L’OMS ha identificato quattro tumori strettamente legati all’esposizione a radiazioni ultraviolette:
melanoma cutaneo, un tumore maligno che colpisce i melanociti, le cellule che producono il pigmento cutaneo melanina;
carcinoma squamoso della pelle, un tumore maligno che, rispetto al melanoma, ha un’evoluzione più lenta ed è associato a minore morbilità e mortalità;
carcinoma basocellulare (basalioma), un tumore cutaneo che si sviluppa prevalentemente in età avanzata e si diffonde lentamente e localmente;
carcinoma squamoso della cornea o della congiuntiva, un raro tumore oculare.
I tumori cutanei non melanomatosi si manifestano più frequentemente sulle parti del corpo solitamente esposte al sole e sono tra i tumori più diffusi in assoluto: secondo i dati dell’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM) sono al primo posto tra gli uomini e al secondo tra le donne, dopo il tumore della mammella. La radiazione UV, in particolare la sua componente dovuta agli UVB (280-315 nm), è un importante fattore implicato nella patogenesi dell’invecchiamento cutaneo e del cancro. Un aspetto legato al danno indotto dagli UVB è la formazione dei dimeri di ciclobutano pirimidina e dei fotoprodotti pirimidina (6-4) pirimidone. Inoltre, le radiazioni UV sono in grado di indurre un danno indiretto al DNA causato da reazioni ossidative indotte dall’incremento dei livelli delle specie reattive dell’ossigeno (ROS).
Tali danni inducono diversi effetti avversi: disturbo del metabolismo cellulare, cambiamenti morfologici e ultrastrutturali, attacco delle vie di regolazione e alterazioni nella differenziazione e proliferazione cellulare, apoptosi delle cellule cutanee.
Ci sono evidenze che la caffeina, alcaloide comunemente presente nelle foglie del the, nel caffè e nei semi di cacao, ha un effetto inibitorio sulla carcinogenesi della pelle poiché stimola l’apoptosi selettiva delle cellule danneggiate senza intaccare le cellule sane. Essendo la caffeina una molecola idrofilica con ridotta permeabilità cutanea, sono stati sviluppati sistemi per il rilascio topico, quali microemulsioni, nanoparticelle e nanovescicole, che permettano a tale molecola di superare la barriera lipofilica dello strato corneo, facilitandone la penetrazione cutanea e il raggiungimento delle cellule bersaglio della sua azione.
Gli obiettivi dello studio di Huixian Ma e collaboratori (AAPS PharmSciTech, Vol. 16, No 4, 2015; p. 905-913) sono stati lo sviluppo e ottimizzazione di una microemulsione che favorisse la penetrazione cutanea della caffeina e la valutazione della capacità di indurre apoptosi, per prevenire la crescita tumorale. Inizialmente i ricercatori hanno costruito un diagramma di fase pseudo-ternario per determinare le concentrazioni e le proporzioni tra i componenti al fine di produrre microemulsioni termodinamicamente stabili costituite da gocce fini e in grado di solubilizzare la caffeina in quantità adeguata all’azione terapeutica richiesta. I componenti selezionati per la preparazione della microemulsione sono l’acqua, l’oleoil-polioxil-6-gliceride (Labrafil M 1944 CS) quale fase oleosa, il macrogolglicerol-ricinoleato (Kolliphor EL) quale tensioattivo e il tetraglicole quale cotensioattivo.
Quattro diverse formulazioni per la microemulsione, tutte con carico di caffeina pari all’1% in peso, e con contenuto d’acqua crescente del 50, 60, 70 o 80%, e un rapporto fra fase oleosa e miscela tensioattivo/cotensioativo di 1:3, sono state caratterizzate per morfologia, dimensioni e conducibilità elettrica e analizzate in uno studio di permeazione ex vivo confrontando la quantità di caffeina permeata, con quella di un gel con il medesimo contenuto di attivo. Le gocce delle microemulsioni ottenute con le composizioni descritte sono risultate sferiche con ristretta distribuzione dimensionale e diametro medio crescente, da circa 30 a circa 100 nanometri, al diminuire del contenuto in acqua. La conducibilità elettrica aumenta invece all’aumentare del contenuto in acqua. Lo studio di permeazione ex vivo realizzato con l’utilizzo di celle di Franz con interposta pelle addominale porcina mostra una permeabilità crescente nel tempo, con rilascio di ordine zero, della caffeina per tutte le formulazioni. La caffeina permea in misura maggiore all’aumentare del contenuto di acqua delle microemulsioni. Anche la quantità di attivo presente in strato corneo, epidermide e derma è significativamente maggiore nel caso della microemulsione con l’80% di acqua rispetto alla formulazione in gel di controllo. Quest’ultima microemulsione è stata quindi utilizzata in uno studio in vivo, condotto su topi femmina Kun-Ming, divisi in quattro gruppi: 1) non trattati e non esposti a UVB, 2) esposti a UVB, 3) esposti a UVB e trattati con microemulsione placebo e 4) esposti a UVB e trattati con la microemulsione a base di caffeina. I risultati mostrano nel quarto gruppo un numero di cellule apoptotiche significativamente maggiore rispetto a quello osservato nei ratti del secondo e terzo gruppo di un fattore rispettivamente 2,5 e 3. Lo studio suggerisce quindi che la microemulsione ottimizzata potrebbe essere un valido veicolo per il rilascio topico di caffeina al fine di inibire lo sviluppo di tumori indotti da radiazioni UVB.