Si è visto che l’azione dei batteri intestinali è in grado di riequilibrare gli stati emotivi attraverso la regolazione della quantità di sostanze come serotonina, dopamina, incidendo sulla genesi degli stati depressivi ma è anche vero che il metabolismo di alcune aree celebrali può essere negativamente influenzato da tossine prodotte da alcuni batteri.
Riguardo il morbo di Alzheimer, studi recenti su topi hanno messo in luce il ruolo protettivo di una formulazione di probiotici (contenentiLactobacillus e Bifidobacterium) sulle funzioni cognitive, facendo registrare dopo 12 settimane di trattamento un miglioramento delle facoltà, corroborato a livello sperimentale da una diminuzione delle placche amiloidi, formazioni tipiche della malattia di Alzheimer. Inoltre i probiotici nello studio favorirebbero anche la proteolisi nei confronti degli accumuli di proteina beta-amiloide e la concentrazione di alcuni ormoni (grelina, leptina, GLP-1 e GIP) che influenzano positivamente i processi di apprendimento e di memoria, giocando quindi un ruolo importante nella prevenzione e trattamento della malattia.
L’equilibrio del microbiota intestinale sembrerebbe avere un ruolo sulla progressione e prevenzione delle malattie neurodegenerative anche attraverso la modulazione degli stati infiammatori, fra le cui conseguenze c’è anche l’invecchiamento. L’eziologia dell’infiammazione cronica non è ancora sufficientemente chiarita. Si sa però che il cervello è uno fra gli organi più sensibili e più esposto alle sue conseguenze e ha, nella degenerazione cognitiva, un segno inequivocabile di invecchiamento. Alla base di questi fenomeni sono stati spesso osservati stati di disbiosi. Una popolazione batterica squilibrata a favore di batteri “cattivi” quindi, crea uno stato di infiammazione lesivo per organi e tessuti, da cui discende un ampio spettro di patologie fra cui malattie cardiovascolari, diabete e resistenza insulinica e, appunto, declino cognitivo e demenza.