Alcuni pazienti celiaci presentano sintomi gastro-intestinali anche dopo aver sospeso l’ingestione di glutine. Sintomi tipici della sindrome del colon irritabile, dovuti principalmente alla carenza di bifidobatteri nel microbioma intestinale.
“In letteratura è noto che il rischio di avere sintomi di intestino irritabile per i pazienti celiaci, anche se a dieta, è 4 o 5 volte maggiore dei pazienti non celiaci” – spiega il professor Ruggiero Francavilla, Pediatra Gastroenterologo della Clinica Pediatrica Universitaria Ospedale Pediatrico Giovanni XXIII di Bari.
E’ accertato infatti che i due fenomeni non sono indipendenti. «Non bisogna dimenticare che vi sono dei collegamenti tra le due condizioni: infatti IBS e celiachia vengono spesso innescate dall’ingestione di alimenti a base di frumento, ma il meccanismo alla base delle due patologie è diverso. Nel caso della celiachia la reazione viene innescata dall’ingestione di una proteina contenuta nel frumento, la gliadina, che si assembla con le glutenine durante la lavorazione dell’impasto a costituire il glutine. Invece nell’IBS la responsabilità è da attribuire ad altri costituenti del frumento, tra cui alcuni zuccheri non digeribili che vengono fermentati dalla flora batterica intestinale producendo gas in eccesso, responsabili dei vari disturbi dell’IBS. Quindi c’è una correlazione tra le due patologie per quanto riguarda l’agente scatenante che può essere comune» spiega Basilio Malamisura, Direttore U.O. di Pediatria e Centro di riferimento regionale per la Celiachia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Salerno.
Le cause della celiachia non sono del tutto chiare, è noto che oltre alla predisposizione genetica intervengono anche fattori esterni. «Oltre all’assunzione del glutine» precisa Carlo Catassi, Direttore Clinica Pediatrica Università Politecnica delle Marche «possono influire sull’insorgenza della celiachia anche altri fattori: infezioni riscontrate da bambino, alimentazione infantile, somministrazione di antibiotici. Questi fattori possono modificare il microbiota intestinale, cioè la flora batterica presente nel nostro intestino, che può a sua volta influenzare la funzione immunitaria e la permeabilità intestinale. Sulla base di quanto sopra, possiamo affermare che il microbiota potrebbe giocare un ruolo nello scatenare la patologia celiaca in un soggetto predisposto».
«Attualmente esistono già dei dati che dimostrano che nel soggetto celiaco è presente un’alterazione del microbiota intestinale» prosegue Catassi. «È stato infatti riscontrato che ci sono batteri più frequenti e altri meno rispetto alla popolazione di controllo. Si suppone quindi che, agendo sul microbiota, si possa modificare l’evoluzione della celiachia e migliorare i sintomi che talvolta osserviamo nel soggetto celiaco».
Queste le ipotesi alla base dello studio “Clinical and Microbiological Effect of a Multispecies Probiotic Supplementation in Celiac Patients With Persistent IBS-type Symptoms” condotto dall’Università di Bari e pubblicato sul Journal of Clinical Gastroenterology.
Lo studio, randomizzato, doppio cieco e controllato con placebo, ha arruolato 109 pazienti celiaci che, sebbene a dieta aglutinata da due anni, presentavano ancora sintomi gastrointestinali.
Al gruppo sperimentale è stata somministrata per sei settimane una miscela composta da cinque ceppi di probiotici: due di Lattobacilli (Lactobacillus plantarum 14D – CECT 4528; Lactobacillus casei LMG P-17504) e tre ceppi Bifidobatteri (B.breve LMG P-17501, B.breve LMG P-17500 e B.animalis subsp. Lactis LMG P-17502).
Rispetto ai pazienti che hanno assunto un placebo, quelli trattati hanno mostrato un miglioramento significativo dei livelli di dolore e una modifica del microbioma, con un aumento di Lattobacilli e Bifidobatteri nel gruppo di pazienti trattati con il probiotico multi-ceppo. Aumento confermato anche dopo le sei settimane di follow up.