73 e 2,21 mg/ dL, rispettivamente, per i livelli del colesterolo totale e del colesterolo LDL per ogni grammo di fibra assunto con la dieta [16]. I piu recenti studi controllati hanno dimostrato la capacita dei beta-glucani, a dosaggi dell’ordine di 3 g al giorno, di ridurre la colesterolemia LDL del 5-6% circa. Si tratta di risultati che, per quanto modesti in senso assoluto, acquisiscono tuttavia un peso rilevante in termini di prevenzione nella popolazione generale, dal momento che e stato stimato che ogni riduzione dell’1% della colesterolemia totale o LDL si traduce in una riduzione dell’1% anche del rischio di incorrere, nel tempo, in un evento coronarico [17].
L’utilizzo di claim salutistici per i beta-glucani e stato dapprima approvato dalla Food and Drug Administration che, gia nel 1997, li associava alla salute del cuore, nell’ambito di una dieta a basso contenuto di grassi saturi e di colesterolo. In Europa il parere positivo dell’EFSA e stato espresso per i beta-glucani in merito a claim sia nutrizionali e sia di salute, che consentono di fare riferimento sia al “mantenimento di valori normali” della colesterolemia e sia di “riduzione della colesterolemia” (e della conseguente riduzione del rischio coronarico) [18]. In entrambi i casi l’effetto benefico si ottiene con l’assunzione giornaliera di 3 g di beta-glucani da avena, crusca d’avena, orzo o crusca d’orzo o da miscele di tali beta-glucani [19]. I beta-glucani svolgono altri effetti metabolici di tipo favorevole: probabilmente di tipo prebiotico (migliorano cioe selettivamente la presenza di alcuni ceppi batterici del microbiota intestinale) e, soprattutto, sembrano in grado di influenzare favorevolmente la glicemia (plausibilmente per un effetto di adsorbimento del glucosio liberato dagli enzimi digestivi, che ne rallenta l’assorbimento). La stessa Autorita europea ha riconosciuto il ruolo dell’assunzione di beta-glucani da orzo o avena nell’ambito di un pasto anche nella riduzione dell’aumento del glucosio ematico post-prandiale, ma solo per un apporto di almeno 4 g di beta-glucani per ogni 30 g di carboidrati disponibili [18]. Alla categoria delle fibre solubili appartengono anche le pectine, per le quali EFSA ha approvato un claim di tipo nutrizionale in merito al controllo della colesterolemia, alla dose di 6 g/die [18].
Riso rosso fermentato
Le monacoline e in particolare la monacolina K, una molecola con una struttura chimica identica alla lovastatina, sono i componenti piu efficaci degli estratti di riso rosso fermentati da Monascus Purpureus (un fungo), che contengono anche steroli, isoflavoni, acidi grassi monoinsaturi. L’effetto di riduzione del colesterolo di questi estratti e confermato da numerosi studi di intervento e prospettici, che hanno anche confermato come alla riduzione della colesterolemia LDL si associ nel tempo (4 anni) una riduzione statisticamente significativa e clinicamente sensibile degli eventi coronarici fatali e non fatali, degli ictus cerebrali e della mortalita per qualunque causa (-31%, -4% e -32%, rispettivamente) [20, 21]. La monacolina K riduce la sintesi del colesterolo, inibendo l’enzima HMGCoA reduttasi. Nella matrice biologica dell’estratto fungino, la monacolina presenta una maggiore biodisponibilita rispetto alla forma farmaceutica tipica (lovastatina). A parita di dosaggio, la monacolina K esercita quindi un effetto ipocolesterolemizzante decisamente maggiore della statina. Ne consegue la possibilita di ottenere un effetto farmacologico significativo a dosaggi inferiori rispetto al farmaco e quindi un minor rischio di effetti collaterali, a fronte di una maggiore compliance al trattamento [22]. Va al proposito sottolineato come l’Istituto Superiore di Sanita stia effettuando da circa 15 anni un costante monitoraggio del profilo di sicurezza della monacolina K e del riso rosso fermentato. Nell’ultimo documento pubblicato l’Istituto stesso definisce il profilo di sicurezza degli estratti di riso rosso fermentato e della monacolina K sovrapponibile a quello delle statine, auspicando pertanto il costante monitoraggio degli eventuali effetti avversi [23].
Un discorso a parte resta quello della qualita dei prodotti a base di riso rosso fermentato: qualora non ne sia garantita la purezza, aumenta il rischio di contaminazioni soprattutto da citrinina, una micotossina tossica a livello di fegato e reni [24]. Il rapporto di tipo causa-effetto tra il consumo di monacolina K da riso rosso fermentato e il mantenimento dei livelli normali di colesterolo LDL e stato riconosciuto dall’EFSA, per un dosaggio giornaliero di 10 mg di monacolina [25]. Il parere degli esperti si basa fondamentalmente su studi randomizzati controllati in doppio cieco nei quali e stata osservata una riduzione del colesterolo totale ed LDL del 16-20% e del 22-26% rispettivamente con 7,5 e 11,4 mg al giorno del principio attivo per 8-12 settimane. Nel 2016 il Ministero della salute italiano ha comunque ribadito l’inclusione della monacolina K tra le sostanze con effetto nutritivo o fisiologico.
Berberina
Contenuta nelle radici, nel rizoma e nella corteccia delle piante della specie Berberis, la berberina e un alcaloide il cui effetto di controllo della colesterolemia e stato studiato e ben caratterizzato [26]. La riduzione del colesterolo sembra essere mediata dall’aumento dell’espressione dei recettori epatici per le LDL, probabilmente dovuta all’inibizione della trascrizione dell’RNA messaggero che codifica per la PCSK9. Questa proteina favorisce il passaggio del recettore epatico per il colesterolo LDL dalla superficie cellulare verso i lisosomi, che lo distruggono; l’inibizione della trascrizione dell’RNA messaggero che la codifica aumenterebbe invece l’emivita del recettore e quindi la quantita di colesterolo legato alle LDL che verrebbe catturato dagli epatociti e successivamente eliminato con la bile [27]. Nell’uomo l’efficacia della berberina e stata studiata in associazione con il riso rosso fermentato e altri componenti in soggetti dislipidemici intolleranti alle statine. Nel gruppo trattato con la combinazione di nutraceutici e stata rilevata una riduzione del 20% della colesterolemia totale e del 31% della colesterolemia LDL [28]. Sicurezza e tollerabilita dei nutraceutici a base di berberina sono state considerate in un numero di studi insufficiente per poter definire l’assenza di effetti indesiderati. E nota invece la bassa biodisponibilita orale. Le informazioni disponibili sono state giudicate da EFSA inadeguate a supportare il claim relativo a controllo/riduzione della colesterolemia. La Food and Drug Administration non ha ancora approvato l’impiego della berberina sia come farmaco sia come prodotto da banco.
Acidi grassi polinsaturi
Tra i composti per i quali EFSA ha approvato l’utilizzo di claim di salute associati al profilo lipidico ci sono anche i grassi insaturi, o meglio, la sostituzione dei grassi saturi con grassi mono e polinsaturi, in relazione sia al mantenimento che alla riduzione della colesterolemia. L’effetto di contribuire al mantenimento dei normali livelli di colesterolo nel sangue e stato invece attribuito sia all’acido linoleico, il precursore a 18 atomi di carbonio della serie omega-6, che all’acido alfa-linolenico, precursore della serie omega-3. Per contribuire invece al mantenimento dei livelli normali di trigliceridi nel sangue, sono necessari 2 g/die di EPA (acido eicosapentaenoico) e DHA (acido docosaesaenoico) o del solo DHA. Una metanalisi di 36 studi randomizzati controllati ha dimostrato che dosaggi intorno ai 4 g/die sono in grado di ridurre del 34% la trigliceridemia in pazienti con valori uguali o superiori ai 177 mg/dL e del 25% in pazienti con livelli di trigliceridi inferiori [29]. Studi successivi hanno confermato tale effetto, in aggiunta ad altri piu complessi, sempre associati alla riduzione del rischio cardiovascolare (ad es. effetti antiaritmico, antitrombotico, antinfiammatorio) [30]. E importante sottolineare che i livelli di assunzione necessari per ottenere l’azione ipotrigliceridemizzante non sono raggiungibili con l’alimentazione, anche se ricca di pesce grasso, che rappresenta la maggiore fonte di EPA e DHA. Sulla base delle evidenze disponibili EFSA ha autorizzato il claim relativo al mantenimento dei normali livelli di trigliceridi nel sangue per prodotti che apportano almeno 2 g/die di EPA e DHA in combinazione o del solo DHA, stabilendo che per integratori e alimenti fortificati e necessario precisare che i benefici si ottengono con un consumo giornaliero di 5 g [31]. A dosaggi tanto elevati e stata registrata la completa sicurezza anche in termini di funzionalita epatica, l’assenza di effetti indesiderati e di interazioni con farmaci. Ampiamente descritta in letteratura e infatti la co-somministrazione di omega-3 a lunga catena e statine in pazienti con ipertrigliceridemia e ad elevato rischio cardiovascolare.
Altri principi attivi
Il potenziale ipocolesterolemizzante di altri composti e stato oggetto di numerose ricerche negli ultimi anni, i cui risultati, ancorche non conclusivi, appaiono comunque interessanti per il possibile impiego come nutraceutici. Si tratta ad esempio della soia (Glycine max), i cui effetti sono stati associati al contenuto in isoflavoni, lecitina e alla frazione proteica, che promuoverebbe l’espressione del recettore per le LDL. In realta l’entita della riduzione della colesterolemia in risposta all’assunzione di 25 g/die di proteine della soia sembra essere piuttosto contenuta (4-6%) [2]. Anche per i policosanoli, una miscela di alcoli alifatici a lunga catena contenuti ad esempio nella canna da zucchero e nelle patate, i risultati degli studi randomizzati sono piuttosto eterogenei. Sembra comunque che l’effetto sulla colesterolemia sia di tipo dose-dipendente a dosaggi compresi tra i 2 e i 40 mg/die [2]. Studi piuttosto recenti hanno inoltre dimostrato l’efficacia nel controllo del profilo lipidico anche di composti di natura fenolica, come i polifenoli del bergamotto [32]. Infine, stanno acquistando sempre maggiore visibilita le combinazioni di nutraceutici finalizzate al controllo della colesterolemia, mirate alla sinergia degli effetti ipocolesterolemizzanti e alla riduzione del dosaggio dei singoli componenti senza diminuirne l’efficacia [32].
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