L’effetto dell’“immagine paese” sull’economia nel suo insieme è ormai ampiamente riconosciuto. In un mercato globale è uno dei beni più importanti per qualsiasi stato, incoraggia gli investimenti interni, aggiunge valore alle esportazioni, attrae turisti ed operatori economici. Un Brand nazionale forte può portare grandi vantaggi, così come “accadimenti” di vario genere e la cattiva gestione del “marchio nazione” possono invece portare danni di considerevole entità.
Una delle tendenze più interessanti che si evidenzia negli ultimi mesi del 2016 è l’apparente svolta isolazionista, che ha riguardato in particolare Stati Uniti, Regno Unito e Turchia, tra gli altri. Isolazionismo motivato (almeno in parte) da una reazione contro l’internazionalismo cosmopolita da parte di coloro che ritengono che la globalizzazione li abbia penalizzati. Questo evidenzia il fatto che, così come cambia il potere dei singoli marchi nazionali di anno in anno, è soggetto a modifiche anche il concetto stesso di nazione. L’idea dello Stato-nazione è storicamente recente. Il suo potere ha alti e bassi, con raggruppamenti regionali o identità locali, in grado di influenzare il modo in cui le persone, le aziende ed i governi interagiscono tra loro.
Gli eventi di quest’anno suggeriscono come, a fronte di un lento declino in molte parti del mondo, la popolarità dello Stato-nazione possa rinascere. Gli sviluppi del 2016 rappresentano un’opportunità, il rafforzamento della identità nazionale può aiutare la differenziazione, ma dato che l’apertura è la chiave per attrarre investimenti, è possibile che si creino anche nuove sfide. In questo periodo turbolento, è più importante che mai che i governi, leorganizzazioni professionali e le imprese, adottino misure per garantire che il loro marchio nazione sia strategicamente appropriato e ben gestito. Queste le considerazioni di Brand Finance, che nel proprio report annuale “Nation Brands” misura le performance dei paesi del mondo così come espresse attraverso i propri brand nazionali.
Quando si parla di brand-paese, forza e valore economico ne sono due indicatori distinti: la forza – espressa con un rating che varia da AAA (molto forte) a DDD (molto debole) – è misurata su indicatori quali gli investimenti internazionali, l’export, il turismo, le professionalità, la governance politica e di mercato, mentre il valore economico somma forza e prodotto interno lordo (attuale e futuro) ed è quindi un indicatore legato anche alle dimensioni del paese cui si riferisce. Quanto più elevati sono entrambi, sottolinea Brand Finance, tanto maggiore ne è l’impatto positivo sul paese che li detiene in termini di appeal generale, investimenti esteri, domanda internazionale per i propri prodotti, competitività sui mercati e prosperità complessiva.
Il brand Italia vale oggi 1.521 miliardi di dollari, il 5% in più rispetto allo scorso anno: si mantiene saldamente al 9° posto nella classifica dei 100 brand-paese a maggiore valore economico e incrementa anche il proprio attributo di forza sul mercato, passando dal rating di singola A dello scorso anno all’attuale AA. Il brand-paese a maggior valore economico è ancora quello degli Stati Uniti, che si attesta sui 20.574 miliardi di dollari con una crescita del 4%. Attenzione però, sottolinea Brand Finance: “se fra tre settimane Donald Trump sarà eletto presidente, la curva ascendente potrebbe trasformarsi in discendente in breve tempo”.
Al secondo posto il brand Cina, che incrementa il proprio valore del 12% arrivando a 7.087 miliardi di dollari, pari a un terzo di quello americano. A seguire il brand Germania, che perde il 7% e viene ora valutato 3.882 miliardi, seguito da un Giappone in grande crescita (+18%) e dal Regno Unito, che perde il 2% e vale 2.942 miliardi: l’incognita, secondo Brand Finance, è l’avvio del negoziato per l’uscita dalla UE che potrebbe avere un impatto ulteriormente negativo.
Chiudono le prime dieci posizioni Francia, India, Canada, Italia e Australia, quest’ultima in calo del 7% con un valore di 1.305 miliardi. Interessanti le valutazioni di Brand Finance sui migliori e peggiori performer dell’anno: l’incremento di valore più elevato (+43%) è stato registrato dal Lussemburgo, al 54° posto con 85 miliardi, grazie a una campagna nazionale che ha teso a modificarne la reputazione da “paradiso fiscale” a paese affidabile, aperto e dinamico.
Secondo best performer è il Pakistan, il cui brand nazionale guadagna il 41% del valore in virtù delle estese riforme economiche intraprese, seguito dall’Ucraina, che sale del 27% più che altro per essere riuscita a mantenersi stabile nonostante la guerra con la Russia.
Peggiore performer la Giordania, che perde il 35% del suo valore di brand (ora 24 miliardi) a causa della vicinanza con il conflitto siriano che ne mina la sicurezza. Segue il Brasile, cui le Olimpiadi non hanno impedito di perdere il 30% del valore di brand a causa della recessione e dell’alto livello di corruzione. In caduta libera anche il brand Turchia, che ha perso il 29% del proprio valore (ora a 474 miliardi) a causa soprattutto delle misure repressive intraprese da Erdogan all’indomani del fallito colpo di stato.
Se si considera invece solo la forza del brand-paese le valutazioni cambiano completamente: al primo posto c’è Singapore, le cui piccole dimensioni (e quindi piccolo Pil) non gli consentono di competere nel campo del valore economico. Seguono Hong Kong, Svizzera, Regno Unito, Norvegia, Nuova Zelanda, Lussemburgo, Finlandia, Olanda e Giappone, tutti brand nazionali classificati con AAA, come i migliori prodotti finanziari.
L’Italia, con il suo AA, è anche quest’anno fuori dalla top ten della forza: forse il buon piazzamento di valore è dettato più dalle dimensioni economiche nazionali che non dalle effettive buone performance del paese.
FONTE: http://brandfinance.com/knowledge-centre/reports/brand-finance-nation-brands-2016/