La mandragora (o mandragola) è tossica per l’organismo? | Gruppo FarmaImpresa
Molti dati presenti in letteratura hanno evidenziato e confermato gli effetti tossici che può avere la Mandragora.
Se le proprietà magiche della Mandragora sono difficilmente accostabili al suo utilizzo in campo medico, tuttavia ci fanno capire che già nel Medioevo si era intuita la potenziale pericolosità della pianta.
Molti dati presenti in letteratura hanno evidenziato e confermato gli effetti tossici che può avere la Mandragora.
La Mandragora (o Mandragola) è una pianta nota fin dall’antichità e probabilmente più famosa e riportata in trattati di alchimisti e stregoneria che non nella pratica erboristica.
A causa della sua radice antropomorfa, questa Solanacea era utilizzata per creare amuleti e pozioni che si ritenevano efficaci contro la sterilità, il malocchio oltre che dotati di proprietà afrodisiache.
Proprietà della Mandragora
Se le proprietà magiche della Mandragora sono difficilmente accostabili al suo utilizzo in campo medico, tuttavia ci fanno capire che già nel Medioevo si era intuita la potenziale pericolosità della pianta.
Diverso è il discorso per gli effetti a carico del sistema nervoso: lo stato di incoscienza che genera l’assunzione di mandragora era sfruttato come primordiale anestetico per permettere le prime operazioni chirurgiche.
Dal punto di vista botanico, la Mandragora autumnalis è una pianta erbacea con grandi foglie ovate-oblunghe che cresce in tutto il bacino del mediterraneo, assieme alla più rara Mandragora officinarum. La distinzione tassonomica tra queste due specie è avvenuta solo recentemente sulla base del periodo di fioritura.
Mandragora e droga della pianta
La droga della pianta è costituita dalla radice che presenta composti withanolidici, chiamati mandragorolidi (saponine steroidee, di recente identificazione) e, soprattutto, alcalodi tropanici.
Queste sostanze si trovano in minor quantità anche nelle foglie fresche.
L’alcaloide maggiormente presente è la scopolamina, la cui assunzione deprime la corteccia cerebrale, producendo sedazione e amnesia. Altri sintomi che crea sono: disturbi della memoria e della capacità di concentrazione, agitazione, vertigini, disorientamento, confusione mentale ed allucinazioni.
Atropina, iosciamina e scopolamina completano il pool di alcaloidi tropanici prodotti dalla pianta.
Gli effetti anticolinergici che provoca l’assunzione di questi alcaloidi possono facilmente spiegare gli effetti “magici” che venivano attribuiti alla pianta nei testi degli alchimisti, così come la sua tossicità.
Mandragora e tossicità: i dati della letteratura
Della possibile tossicità della pianta è ricca la letteratura scientifica che riporta almeno 30 casi di riconosciuta intossicazione da Mandragora, raccolta per errore al posto della di spinaci o delle bietole. Gli studiosi sono stati in grado di identificare i sintomi, che si manifestano entro 4 ore dall’assunzione: visione offuscata, secchezza della bocca, arrossamento della cute midriasi e tachicardia. Nel 60% dei casi si riscontrano anche difficoltà di minzione, stanchezza e vomito.
Tutti questi sintomi sono riconducibili alla cosiddetta “sindrome anticolinergica”.
Nei due studi considerati (uno italiano e uno spagnolo), i medici hanno somministrato fisostigmina (0.5-2 mg) come antidoto, con remissione completa dei sintomi tra le 3 e le 36 ore. Quest’altro alcaoide permette un recupero particolarmente soddisfacente per quanto riguarda i sintomi psiconeurologici.
I rischi correlati all’uso di mandragora non si presentano solo a seguito dell’assunzione orale. Un articolo del 2015 riporta anche un caso di dermatite da contatto a seguito dell’applicazione, per 3 giorni, di radici di mandragora per trattare i reumatismi alle ginocchia.
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