Informazione come parola chiave: anche il 70% dei medici di medicina generale ha manifestato l’esigenza di avere formazione e informazione sui prodotti e sul loro funzionamento. L’azienda deve accompagnare quindi il cambiamento in atto, aumentando la consapevolezza sul comparto. L’Italia è il primo settore di vendite degli integratori in Europa. Agli indicatori strutturali si affiancano dinamiche di estremo interesse perché in grado di indicare la vitalità del comparto: sono infatti anche aumentati gli investimenti in beni strumentali, in innovazione di processo e di prodotto, digitalizzazione, formazione, produzione. «Tutti gli ambiti quindi – sottolinea Costa –, che permettono al settore di affrontare la sfida dell’industria 4.0». Infine si registra un incremento dell’incidenza delle aziende che operano all’estero con un peso sul fatturato complessivo della filiera pari a circa il 20%.
L’approccio del consumatore
Secondo un’indagine Gfk condotta su 6.347 individui rappresentativi della popolazione italiana, 32 milioni di italiani (pari al 65% della popolazione adulta) hanno consumato un integratore alimentare nell’ultimo anno. L’integratore risponde in modo allargato alla domanda emergente di salute e prevenzione delle persone. Diverse e articolate le funzioni attribuite all’integratore: dall’area più tradizionale del rinforzo e recupero dopo un periodo di stanchezza o malattia (funzione attribuita dall’80% dei consumatori), all’area della promozione del benessere (76%) e della performance fisica e mentale (71%), fino alla prevenzione (54%) e alla gestione dei disturbi (46%).
Nella percezione comune l’integratore è adatto a tutti: adulti, anziani, bambini, donne e uomini. Percepiti come prodotti sicuri ed efficaci dai 2/3 dei consumatori, sono vissuti in modo più ampio e “olistico” soprattutto dalle donne (legate al mondo del benessere e dell’equilibrio) mentre appaiono più connotati in termini di performance per gli uomini. Ampio e articolato l’universo dei prodotti conosciuti e utilizzati.
Mediamente una persona consuma oltre due tipologie diverse di integratore (2,5 in media): principalmente vitamine, sali minerali, tonici/energizzanti, fermenti lattici, prodotti per le difese immunitarie, ma anche prodotti più specifici per la prevenzione cardiovascolare, ossa e articolazioni, per l’ansia e i disturbi del sonno, per la memoria, il dimagrimento, menopausa e prostata, disturbi intestinali e altri integratori per la prevenzione e la gestione di piccoli disturbi. Numerosi e ben rappresentativi della popolazione generale (anche se un po’ più concentrati al Nord e fra le donne), i consumatori di integratori si caratterizzano per una generale attitudine al benessere e alla cura di sé (significativamente superiore rispetto a chi non ne fa uso): ricerca di equilibrio fra lavoro e tempo libero (+16%), attenzione all’alimentazione (+ 8%) e al peso (+ 9%), movimento e attività fisica (+ 18%), controlli e monitoraggio della salute (+12%).
Il medico e il farmacista mantengono un ruolo fondamentale di consiglio e di indirizzo nell’ambito degli integratori: il 35% dei consumatori viene consigliato dal medico, il 35% riceve un consiglio dal farmacista/in farmacia
Le sfide
La difficoltà maggiore che questo settore affronta riguarda l’aspetto regolatorio a livello internazionale. «Abbiamo – spiega Costa –, la parte di mercato relativa ai botanicals che in Italia vive un florido sviluppo grazie a una presa di posizione del Ministero, ma a livello europeo la valutazione dei claim è bloccata. Il claim a livello europeo vorrebbe essere attributo alle sostanze non tanto per una tradizione d’uso quanto per i dati di efficacia clinica. Questo va in controtendenza, però, rispetto ai farmaci tradizionali che a livello europeo vengono normati e ai quali vengono attribuiti claim in base alla tradizione d’uso». Un nodo politico europeo che è molto difficile da dipanare. Altro obiettivo è quello di avere regole snelle e chiare per agevolare l’export. Infine brevetti, know-how e marchi sono asset di valore per queste imprese: «Ed è per questo – afferma Costa –, che abbiamo preso con rammarico la richiesta dell’Ocse di escludere questi ultimi dal regime agevolato».
Punti di convergenza con le imprese del farmaco
«Ci sono molte similitudini tra il settore farmaceutico e quello nutraceutico e ovviamente anche qualche differenza – afferma il presidente Farmindustria Massimo Scaccabarozzi –, che è però positiva perché può essere sfruttata per una sinergia tra le parti». Nel 51% dei casi gli integratori sono utilizzati per prevenzione e cura e dietro l’uso di questi prodotti nel 70% dei casi c’è una figura professionale, medico o farmacista. Diversamente dal settore del farmaco, invece, in cui la spesa è maggiore negli over 65, gli integratori alimentari sono usati similmente da tutte le fasce d’età. «Le sinergie tra i due comparti sono auspicabili – secondo Scaccabarozzi – per lavorare sugli stili di vita e sulla prevenzione e per spostare e posticipare la malattia. Questo può permettere di liberare risorse da impiegare per le terapie innovative farmacologiche che stanno arrivando». Altre risorse potrebbero essere ottenute educando il cittadino, che attualmente spende 20 miliardi in ticket out of pocket, a impiegare le proprie risorse in altri mezzi, come potrebbero essere degli integratori per il benessere e il mantenimento della salute.