L’Acido Folico (Vitamina B9) è coinvolto in numerosi processi biochimici fondamnetali per il buon funzionamento dell’organismo umano. Questa sostanza non viene prodotta in modo endogeno ed è necessario introdurla tramite la dieta nelle sue forme più complesse, i folati.
Diversi tipi di enzimi trasformano i folati contenuti nei cibi in molecole che rendono disponibili gruppi metilici per la sintesi degli acidi nucleici e per la regolazione genica, mediante meccanismi epigenetici. L’importanza dei folati per la prevenzione delle malformazioni neonatali, in particolare quelle legate ai difetti del tubo neurale, è ormai ben assodata e l’integrazione con folati è prassi terapeutica fin dalle prime fasi della gravidanza.
Molto resta invece ancora da scoprire sul ruolo svolto dai folati nella genesi di molte malattie: la vitamina B9, in particolare, appare essere importante soprattutto in processi di proliferazione e differenziazione tissutale come, ad esempio, quello dell’embrione in formazione ma anche la comparsa e crescita di un tumore. «Il nostro gruppo si occupa di studiare l’importanza della metilazione di specifici geni nei confronti dell’insorgenza di malattie complesse, tra cui il cancro del colon-retto, malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, l’aterosclerosi e malattie autoimmuni, come la miastenia gravis. – racconta Lucia Migliore, docente di Genetica Medica presso il Dipartimento di Ricerca Traslazionale e Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia dell’Università di Pisa. – Si è visto che le alterazioni dei livelli di metilazione di alcuni geni sono correlate con un maggior rischio di sviluppare malattie complesse. L’ipermetilazione di geni soppressori tumorali, ad esempio, è correlata alla comparsa di diversi tipi di tumore, a fronte di una ipometilazione globale del DNA, in particolare di regioni non codificanti. Partendo da queste osservazioni, ci siamo proposti di identificare alcuni geni che potrebbero rappresentare dei buoni biomarcatori epigenetici per la presenza di un tumore o di un’altra malattia complessa, soprattutto a livello periferico».
I FOLATI IN GRAVIDANZA
L’assunzione di integratori a base di acido folico (0,4 mg/die) è ormai diventata una prassi per le donne in gravidanza, un periodo in cui il fabbisogno giornaliero di vitamina B9 aumenta, in quanto una parte di essa viene utilizzata dal feto. I difetti del tubo neurale (DTN), la spina bifida o l’anencefalia sono eventi collegati a carenze di folati, insieme a problemi quali ritardo nella crescita intrauterina, parto prematuro, lesioni placentari. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia nascono ogni anno circa 100-200 bambini affetti da DTN, contro i 2500-4000 degli Stati Uniti. L’assunzione di folati anche nel periodo che precede una gravidanza attesa o programmata è molto consigliata, e le donne particolarmente a rischio per familiarità con malattie del tubo neurale, o con storia di una precedente gravidanza con un DTN, o affette da diabete mellito, obesità o epilessia, potrebbero richiedere un dosaggio aumentato dell’integrazione e vanno attentamente monitorate dal punto di vista sanitario.
I FOLATI E IL TUMORE DEL COLON-RETTO
Il gruppo di Pisa ha approfondito in modo particolare lo studio del tumore del colon-retto, analizzando i livelli di metilazione di diversi oncosoppressori in cellule tumorali di pazienti affetti da questa patologia. L’alterazione della metilazione di numerosi geni è un’evenienza legata alla comparsa di neoplasie del colonretto ed è già utilizzata come marcatore diagnostico per questa forma tumorale analizzando a livello del sangue circolante o del DNA fecale i livelli di metilazione di geni specifici, quali la septina 9 o la vimentina. L’ipermetilazione delle sequenze promotrici corrisponde a una diminuzione o blocco dell’espressione genica, mentre l’ipometilazione attiva l’espressione genica.
«I folati sono donatori di gruppi metilici, che poi vengono utilizzati dalle DNA metiltransferasi, una famiglia di enzimi che trasferisce il gruppo metile dalla S-adenosil metionina alla citosina in posizione 5’ del DNA con produzione di S-adenosil omocisteina. Ci siamo chiesti quale fosse l’importanza di un sufficiente apporto di folati a livello della metilazione genespecifica in cellule del tumore colonretto. Abbiamo anche indagato il ruolo dei polimorfismi di geni coinvolti nel metabolismo dei folati, tra cui la metilentetraidrofolato reduttasi, il carrier dei folati, la metionina sintasi, la metionina sintasi-reduttasi», racconta Migliore.
I ricercatori pisani hanno correlato i livelli ematici di folati, vitamina B12, omocisteina e la metilazione di specifici geni nei tessuti di pazienti con cancro colon-retto con la loro costituzione genetica relativa ai poliformismi presenti a livello della via dei folati. «I pazienti introducono i folati con la dieta; abbiamo lavorato anche con questionari, cercando di correlare tutti i parametri per mezzo delle reti neurali artificiali, una fase del progetto svolta in collaborazione con colleghi di centri di ricerca di Milano (Bracco) e Roma (Semeion)». Gli ultimi risultati sull’identificazione di alcuni geni la cui metilazione è risultata essere influenzata dai livelli di folati circolanti sono stati pubblicati sulle riviste Epigenetics (doi: 10.4161/epi.27956) e Epigenomics (doi: 10.2217/epi.14.77).
Più in particolare, sono risultati sensibili ai folati il gene APC, causativo in alcune delle forme familiari del cancro colon retto, hMLH1 e MGMT, coinvolti in sistemi di riparazione del DNA e altri geni critici per il processo di cancerogenesi colon-rettale come CDKN2A e RASSF1A.
Per esempio, il 93% dei pazienti che presentano metilazione nulla del promotore del gene hMLH1 sono risultati essere positivi per la proteina MHL1 ai test di immunostaining, mentre l’80% dei pazienti in cui il promotore è risultato essere metilato sono negativi all’immunostaining.
I ricercatori pisani hanno comparato i livelli di metilazione dei geni nel tessuto tumorale rispetto alla mucosa sana adiacente, evidenziando correlazioni sia con età e sesso del paziente che con lo stadio di evoluzione della malattia.
Anche i polimorfismi genetici legati alla via metabolica dei folati svolgono un ruolo importante nell’evoluzione della malattia, mostrando una forte correlazione tra le varianti dei geni che metabolizzano i folati e i livelli di metilazione dei geni coinvolti nello sviluppo del carcinoma colonrettale.
«Se ne deduce che l’assunzione dei folati tramite la dieta è importante per un corretto mantenimento della funzionalità dei geni critici per specifiche patologie», sottolinea Lucia Migliore. Il progetto dell’Università di Pisa è stato realizzato grazie a un finanziamento dell’Istituto Toscano Tumori e ha coinvolto 107 pazienti. «Per il futuro vorremmo ampliare la gamma di patologie che potrebbero essere interessanti dal punto di vista diagnostico per quanto riguarda la correlazione tra i livelli di folati e l’espressione di determinati geni patologia-specifici. Stiamo programmando un progetto sulla steatosi epatica non alcolica, e speriamo anche di riuscire a sviluppare insieme al Centro Nutrafood dell’Università un progetto sulla sensibilità al glutine non dovuta a celiachia, un tipo di patologia che potrebbe vedere coinvolti geni particolarmente sensibili ai livelli di folati» conclude Lucia Migliore.