Un’interazione può essere dovuta alla combinazione tra una pianta e un farmaco o tra un alimento e un farmaco che svolgono lo stesso effetto sull’organismo umano (effetto additivo o sinergico) o aventi effetti opposti (antagonisti) che ne modificano l’efficacia. Si tratta quindi di interazioni farmacodinamiche. In alternativa, una delle sostanze può influire sulla quantità dell’altra alterandone la biodisponibilità, il modo in cui viene assorbita, il legame(*) all’interno dell’organismo, l’eliminazione e/o il metabolismo. Molto spesso ciò avviene attraverso la modulazione di enzimi implicati nel metabolismo dei farmaci (enzimi in grado di aumentare o diminuire la quantità di un farmaco e quindi i suoi effetti) e dei sistemi di trasporto dei medicinali. Le interazioni farmacocinetiche possono aumentare o diminuire le azioni farmacologiche a seconda delle sostanze.
È importante sottolineare come le concentrazioni di sostanze fitochimiche o ingredienti alimentari o farmaci nell’organismo umano siano influenzati da vari fattori. La ricerca su come le differenze genetiche siano in grado di influenzare l’assorbimento e il metabolismo di piante/alimenti/ farmaci ha portato allo sviluppo di una specifica area di studio chiamata farmacogenetica. Oltre alle differenze ereditate, tra cui etnia e sesso, altri fattori quali flora intestinale, dieta, consumo di alcol, esercizio fisico, fumo, età, fattori ambientali e patologie, sono noti per influenzare il tipo di enzimi che ogni individuo esprime e che, pertanto, possono agire in modo differente sul metabolismo di piante, alimenti e farmaci.1,2
Quando la funzione dei reni è compromessa da malattie o altro, la concentrazione delle sostanze tende ad aumentare in quanto il composto principale ed i suoi metaboliti non possono essere efficacemente eliminati attraverso le urine. Allo stesso modo, malattie epatiche come l’epatite, la cirrosi epatica o il cancro al fegato, possono portare ad un incremento della concentrazione plasmatica di sostanze fitochimiche e/o farmaci convenzionali e loro metaboliti. D’altra parte, l’insufficienza epatica, e talvolta l’insufficienza renale, possono anche portare ad una riduzione del metabolismo con conseguente diminuzione della concentrazione dei metaboliti (e incremento della concentrazione dei composti principali). I composti che vengono eliminati principalmente attraverso meccanismi epatici non sono invece influenzati in maniera significativa dalla disfunzione renale e viceversa.
La capacità metabolica varia anche con l’età: mentre l’eliminazione dei farmaci nei neonati e nei bambini è molto più bassa rispetto a quella di adolescenti o adulti, la capacità di metabolizzare gli xenobiotici (composti non prodotti dall’organismo ma introdotti dall’esterno) si sviluppa piuttosto rapidamente ed è massima tra i 10 ed i 20 anni. Man mano che una persona cresce, il metabolismo delle sostanze fitochimiche e dei farmaci tende a rallentare.3
Le interazioni non sono sempre negative; a volte hanno un effetto additivo vantaggioso, ossia una delle sostanze può aiutare l’altra a funzionare meglio o ne migliora la biodisponibilità.4,5 Alcune preparazioni vegetali spesso contengono più piante proprio allo scopo di raggiungere questi effetti additivi. Gli eventi avversi gravi dovuti alla interazione tra due piante o più piante sono abbastanza rari; vi è solo un numero limitato di esempi rilevanti descritti in letteratura scientifica e clinica. Esempi di interazioni negative sono riportati per prodotti dimagranti a base di estratti ricchi di caffeina (ad esempio Guaranà [Paullinia cupana Kunth, Sapindaceae] o erba maté [Ilex paraguariensis A. St.Hil., Aquifoliaceae] con aggiunta di stimolanti come la sinefrina contenuta negli estratti di arancia amara (Citrus aurantium var. amara L., Rutaceae) o lo yohimbe(**) (Pausinystalia johimbe (K.Schum.) Pierre ex Beille, Rubiaceae). In questi casi gli effetti negativi sono a carico del sistema nervoso centrale e del sistema cardiovascolare come aumento della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca, ansia e insonnia.6
Molte segnalazioni di potenziali interazioni si basano su studi in vitro con enzimi epatici isolati o purificati, microsomi epatici (frazioni cellulari) o colture cellulari, in particolare cellule epatiche, o su studi in vivo con modelli animali. Questi studi e/o segnalazioni possono fornire importanti suggerimenti su possibili interazioni, ma non dovrebbero essere utilizzati come unici dati per stabilire l’esistenza di un rischio. Spesso i risultati di tali studi sono interpretati in maniera erronea o in modo eccessivo travisando o enfatizzando le interazioni avverse tra piante e farmaci, creando così confusione e sollevando falsi allarmismi.2,7,8
Le evidenze di interazioni tra farmaci e piante o alimenti si possono trarre da singoli casi studio ben documentati. Tuttavia, le prove più significative per le interazioni si basano sui risultati di studi clinici nell’uomo, ossia osservazioni e giudizi basati su studi di intervento controllati, ben ideati in pazienti e/o volontari sani.8 Diversi ingredienti botanici per i quali la letteratura scientifica suggerisce una potenziale interazione con numerosi farmaci convenzionali sono stati sperimentati in studi clinici dai quali, nel complesso, non sono emersi effetti avversi clinicamente rilevanti. Gli esempi includono preparazioni a base di radice e rizoma di cohosh nero (Actaea racemosa L., Ranunculaceae), estratti di foglie di ginkgo (Ginkgo biloba L., Ginkgoaceae), saw palmetto (Serenoa repens (W.Bartram) Small, Arecaceae) e radice di valeriana (Valeriana officinalis L., Valerianaceae).912
Non tutte le interazioni confer
mate da studi clinici devono necessariamente essere considerate clinicamente rilevanti in tutte le situazioni. (***) Dipende in genere dalla gravità e dalla misura in cui le azioni del farmaco o della sostanza interessati sono influenzate.
Una parte di questo approfondimento è dedicato alla analisi più dettagliata delle interazioni considerate clinicamente rilevanti. Il testo non prende in considerazione altre questioni riguardanti la sicurezza in termini di controindicazioni (qualsiasi condizione o fattore che preclude l’uso di una particolare pianta per i possibili problemi che potrebbero insorgere a causa di una preesistente condizione di salute o fisica, ad esempio una gravidanza) o di effetti avversi (effetti dannosi o anomali, lievi o potenzialmente gravi, che potrebbero essere causati dall’uso o dalla assunzione di un particolare preparato vegetale).
Questo articolo non intende essere esaustivo, ma vuole affrontare le interazioni più importanti dal punto di vista clinico tra farmaci convenzionali, alimenti o piante sulla base delle informazioni ad oggi disponibili.
Alcune interazioni possono essere evitate semplicemente assumendo l’integratore alimentare a base di una pianta molto prima o dopo aver assunto il farmaco. Ad esempio, le piante mucillaginose come lo psillio (Plantago ovata Phil ed altre Plantago spp., Plantaginaceae) semi o cuticola del seme, i semi di lino (Linum usitatissimum L., Linaceae) o i semi di chia (Salvia hispanica L., Lamiaceae) dovrebbero essere assunte almeno mezzora prima del farmaco poiché la mucillagine contenuta nel rivestimento del seme si espande con l’assunzione di liquidi creando una barriera fisica temporanea che, molto probabilmente, potrebbe ritardare o diminuire l’assorbimento del medicinale.1417 Sfortunatamente la maggior parte delle interazioni tra un farmaco e un alimento o una pianta non può essere evitato con semplici comportamenti come quelli sopra descritti.
INTERAZIONI PIANTAFARMACO CLINICAMENTE RILEVANTI
Pepe nero (Piper nigrum L., Piperaceae) frutto
Un costituente chimico del pepe nero, la piperina, in quantità superiore a 10 mg può portare ad un aumento della concentrazione plasmatica dei farmaci metabolizzati attraverso gli enzimi epatici citocromo P450 (CYP) 3A4 e CYP2D6.
Il CYP3A4 è coinvolto nel metabolismo di molti farmaci quali: benzodiazepine, farmaci chemioterapici (irinotecan, paclitaxel e tamoxifene), ciclosporina, citalo pram, antimicotico imidazolo, bloccanti dei canali del calcio (nifedipina e verapamil), antibiotici macrolidi (eritromicina e altri), omeprazolo, alcuni oppioidi, sertralina, sildenafil, statine (lovastatina e simvastatina), tacrolimus, warfarin, etc.. Tra i farmaci metabolizzati dall’enzima CYP2D6 vi sono invece antiaritmici (flecainide, propafenone), antidepressivi SSRI, diversi betabloccanti, dexfenfluramina, destrometorfano, donepezil, metoclopramide, alcuni oppioidi, prometazina, tamoxifene, etc.11
Il pepe nero comunemente usato in cucina come spezia contiene piperina in quantità pari al 27%; tuttavia, essendo usato in piccole quantità, non costituisce un potenziale problema di interazione.11,18
Succo di pompelmo (Citrus paradisi Macfad., Rutaceae)
Il succo di pompelmo può aumentare la concentrazione plasmatica di molti farmaci attraverso l’inibizione a livello intestinale del CYP3A4. Questa interazione è dovuta almeno in parte alla presenza nel succo di furanocumarine (ad esempio, bergamottina e 6’,7’diidrossibergamottina).19 Una interazione clinicamente rilevante può verificarsi anche con una quantità di appena 200 ml di succo di pompelmo. I farmaci metabolizzati da CYP3A4 sono: alprazolam, amiodarone, amlodipina, atorvastatina, buspirone, carbamazepina, ciclosporina, diazepam, diltiazem, eritromicina, felodipina, lovastatina, midazolam, nisoldipina, altri medicinali antiHIV, sildenafil, simvastatina, tacrolimus, triazolam e verapamil.20,21
Tè verde (Camellia sinensis (L.) Kuntze) foglie ed estratti
Le catechine del tè verde possono ridurre l’attività del betabloccante “nadololo”, probabilmente perché agiscono inibendo i trasportatori dell’assorbimento intestinale di questo farmaco.22,23
Secondo quanto riportato in uno studio, l’assunzione di nadololo è ridotta dell’85% nei soggetti che bevono 700 ml di una bevanda di tè verde (contenente 0,46 mg/ml di epigallocatechina gallato) al giorno per due settimane.23 Altri farmaci che possono essere coinvolti nell’interazione con le foglie di tè verde e suoi estratti sono, tra gli altri, celiprololo, fexofena
dina e talinolol.2426 Inoltre, il tè verde può legare il ferro riducendone l’assorbimento intestinale.27,28
Liquirizia (Glycyrrhiza spp., Fabaceae) radice e rizoma
La liquirizia interagisce con farmaci ad azione diuretica, antipertensiva ed antiaritmica. La saponina triterpenica “glicirrizina”, che conferisce alla liquirizia il suo sapore dolce, è nota per essere la principale sostanza responsabile delle interazioni di questa pianta con i medicinali. Grandi quantità di liquirizia o un’assunzione prolungata possono portare ad una perdita di potassio e a basse concentrazioni plasmatiche di questo minerale (ipopotassiemia) se la liquirizia o estratti della radice/rizoma di questa pianta sono assunte in combinazione con diuretici come clorotiazide, clortalidone, idroclorotiazide, indapamide, meticlototiazide e metolazone. Bassi livelli di potassio nel sangue possono causare aritmie cardiache. L’assunzione prolungata o alte dosi di liquirizia possono inoltre portare alla ritenzione di sodio contrastando l’efficacia dei farmaci assunti per abbassare la pressione sanguigna.29
Cardo mariano (Silybum marianum (L.) Gaertn., Asteraceae) frutto
La silibinina è una delle sostanze chimiche naturalmente presenti nel cardo mariano. Appartenente alla classe chimica dei flavonolignani, questa sostanza è nota per chelare il ferro riducendo l’assorbimento di tale elemento nell’intestino. Per tale motivo, la silibinina è studiata per i potenziali effetti benefici in pazienti con disturbi da sovraccarico di ferro.28,30,31 Gli effetti sulla riduzione dell’assorbimento di ferro sono stati osservati anche a seguito della somministrazione di silimarina, una miscela di flavonolignani estratta dai semi di cardo mariano.32
Iperico o Erba di San Giovanni (Hypericum perforatum L., Hypericaceae) e/o suoi estratti
L’iperforina, un composto caratteristico dell’erba di San Giovanni, ha effetti su due differenti meccanismi farmacocinetici. Gli effetti simultanei dell’iperico sui trasportatori coinvolti nell’efflusso dei farmaci a livello intestinale e sull’enzima CYP3A4 e su altri enzimi epatici hanno il potenziale di ridurre l’efficacia di oltre il 50% dei farmaci, diminuendo la concentrazione plasmatica di principi attivi quali: alprazolam, amitriptilina, atorvastatina, clorzoxazone, ciclosporina, digossina, etinilestradiolo, fexofenadina, finasteride, gliclazide, imatinib, indinavir, irinotecan, ivabradina, ketodesogestrel, mefenitoina, metadone, midazolam, nevirapina, nifedipina, noretindrone, omeprazolo, quazepam, simvastatina, tacrolimus, talinolol, verapamil, voriconazolo e warfarin.11,27,3537 Il fallimento del trattamento causato da questo doppio effetto è stato documentato in numerosi casi clinici.38 Estratti di iperico a basso contenuto di iperforina non mostrano interazioni clinicamente rilevanti con i trasportatori dei farmaci o con CYP3A4.39,40
(*)Alcuni composti assorbiti nel flusso sanguigno possono legarsi alle proteine plasmatiche più facilmente rispetto ad altri, riducendo così il numero di “siti di legame” disponibili e portando a concentrazioni plasmatiche più elevate di fitocomposti/farmaci. Pochissime le interazioni farmacofarmaco o piantafarmaco clinicamente significative che hanno origine dallo spostamento del legame con le proteine.
(**)Nell’Unione europea la Corteccia di yohimbe e preparazioni derivanti dallo yohimbe [Pausinystalia yohimbe (K. Schum) Pierre ex Beille] sono inserite nella parte A dell’allegato III al Reg. (CE) 1925/2006, pertanto la loro aggiunta agli alimenti e la loro utilizzazione nella produzione di alimenti sono vietate.
(***)I risultati di studi clinici che studiano il potenziale di interazioni per una determinata pianta possono variare in base al tipo di preparazione (ad es. pianta contro estratto), alla dose e/o al periodo di utilizzo, nonché al particolare farmaco valutato. Uno dei motivi è che la concentrazione dei metaboliti vegetali può variare sostanzialmente a seconda del tipo di lavorazione. Ad esempio, una persona che beve una tazza di tè verde dopo un pasto assorbe probabilmente un livello molto più basso di componenti del tè verde e quindi il rischio di interazioni avverse è inferiore rispetto all’assunzione di capsule a base di un estratto di tè verde altamente concentrato a stomaco vuoto.13
FONTE: Stefan Gafner, Gayle Engels. Clinically Relevant Herb/Food Interactions with Conventional Drugs and Nutrients. American Botanical Council — Austin, Texas, USA. www.herbalgram.org; Gennaio 2020 |
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