La modifica della quantità e qualità delle proteine alimentari sono il cardine della terapia nutrizionale in pazienti affetti da malattia renale cronica (CKD), ma la restrizione proteica è solo una variabile all’interno del complesso management dietetico del paziente con CKD. Nella pratica clinica, la necessità di contenere l’apporto di proteine non oltre 0.8 g/kg/die, l’apporto di fosforo < 400-700 mg die, quello del sodio < 2-3 gr die e contemporaneamente fornire un apporto energetico adeguato, fino anche a 35 kcal/kg/die, si scontra spesso con una bassa aderenza alla dieta da parte del paziente.
L’impiego di prodotti ipoproteici rappresenta un valido strumento per fornire energia attraverso i carboidrati, ma con apporti molto bassi di azoto, fosforo, potassio e sodio. Una semplice procedura casalinga per ridurre il contenuto di fosforo, sodio e potassio, prevede di bollire gli alimenti e successivamente rosolarli con olio d’oliva, odori, aromi e spezie o cuocerli con pomodoro fresco o in forno con olio d’oliva, per renderli più appetibili. L’uso di strumenti didattici quali brochure con immagini, può essere utile per ridurre i fosfati. La “piramide del fosforo” è uno strumento semplice e immediato per ridurre efficacemente il carico di fosforo. In assenza di edemi, non è premiante raccomandare restrizioni di sodio più severe di quanto raccomanda l’OMS (5-6 gr di sale die), si può invece scoraggiare l’uso di cibi trasformati e precotti, incoraggiando l’uso di prodotti freschi, di pane non salato e suggerendo di non utilizzare sale nell’acqua della pasta ma solo nelle salse da condimento. L’iperkaliemia è un’evenienza generalmente limitata agli stadi più avanzati della malattia renale. Anche in questo caso, il consiglio di bollire vegetali e legumi, prevedendo anche di cambiare l’acqua a metà cottura, può causare la perdita di vitamine idrosolubili e se necessario va previsto l’utilizzo di supplementi. L’approccio dietetico è variabile, dipende dalla gravità della malattia renale, dai gusti e dalle abitudini del paziente. Si può quindi passare da una dieta mediterranea con apporto normoproteico (0.8 g/kg), in genere utilizzabile fino ad uno stadio IIIa, a una low protein diet con apporti proteici di 0.6 g/kg e di prevalente origine animale o a una low protein diet sul modello vegano con apporti di 0.7 g/kg, fino alle very low protein diet, con apporti proteici non superiori a 0.3-0.4 g/kg/die e in cui è necessaria la supplementazione con aminoacidi essenziali e chetoanaloghi, assumibili in tavolette già pronte. In ogni caso, è possibile fornire al paziente numerosi esempi di piatti gustosi corredati dalle relative ricette, che permettono di non fargli percepire come eccessivamente penalizzante la propria condizione.
Per approfondimenti:
BMC Nephrology (2016) 17:102
BMC Nephrology (2016) 17:102