Il SARS-CoV-2 è un β-coronavirus incapsulato, con un ampio genoma a RNA, a filamento singolo e a senso positivo, da 26-32 kilobasi. Quattro le proteine strutturali presenti in questo virus: Spike (S), proteina dell’involucro (E), proteina di membrana (M) e nucleocapside (N). La proteina Spike interagisce con la membrana cellulare dell’ospite per favorire l’ingresso del virus durante l’infezione. Essendo prive della capacità di correzione delle bozze, le polimerasi dell’RNA virale possiedono un elevato tasso di mutazione, fenomeno che consente ai virus con genoma a RNA di sviluppare resistenza contro molecole antivirali preesistenti. La fase preliminare nell’infezione da CoV è l’interazione delle cellule umane con la proteina virale “Spike” attraverso il legame di quest’ultima con l’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE), presente nel tratto respiratorio inferiore dell’uomo, che funge quindi da recettore per il virus. Dopo essere entrato nella cellula, CoV favorisce l’espressione dei geni ed avviene la codifica del genoma con conseguente produzione del materiale proteico che permette al virus di adattarsi all’ospite. Successivamente, la cellula infetta muore liberando milioni di nuove particelle virali.
In mancanza ad oggi di trattamenti specifici efficaci, è estremamente attiva la ricerca di farmaci antivirali ad ampio spettro e di combinazioni di farmaci (es. inibitori delle proteasi in associazione con farmaci per l’HIV) per il trattamento di questa infezione. Particolare attenzione è rivolta anche alle potenziali proprietà antivirali di alcuni composti fitochimici. Tra questi, la curcumina, il principale componente bioattivo della Curcuma spp., sulla quale un gruppo di ricerca iraniano ha rivolto di recente il proprio interesse, effettuando una revisione dei potenziali effetti antivirali che questa sostanza potrebbe avere sul COVID-19 basandosi, però, sul presupposto che le risposte immunitarie contro questo virus sono simili a quelle degli altri coronavirus. Di seguito i meccanismi d’azione ipotizzati:
- Interazione con recettore/ penetrazione del virus: studi su modelli molecolari suggeriscono che la curcumina ha un elevato grado di affinità per l’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE), il recettore cui si lega la proteina SPIKE del virus, consentendone l’ingresso nella cellula ospite.
- Replicazione del virus: utilizzando come modello di coronavirus il PEDV (virus della diarrea epidemica suina), un tipo di coronavirus che infetta le cellule che rivestono l’intestino tenue del maiale, si è osservata una riduzione delle placche e della carica virale a seguito dell’esposizione alla curcumina. Tali risultati evidenziano la capacità della curcumina di inibire la PEDV nella fase di replicazione del virus.
- Inibizione delle proteasi virali: studi su modelli molecolari, considerate le relativamente basse energie di legame e le costanti di inibizione, indicano un possibile effetto inibitorio della curcumina sulla proteasi Mpro, ostacolando in questo modo la proliferazione del virus.
- Effetti sugli interferoni: gli interferoni (IFN) rivestono un ruolo fondamentale nella difesa contro l’infezione da CoV. Questi virus potrebbero ostacolare l’induzione dei IFN nell’uomo. Sono, inoltre, in grado di antagonizzare STAT1, una proteina chiave nella risposta immunitaria mediata dai IFN. Questo spiega l’aumento delle soglie di risposta delle cellule immunitarie ai IFN durante le infezioni da CoV.
La riduzione della mortalità da SARS-CoV potrebbe essere ottenuta attraverso l’attivazione della risposta immunitaria innata al fine di stimolare la produzione di IFN nelle primissime fasi della malattia. In modelli di coronavirus PEDV, la curcumina ha mostrato la capacità di aumentare l’espressione dei geni interferone- stimolanti (ISG) e la produzione di citochine innescando l’immunità innata dell’ospite. I coronavirus possono indurre la produzione di varie citochine infiammatorie; attivando la “cascata o tempesta di citochine” sono in grado di provocare danni a vari organi, come polmone e cuore. Vi sono crescenti evidenze scientifiche, soprattutto da studi in vitro e su animali, a supporto della capacità della curcumina di ridurre l’espressione di chemochine e citochine infiammatorie (IFNgamma, MCP-1, IL-6 e IL-10) responsabili dell’infiammazione e della fibrosi polmonare, nonché dell’edema polmonare, tutti fenomeni associati all’infezione da COVID-19. La curcumina, attraverso vari meccanismi d’azione, sembra avere un potenziale ruolo benefico anche nel contrastare i danni a livello cardiovascolare e ai reni, associati all’infezione da COVID- 19, e nell’inibire lo stress ossidativo, fenomeno che si manifesta in tutte le forme gravi di lesioni polmonari incluse la sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) causata da CoV e nelle infezioni provocate da virus influenzali. I potenziali effetti antivirali della curcumina potrebbero essere un punto di partenza interessante per indagare l’efficacia di questa sostanza rispetto alla infezione ed alle complicanze da SARSCoV- 2, efficacia che dovrà essere confermata da studi clinici ben strutturati
FONTE: Phytotherapy Research. Pubblicato on line prima della stampa DOI: 10.1002/ptr.6738. Potential effects of curcumin in the treatment
of COVID-19 infection. AUTORI: F. Zahedipour, S.A. Hosseini, T. Sathyapalan, M. Majeed, et al.