I risultati degli studi disponibili sulla correlazione tra l’assunzione di macronutrienti e il rischio di malattie cardiovascolari e mortalità sono controversi. La maggior parte di questi dati provengono da studi osservazionali condotti su popolazioni europee e nord americane, nelle quali il consumo di grassi e carboidrati e la mortalità per malattie cardiovascolari sono più alti. Tuttavia in tali popolazioni non si è osservato alcun legame, se non in alcuni casi molto basso, tra il consumo di acidi grassi saturi e l’incidenza di mortalità o di eventi cardiovascolari. Per capire se tali elementi sono pertinenti anche per altre popolazioni e per valutare l’impatto della dieta sulla mortalità totale e sul rischio di patologie cardiovascolari in altre aree del mondo, è stato condotto uno studio prospettico (PURE: Prospective Urban Rural Epidemiology) su individui dai 35 ai 70 anni di 18 paesi a basso, medio ed alto reddito, in cinque continenti:
- paesi con reddito elevato: Canada, Svezia ed Emirati Arabi;
- paesi dal reddito medio: Argentina, Brasile, Cile, Cina, Colombia, Iran, Malesia, territori della Palestina occupati, Polonia, Sud Africa e Turchia;
- paesi con reddito basso: Bangladesh, India, Pakistan e Zimbabwe.
L’indagine è stata condotta su 135.335 individui, reclutati tra gennaio 2003 e marzo 2013; il follow-up (periodo di osservazione) è durato in media 7,4 anni.
Durante questo periodo, nel quale i partecipanti si sono sottoposti a controlli annuali, si sono registrati 5.796 decessi (4,3%) e 4.784 casi (3,5%) di eventi cardiovascolari importanti, quali infarto miocardico e ictus (si veda immagine).
Tra le cause di mortalità non associate a malattie cardiovascolari, in tutti i paesi, tranne in Africa, il motivo principale sono i tumori seguiti dalle malattie respiratorie, mentre nei paesi africani sono le malattie infettive.
A differenza dei paesi del Nord America, Europa, Medio Oriente e Sud-Est asiatico, dove si registra un più alto consumo di grassi, in Cina, Africa e nel sud dell’Asia la dieta è più ricca di carboidrati. Nella maggior parte delle popolazioni di questi paesi, il 65%-77% del fabbisogno energetico proviene infatti dai consumo di carboidrati.
I partecipanti sono stati suddivisi in 5 gruppi-quintili sulla base dei livelli di assunzione dei nutrienti (carboidrati, grassi e proteine) e della percentuale di energia fornita da ciascuno di essi. Dal confronto tra i quintili sono emersi i seguenti risultati:
il consumo più elevato di carboidrati è correlato al rischio più elevato di mortalità totale e di decessi per eventi non cardiovascolari;
i grassi totali, così come le proteine totali, sono associati ad un più basso rischio di mortalità totale e per patologie diverse da quelle cardiovascolari;
associazione tra una maggior assunzione di acidi grassi saturi ed una minor incidenza di mortalità totale, ictus e malattie non cardiovascolari. Nessuna correlazione è stata invece osservata con infarto miocardico. La stessa tendenza è stata osservata con elevate assunzioni di acidi grassi mono- e poli-insaturi.
Per capire quanto tali risultati possano essere o meno influenzati dalle condizioni socio-economiche, i dati sono stati incrociati con quattro diversi indicatori (ricchezza delle famiglie, reddito familiare, educazione e livello economico del paese suddiviso per aree urbane e rurali). I risultati sono rimasti invariati.
Nel complesso, quindi, l’assunzione di elevate quantità di carboidrati è associato ad un rischio più elevato di mortalità totale sia nei paesi asiatici che non, mentre l’incidenza diminuisce negli individui che consumano un maggior quantitativo di grassi totali e di singole tipologie di grassi, saturi ed insaturi.
Sostituendo nella dieta il 5% dell’apporto calorico proveniente dai carboidrati con acidi grassi polinsaturi, il rischio di mortalità si riduce dell’11%. Nessuna variazione dell’incidenza di mortalità si è invece registrata sostituendo ai carboidrati acidi grassi saturi, monoinsaturi o proteine. Una tendenza simile è stata osservata per le patologie cardiovascolari; se si vanno a sostituire i carboidrati nella dieta con acidi grassi saturi, il rischio di ictus diminuisce del 20%. Rimpiazzare i carboidrati con grassi polinsaturi porta invece a ridurre del 16% la mortalità per malattie non cardiovascolari.
Tali dati non supportano quindi le attuali raccomandazioni dietetiche globali che limitano al 30% l’apporto calorico proveniente dal consumo di grassi totali e al 10% quello dai grassi saturi, valori di riferimento che dovrebbero pertanto essere riconsiderati alla luce delle scoperte emerse da questo ampio studio di coorte prospettico e dai risultati di altri studi osservazionali e di recenti studi clinici randomizzati.
FONTE: The Lancet. Pubblicato on line prima della stampa DOI: 10.1016/S0140-6736(17)32252-3. “Associations of fats and carbohydrate intake with cardiovascular disease and mortality in 18 countries from five continents (PURE): a prospective cohort study”. AUTORI: M. Dehghan, A. Mente, X. Zhang, S. Swaminathan, W. Li, et al. – Prospective Urban Rural Epidemiology (PURE)