I ricercatori hanno analizzato i dati di 1.054 individui arruolati nel Flemish Gut Flora Project (FGFP), e hanno rilevato che due gruppi di batteri, coprococcus e dialister, erano scarsi in persone con diagnosi di depressione, a prescindere dal trattamento antidepressivo. Hanno quindi convalidato i loro risultati esaminando una coorte indipendente di 1.063 individui dello studio Dutch LifeLines DEEP e in un gruppo di pazienti con disturbo depressivo maggiore resistente al trattamento. Gli esperti hanno notato anche che batteri delle famiglie faecalibacterium e coprococcus sono risultati costantemente associati a indicatori di una maggiore qualità della vita. Entrambi i batteri producono butirrato, un acido grasso a catena corta che rinforza la barriera epiteliale e riduce l’infiammazione intestinale, e di entrambi è stata notata una certa scarsità in concomitanza con malattie infiammatorie intestinali e depressione. I ricercatori hanno quindi creato il primo catalogo dei batteri intestinali umani che hanno potenziale neuroattivo. «Questo è un primo tentativo di collegare la composizione della flora batterica dell’intestino con la depressione in un ampio studio di popolazione. I dati mostrano che nelle persone depresse potrebbe esserci una riduzione di specifici batteri che producono determinate sostanze chimiche» conclude John Cryan, dello University College Cork, autore senior dello studio.
Nat Microbiol. 2019. doi: 10.1038/s41564-018-0337-x
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/30718848