Tutto quello che sappiamo sulla vitamina D è solo l’inizio. La ricerca deve ancora sbrogliare molti problemi, mentre alcune pratiche cliniche dovrebbero essere riviste. Aspetti fisiologici, parafisiologici e patologici sono tutti elementi fondamentali da considerare quando si va a prescrivere una terapia di supplementazione.
Ne ha parlato Andrea Giustina, Professore Ordinario di Endocrinologia al San Raffaele di Milano e Presidente dalla Società Scientifica GIOSEG – Glucocorticoid Induced Osteoporosis Skeletal Endocrinology Group, durante la Second International Conference on Controversies in Vitamin D, in cui esperti a livello mondiale, riuniti dall’11 al 14 settembre a Monteriggioni (Siena), attraverso l’analisi dei più recenti studi scientifici e il confronto sull’esperienza clinica hanno condiviso e discusso ogni aspetto rilevante della Vitamina D – dosaggi, somministrazione, effetti scheletrici.
«Questo Summit rappresenta la naturale evoluzione di quanto iniziato nel 2017 a Pisa, in cui si raggiunse un consensus a suo modo storico, che stabilì soglie ideali e condivise dai massimi esperti della comunità scientifica per definire una condizione carenziale o di insufficienza di Vitamina D. La definizione delle soglie è in verità un punto di partenza perché la domanda principale che dobbiamo porci è se queste soglie siano applicabili a tutti o se sia invece necessaria una personalizzazione nell’identificazione della carenza e quindi anche nella supplementazione» precisa Giustina. La Vitamina D, sintetizzata principalmente dalla cute attraverso l’esposizione solare, aiutando l’organismo ad assorbire il calcio è essenziale nella salute dell’osso; una sua carenza può quindi comportare una ridotta mineralizzazione ossea e l’insorgenza di osteoporosi e rachitismo. Trattandosi di un ormone, tuttavia, è necessario eseguire una corretta anamnesi del paziente per accertarne il deficit.
Nella popolazione generale si riscontrano una serie di condizioni che possono essere fisiologiche come l’invecchiamento, in cui naturalmente la pelle peggiora la sua capacità di conversione della Vitamina D e vi è generalmente una minore esposizione al sole; la gravidanza, in cui è maggiore la necessità di fare una diagnosi dello stato vitaminico per le conseguenze di una carenza non solo sulla madre ma anche su feto; ma anche situazioni patologiche, come i malassorbimenti o la terapia cronica a base di cortisone, che ha un impatto importante non solo sulla produzione ma anche sull’azione biologica della Vitamina D. Come comportarsi? Per chi e in quali quantità deve essere eseguita una somministrazione? Su chi intervenire con più tempestività?
Quello che oggi si sa per certo è che l’ipovitaminosi D espone a un maggior rischio di malattia. «Questo è vero per le fratture scheletriche in primis, per le quali esistono i dati scientifici più solidi. E’ noto poi che la carenza di Vitamina D può indurre altre patologie, come i tumori (del colon o della mammella) o il diabete o le patologie auto immunitarie: anche i dati che mettono queste malattie in relazione con gli stati carenziali sono degni di attenzione, sebbene non siano robusti quanto quelli relativi al rischio di fratture. Sta di fatto che la terapia di supplementazione, per ora, ha le maggiori evidenze a favore della diminuzione del rischio di fratture. Molti studi mirati, su popolazioni selezionate, sono invece ancora in corso per definire il rapporto fra supplementazione e prevenzione delle altre patologie». Per accertare lo stato di Vitamina D basta un unico dosaggio di 25 idrossi-vitamina D [25 (OH) D]» spiega l’esperto. «Un primo screening deve coinvolgere le classi maggiormente a rischio: anziani, donne in gravidanza, persone che non possono esporsi al sole o che seguono terapie croniche o con malattie di malassorbimento. Successivamente va impostato un intervento adeguato. La somministrazione va modulata ad personam, in base alle caratteristiche del singolo individuo». Rispetto alle patologie che causano un malassorbimento, la carenza di Vitamina D è importante nei pazienti obesi che hanno subito operazioni di chirurgia bariatrica, dove lo stato che predispone alla carenza viene di fatto indotto dall’intervento medico; ma anche la celiachia, ormai sempre più diagnosticata in soggetti adulti. «Per questi ultimi una valutazione dei livelli di Vitamina D è essenziale, perché quasi tutti i pazienti sono carenti. Sono spesso persone giovani, che sviluppano delle forme importanti di danno osseo da carenza prolungata, instauratasi molto prima della diagnosi di celiachia, che spesso giunge tardiva, tanto che molti pazienti arrivano all’accertamento con fratture a livello vertebrale».
La consapevolezza dell’importanza della diagnosi di carenza in queste popolazioni è fondamentale e va valutata anche con esami specifici. «Il recupero con la supplementazione richiede molto tempo. Per esperienza si usano dosi più elevate e per periodi prolungati in funzione della condizione di partenza (alla diagnosi), della risposta clinica generale della patologia alla dieta e della valutazione della salute scheletrica, che deve essere stimata anche da esami specifici (tipo MOC, Mineralometria Ossea Computerizzata, per misurare la quantità di calcio nelle ossa). Di fatto anche in questo caso è fondamentale una personalizzazione degli interventi sia per la definizione della corretta supplementazione sia di eventuali terapie aggiuntive a protezione dello scheletro».
Il messaggio principale dunque è che è quanto mai necessario adeguare la quantità di vitamina somministrata alla persona sulla base delle reali necessità, sia per una miglior efficacia della cura sia per una corretta gestione delle risorse. Gli aspetti da considerare infatti non sono solo di natura clinica ma investono la sfera socio-economica che va ugualmente tutelata.
«Vorremmo fare un passo avanti con questo meeting di Monteriggioni» riassume Giustina «verso la personalizzazione della diagnosi e della terapia a base di vitamina D». Gli argomenti affrontanti durante la Second International Conference on Controversies in Vitamin D saranno oggetto di pubblicazioni scientifiche destinate agli specialisti con l’obiettivo di continuare a fare importanti passi avanti su un terreno sempre più condiviso, nonostante l’ambito così controverso, a vantaggio della pratica clinica e del benessere dei pazienti.