L’utilizzo di sostanze psicoattive allo scopo di aumentare le prestazioni intellettuali sul lavoro e nello studio rappresenta un aspetto comportamentale assai diffuso e merite- vole di indagine da parte dei ricercatori. Tale effetto prende il nome di potenziamento far- macologico delle funzioni cognitive (pharmacological cognitive enhancement, PCE). I farmaci impiegati a tale scopo sono svariati, dal modafinil ai b-bloccanti, agli stimolanti il- legali (cocaina, anfetamine e loro derivati), ai cannabinoidi, alle benzodiazepine, all’alcol, e anche all’uso non medico degli psicostimolanti della attenzione, quali il metilfenidato, farmaco utilizzato comunemente nella terapia del disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività (ADHD) (203). Come documentato nel Global Drug Survey del 2016, l’utilizzo di tali sostanze è assai diffuso e in aumento progressivo nel tempo, con prevalenze vicine al 50% in Canada e USA per quanto riguarda l’utilizzo di cannabis come PCE, e, negli USA dal 5% al 35% per ogni uso non medico dei PCE.
Vi è peraltro la percezione diffusa che tali effetti di stimolazione intellettiva, specie in concomitanza con esami scolastici o periodi di particolare impegno intellettuale, possa essere ottenuto anche attraverso l’utilizzo di integratori e nutraceutici.
Fra i prodotti presenti sul mercato che, in qualche modo, si propongono come sti- molatori intellettuali e come coadiuvanti delle funzioni cognitive e della memoria vi sono i preparati polivitaminici, specie del gruppo B, la fosfatidilserina e l’acido glutammico, talora in combinazione fra loro come, ad esempio, nelle preparazioni commerciali denominate Acutil (es. Acutil Fosforo: Glutammina, Asparagina, Fosforilserina, Vitamina B6; Acutil La- voro: Piridossina, Riboflavina, Eleuterococco ovvero Ginseng siberiano e Papaya; Acutil Donna: Piridossina, Ferro, Magnesio e Bacopa) o Glutaven (Vitamina B6 e l-glutammina). Da una analisi dei dati disponibili in letteratura, peraltro assai scarsi (soprattutto in termini di studi su soggetti giovani e sani), non sembra potersi evidenziare alcuna dimostrazione convincente di una attività di tali prodotti sulle funzioni cognitive, sulle capacità mnemo- niche o sulle prestazioni scolastiche.
In uno studio del 2016, Kamada Y et al. (204) hanno ipotizzato che un modesto aumento delle transaminasi circolanti, espressione di un danno epatico subclinico in una popolazione di soggetti per ogni altro verso sani, si correli direttamente con i livelli plasmatici di glutam- mato, e inversamente con cinque indicatori in grado di valutare funzioni legate alla memoria ed alla attenzione (memoria verbale, memoria visuale, memoria generale, attenzione/concen- trazione, Wechsler Memory Scale Revised). Inoltre, i livelli circolanti di glutammato erano ne- gativamente correlati con tre degli indici di funzione mnemonica. Tali dati suggerirebbero quindi che una integrazione di glutammato potrebbe addirittura avere un effetto opposto a quanto atteso in termini di prestazioni mnemoniche, anche se lo studio era osservazionale e non prevedeva supplementazioni di aminoacidi. Cionondimeno, il glutammato svolge un ruolo importante in molte funzioni cerebrali fisiologiche, comprese la memoria e l’apprendimento (205), e una supplementazione di glutamina ha aumentato, anche se di poco, le funzioni co- gnitive durante attività fisica di resistenza in donne affette HIV/AIDS (206).
La fosfatidilserina è un componente delle membrane cellulari e delle guaine nervose mieliniche, ma anche in questo caso mancano dati convincenti circa l’effetto di una sup- plementazione in termini di apprendimento/memoria. I pochi dati disponibili si limitano a modelli animali, o alla osservazione di modesti effetti di miglioramento della memoria in pazienti con deficit cognitivo moderato o in adulti sani che però presentavano già perfor- mance intellettuali inferiori spetto ai controlli (207). Peraltro, uno studio di intervento non ha mostrato effetti significativi su memoria e apprendimento della supplementazione con fostatidilserina in soggetti con già in partenza qualche problema mnemonico (208).
Una analisi di ventuno studi di intervento ha evidenziato come la supplementazione con antiossidanti (flavonoidi) può associarsi a benefici in termini di attenzione, memoria operativa e velocità dei processi psicomotori in una popolazione generale (209). Tuttavia, tali evidenze non sono ancora conclusive e altri studi sono necessari a tale riguardo.
Si può perciò ritenere che, ad oggi, non vi siano dimostrazioni convincenti circa l’uti- lità dell’utilizzo di nutraceutici come stimolanti intellettuali in soggetti normali, e che l’uti- lizzo di tali integratori in periodi di particolare stress intellettuale, ad esempio in ambito scolastico o lavorativo, non sia confortato da chiare dimostrazioni scientifiche. È pertanto verosimile che i benefici soggettivi riportati aneddoticamente, ad esempio durante esami scolastici di maturità o universitari, sia in gran parte attribuibile ad un effetto placebo.
L’assunzione invece di veri e propri farmaci o sostanze psicoattive in grado di poten- ziare l’attenzione e le funzioni cognitive (quali i derivanti anfetaminici, la cocaina, il metil- fenidato, etc.) rappresenta un utilizzo illegale o al di fuori di una specifica indicazione/ prescrizione medica, ed è gravato di tutti i potenziali rischi e problemi connessi con tale utilizzo improprio.
NUTRACEUTICI E PREVENZIONE CEREBROVASCOLARE
Le evidenze scientifiche sull’utilizzo di sostanze nutraceutiche in ambito di preven- zione cerebrovascolare sono relativamente limitate. I “targets” fisiopatologici di queste sostanze sono analoghi a quelli documentati per la farmacologia ufficiale, e riguardano quindi, in prima istanza, il controllo dei principali fattori di rischio: diabete mellito, iper- tensione, ipercolesterolemia (210). Alcune evidenze, inoltre, sono state riportate anche per altre sostanze con possibili meccanismi d’azione accessori.
I derivati del riso rosso fermentato (Xuezhikang secondo la terminologia cinese tra- dizionale) contengono monacolina K, strutturalmente identica alla lovastatina in uso cor- rente come farmaco ipocolesterolemizzante. Questo prodotto ha mostrato una efficacia significativa nel ridurre gli eventi cardio- e cerebro-vascolari in una popolazione di soggetti anziani cinesi (211). Va sottolineato tuttavia come la popolazione oggetto di studio (sog- getti ad elevato rischio, “naïve” per trattamenti ipolipemizzanti) non sia pienamente rap- presentativa della casistica di riscontro comune.
Studi osservazionali hanno mostrato un effetto protettivo del consumo di cereali con fibre nei confronti dell’ictus in totale, e dell’ictus emorragico, probabilmente in rapporto ad effetti sul metabolismo glucidico (212).
È stato inoltre proposto un ruolo di prevenzione da parte degli acidi grassi omega- 3, acido linolenico e derivati, associato ad una normalizzazione del rapporto omega- 3/omega-6 (213). Gli effetti degli acidi grassi omega-3 sembrano essere legati ad una azione protettiva nei confronti della tossicità mediata dal glutammato sul tessuto nervoso. Sono state riportate anche evidenze, da studi osservazionali, sul ruolo del tè (nero e verde) nella prevenzione dell’ictus ischemico (214).
La Tabella 1 riassume alcuni dei prodotti con potenziale efficacia di prevenzione cardio- e cerebrovascolare, documentata in modelli clinici o sperimentali. I meccanismi d’azione postulati sono in larga parte relativi al controllo dei fattori di rischio cardiovascolare classici.
NUTRACEUTICI E DEFICIT COGNITIVI NELL’ANZIANO
L’uso di sostanze nutraceutiche è stato proposto anche nel trattamento di disturbi co- gnitivi e demenze, incluso il Morbo di Alzheimer (215). Innanzitutto, va ricordato come alcune modificazioni della dieta (alimentazione ricca in frutta, verdura, pesce) possano ridurre l’inci- denza di malattie neurodegenerative. Un modello naturale con queste proprietà è rappresen- tato dalla dieta Mediterranea, che associa ai principi nutrizionali accennati l’olio d’oliva e una moderata assunzione di vino (216). È verosimile che gli effetti protettivi delle modificazioni alimentari, così come dei prodotti nutraceutici in senso stretto, siano in parte correlati agli ef- fetti sui fattori di rischio cardio- e cerebrovascolari classici, ricordati in precedenza. In aggiunta a questi, sembrano essere presenti alcuni meccanismi più specifici di neuro protezione.
Gli studi sulle vitamine hanno fornito risultati controversi. In una meta-analisi eseguita su pazienti con demenza di Alzheimer non è stato osservato alcun effetto positivo con la supplementazione con vitamine del gruppo B, mentre i pazienti con deficit cognitivo mo- derato presentavano un assai modesto beneficio sulle funzioni mnemoniche ma non su
quelle cognitive (217). Il mancato effetto protettivo di una supplementazione vitaminica è stato confermato in una popolazione di anziani senza ancora deficit cognitivi. In particolare, in tali soggetti le funzioni mnemoniche non hanno presentato miglioramenti significativi rispetto ai controlli (218). Studi sui livelli plasmatici di Vitamina E sembrerebbero confer- mare effetti protettivi sulle performances cognitive in virtù dei suoi effetti antiossidanti e antiinfiammatori, anche se gli studi di intervento non sono in grado di confermare il dato, prevalentemente per problemi di ordine metodologico. Anche i dati sulla vitamina C non sono univoci; le evidenze in letteratura sembrano confermare un ruolo significativo del de- ficit di vitamina C nella patogenesi della malattia, attraverso una maggior deposizione di amiloide, come documentato in modello animale, ma è dubbio se la supplementazione di acido ascorbico ad una dieta equilibrata possa fornire benefici aggiuntivi (219).
Studi epidemiologici ed evidenze sperimentali nell’animale hanno suggerito la presenza di effetti protettivi sulle funzioni cognitive da parte degli acidi grassi omega-3, in virtù della loro azione membrano protettiva e sul “signalling” cellulare. Anche in questo caso, le evidenze da studi prospettici di intervento non sono dirimenti, anche se non si possono escludere effetti
benefici soprattutto in sottopopolazioni di pazienti portatori del genotipo e-4. Diversi studi
sono stati condotti sugli effetti di flavonoidi sulle funzioni cognitive (220-222). Questi com- posti includono flavanoli (che comprendono i derivati delle catechine presenti nel tè e nel cacao), flavonoli (quali la quercetina), flavoni, isoflavoni, antocianidine. Mentre c’è accordo generale sulla assoluta sicurezza di questi composti, le evidenze di efficacia sull’aspetto cognitivo sono incoraggianti ma necessitano di conferme. Dati incoraggianti su alcuni indici clinici e strumentali sono stati ottenuti con palmitoiletenolamide, un composto endogeno con azione sui recettori per endocannabinoidi e sui PPAR per cui sarebbe descritto un ef- fetto di protezione sul tessuto gliale.
Derivati della colina, quali la colina alfoscerato, hanno mostrato risultati clinicamente si- gnificativi sulla malattia di Alzheimer in associazione con donepezil, un farmaco di uso corrente per la terapia delle demenze (223). Alcune evidenze suggeriscono un effetto favorevole della caffeina sulle performance cognitive nel breve termine, probabilmente in ragione di un certo effetto analettico, mentre meno definite sono le evidenze nel lungo termine (224).
In conclusione, le evidenze provenienti da studi prospettici controllati con nutraceutici sono in linea generale limitate per quanto riguarda l’efficacia sulle funzioni cognitive, ma sono estremamente rassicuranti sul versante della sicurezza. È possibile che risultati migliori si possano ottenere in popolazioni selezionate di soggetti, e utilizzando combinazioni di sostanze con meccanismi d’azione complementari. È inoltre evidente come sia lecito at- tendersi migliori benefici nelle fasi precoci del deterioramento cognitivo.
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