Nei soggetti con diabete la presenza di elevate concentrazioni plasmatiche di glice- mia, sia a digiuno che nella fase postprandiale, si associa ad un incremento significativo della morbilità e mortalità cardiovascolare (34). Pertanto, il controllo dell’iperglicemia in questi soggetti è di estrema importanza al fine di ottenere una riduzione del rischio di ma- lattie cardiovascolari e mortalità.
Negli ultimi anni, sempre più evidenze mettono in risalto che anche lo stato di pre- diabete influenza negativamente il rischio di malattie cardiovascolari e mortalità. L’alterata glicemia a digiuno (IFG, glicemia a digiuno tra 100 e 125 mg/dL) e la ridotta tolleranza ai carboidrati (IGT, glicemia 2-h dopo carico orale di glucosio tra 140 e 199 mg/dL) sono le due condizioni di prediabete che, come definito dall’American Diabetes Association (35), non sono più solo fattori di rischio per lo sviluppo di diabete, ma anche fattori associati allo sviluppo di complicanze sia macrovascolari che microvascolari.
Pertanto, sia nei soggetti con diabete che in coloro a rischio di diabete, tutte le mi- sure finalizzate a mantenere la glicemia entro valori ottimali sono parte di una strategia globale di prevenzione cardiovascolare che deve prevedere, ovviamente, anche il controllo degli altri fattori di rischio.
Le strategie terapeutiche per un controllo glicemico ottimale prevedono sia interventi sullo stile di vita che interventi farmacologici. Senz’altro, l’approccio terapeutico iniziale prevede innanzitutto l’attuazione di misure di intervento non farmacologiche, tra cui di im- portanza fondamentale è la terapia dietetica.
Uno dei problemi che caratterizza l’utilizzo dell’approccio dietetico come strategia per ottenere un miglioramento del controllo glicemico, oltre che dei fattori di rischio car- diovascolare, è la compliance, spesso insoddisfacente, in particolare nel medio-lungo ter- mine. In aggiunta, alcuni componenti della dieta con possibile effetto ipoglicemizzante sono presenti in quantità modesta o funzionalmente insignificante negli alimenti. Per tali motivi, negli ultimi anni si è diffusa la possibilità dell’utilizzo dei “nutraceutici”.
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Ad oggi, si conta un numero sempre crescente di nutraceutici con presunta azione ipoglicemizzante. La ricerca scientifica a riguardo ha prodotto per la maggior parte di essi dati che necessitano di ulteriori conferme sperimentali.
In questo capitolo cercheremo di rivedere, in maniera sintetica, le evidenze scientifi- che circa l’efficacia dei principali nutraceutici con possibile azione ipoglicemizzante (fibre aggiunte, polifenoli, berberina, combinazioni di vari composti). A tal fine, saranno presi in considerazione studi di intervento controllati effettuati nell’uomo e, possibilmente, meta- analisi di tali studi.
FIBRE AGGIUNTE
La fibra è definita come la parte edibile delle piante resistente alla digestione e al- l’assorbimento da parte dell’intestino tenue dell’uomo e completamente o parzialmente fermentata a livello del colon (36).
Negli anni, numerosi studi di intervento in soggetti con o senza diabete hanno di- mostrato che una dieta ricca in fibre, ottenuta aumentando la frequenza di consumo setti- manale di legumi, ed il consumo giornaliero di frutta e verdura, ha effetti benefici sul controllo glicemico, sia a breve che a medio-lungo termine (37-39).
I meccanismi attraverso cui le fibre, specie le idrosolubili, possono esplicare i loro ef- fetti benefici sul metabolismo glicidico sono molteplici e vanno dal rallentamento dello svuotamento gastrico, alla riduzione della digestione e dell’assorbimento dei carboidrati a livello intestinale e, infine, alla produzione a livello del colon di acidi grassi a catena corta che influenzano positivamente il metabolismo glicidico (40).
Sulla base delle evidenze riportate, da molti anni viene raccomandato un consumo di fibre di almeno 30 g/die per un migliore controllo glicemico e per la prevenzione delle malattie cardiovascolari. Tuttavia, molti studi dimostrano che l’assunzione di fibre è netta- mente inferiore rispetto a quella raccomandata (41,42), anche in soggetti con diabete con- clamato, per i quali le raccomandazioni nutrizionali sono continuamente implementate al fine di ottenere una migliore adesione (43).
Pertanto, negli ultimi anni sempre più interesse è stato rivolto allo studio del consumo di singole fibre aggiunte alla dieta abituale sotto forma di supplementi, quali in particolare,
b-glucani, psyllium, gomma guar, glucomannano, pectine. È da sottolineare che la maggior
parte delle evidenze attualmente disponibili sulle fibre aggiunte sono a carico del profilo lipidico; per il controllo glicemico i dati a disposizione sono di meno. Tuttavia, nel com- plesso i risultati delle evidenze disponibili sembrano indicare che la supplementazione con fibre solubili riduce in maniera significativa la glicemia a digiuno ed in fase postprandiale in soggetti con prediabete o diabete. L’entità della riduzione varia in un intervallo che va da 7 mg/dl (per il glucomannano) ai 45 mg/dl (per lo psyllium nella fase postprandiale) in relazione alle dosi medie utilizzate nei diversi studi (44-48).
Sulla base dei risultati di questi studi, l’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha approvato dei “claim” per la riduzione della glicemia postprandiale da parte dei b-glu- cani (4g/30g di carboidrati disponibili), dell’idrossipropilmetilcellulosa (4g/pasto) e delle pectine (10g/pasto) (Tabella 1).
Considerando che gli studi sulle fibre aggiunte sono, per lo più, in acuto e a breve termine e sono stati effettuati in piccoli gruppi, si potrebbe concludere che esse possono essere utilizzate come coadiuvanti nella regolazione della glicemia postprandiale nei soggetti che non riescono ad aumentare il consumo di fibre con la dieta.
POLIFENOLI
I polifenoli costituiscono una famiglia di circa 5000 molecole largamente presenti nel regno vegetale, diffusi nella frutta, verdura, cereali, olive, legumi, cioccolata ed in alcune bevande come tè, caffè e vino. Sono caratterizzati, come indica il nome, dalla presenza di molteplici gruppi fenolici associati in strutture più o meno complesse generalmente di alto peso molecolare. Il numero e le caratteristiche di tali strutture fenoliche ne determinano le proprietà fisiche, chimiche, e biologiche (metaboliche, tossiche, terapeutiche, ecc.).
I risultati di diversi studi epidemiologici e dei pochi trial clinici di media durata (6-8 settimane) ad oggi disponibili indicano che una dieta ricca in polifenoli derivanti dal con- sumo di alimenti o bevande naturalmente ricchi in polifenoli, quali cereali, verdura, frutta, caffè, tè, cioccolato, è associata ad un miglioramento dei parametri metabolici, quali gli
cemia, colesterolo, trigliceridi, pressione arteriosa, e ad una riduzione del rischio di sviluppo di diabete, malattie cardiovascolari e alcuni tipi di neoplasie (49-51).
I meccanismi attraverso cui i polifenoli potrebbero esplicare i loro effetti sul controllo glicemico sono diversi: 1) a livello intestinale inibendo l’assorbimento del glucosio tramite il trasportatore di glucosio sodio-dipendente SGLT1, 2) a livello del pancreas, proteggendo le cellule beta dalla glico-tossicità, 3) a livello del fegato, riducendo la produzione epatica di glucosio, 4) migliorando l’utilizzazione del glucosio da parte dei vari organi attraverso un’azione diretta sul GLUT4.
Anche per i polifenoli, si è tentato di verificarne gli effetti utilizzando i singoli com- ponenti come supplementi. I composti per i quali le evidenze scientifiche, sulla base di studi di intervento nell’uomo, sono più consistenti, sono riportati nella Tabella 2.
I flavan-3-oli, presenti nel tè verde, negli estratti di tè verde, e nel cioccolato, tendono a migliorare il metabolismo glicidico e questo effetto è indipendente dalla caffeina e mag- giormente evidente con dosi più elevate di epigallocatechine (da 230 a 1200 mg/die), cioè dosi sicuramente superiori a quelle che si possono consumare con la dieta (52,53).
Gli stessi effetti sembrano essere presenti per gli isoflavoni della soia, in particolare per la geinsteina (in dosi da 40 a 160 mg/die) e nelle donne in post-menopausa (54), e per i polifenoli dell’olio extravergine di oliva, anche se per questi ultimi gli studi di intervento sono veramente pochi (55,56).
Il resveratrolo, presente in concentrazioni elevate nelle bucce d’uva, è sicuramente uno dei polifenoli più reclamizzati per i possibili effetti positivi sulla salute. Per quanto ri- guarda gli effetti sul metabolismo glicidico, sembrerebbe esserci un effetto positivo ma solo nei pazienti con diabete tipo 2 (57).
In conclusione, anche se i risultati di alcuni studi di intervento sembrano suggerire un possibile effetto ipoglicemizzante dovuto a particolari tipi di polifenoli usati come sup- plementi, i risultati devono essere confermati da ulteriori studi più a lungo termine e su popolazioni più ampie, prima di poter dare indicazioni sulla loro utilità nella regolazione del metabolismo glicidico. Infatti, i polifenoli non sono stati oggetto di “claims” da parte della Food and Drug Administration (FDA) e dell’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimen- tare (EFSA) per quanto riguarda il mantenimento di livelli ottimali di glicemia.
BERBERINA
La berberina (BBR) è un alcaloide isochinolinico vegetale appartenente alla classe delle protoberberine presenti in diverse piante, quali Berberis vulgaris, Coptis chinensis, Berberis aristata (58).
L’attività ipoglicemizzante della berberina potrebbe esplicarsi tramite diversi mecca- nismi d’azione. Il principale meccanismo attraverso cui essa sembra agire è la regolazione del recettore dell’insulina il quale, aumentando l’assorbimento del glucosio, migliora l’uti- lizzazione del glucosio e induce una riduzione della glicemia. Tuttavia, anche l’attività an- timicrobica della berberina, contribuendo a modulare la composizione del microbiota
intestinale, può contribuire alla sua azione ipoglicemizzante.
L’effetto ipoglicemizzante della berberina è stato valutato nell’uomo con alcuni studi di intervento che, poi, sono stati la fonte anche di alcune meta-analisi. I risultati di questi studi, effettuati in pazienti con diabete tipo 2, dimostrano che una dose di berberina com- presa tra 0.5 g e 1.5 g/die per 8-12 settimane, riduce la glicemia a digiuno e postprandiale e l’HbA1c sia quando è utilizzata da sola che quando è utilizzata in aggiunta ad alcuni ipo- glicemizzanti orali (metformina, sulfaniluree, glitazonici) (59).
Tuttavia, tutti i trials di intervento con berberina sono stati condotti in popolazioni asiatiche e, pertanto, poco generalizzabili ad altre popolazioni, in cui la berberina è stata utilizzata in combinazione con altri nutraceutici (vedi paragrafo successivo).
Nè l’EFSA né la FDA hanno formulato “claims” specifici relativi alla efficacia ipogli- cemizzante e alla sicurezza della berberina.
COMBINAZIONE DI NUTRACEUTICI
In Italia, così come in Europa e in America, si è molto diffuso l’uso di combinazioni di più nutraceutici con l’intento di sfruttare i loro diversi meccanismi di azione e i loro possibili effetti su più fattori di rischio cardiovascolare. In particolare, alcuni trials di intervento sono stati fatti con preparati contenenti berberina, riso rosso fermentato, policosanoli e differenti antiossidanti. In questi studi, l’effetto della berberina sulla riduzione della glicemia sembra mantenersi anche in soggetti non diabetici ed è accompagnato, almeno in alcuni studi, anche da un miglioramento della sensibilità insulinica. Non sembra esserci, comunque, un effetto di potenziamento da parte degli altri nutraceutici presenti nelle diverse preparazioni (32,60).
CONCLUSIONI
I dati provenienti da studi di intervento nell’uomo sull’efficacia dei principali nutra- ceutici nella regolazione della glicemia sia nei pazienti con diabete che negli individui a ri- schio di diabete sono ancora pochi, a volte contrastanti, e, in generale, effettuati su piccoli gruppi e per periodi abbastanza limitati di tempo.
Pertanto, anche se, in particolare per alcuni di essi, i risultati a nostra disposizione sembrano suggestivi di un possibile effetto ipoglicemizzante, essi devono essere confer-
mati da studi su casistiche più ampie e di più lunga durata prima di poter dare delle rac- comandazioni precise per il loro utilizzo.
Inoltre, nell’eventuale utilizzo dei nutraceutici, bisogna tener conto, da una parte, dei possibili vantaggi in relazione al loro effetto ipoglicemizzante e, dall’altra, dei possibili svantaggi/effetti collaterali che sono riportati nella tabella 3.
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