Consumare una dieta ricca di cibi antiossidanti può contribuire a ridurre il rischio di diabete di tipo 2, secondo un nuovo studio pubblicato su Diabetologia. «La ricerca precedente ha suggerito che lo stress ossidativo possa contribuire allo sviluppo del diabete di tipo 2, ma si è concentrata solo su nutrienti isolati, e alcune prove che suggeriscono che gli ingredienti nella dieta possono avere un effetto cumulativo o sinergico» spiega la prima autrice dello studio Francesca Romana Mancini, della University Paris-Sud, in Francia.
Per esaminare l’impatto del contenuto complessivo di antiossidanti nella dieta sul rischio di diabete, i ricercatori hanno analizzato i dati di un sottoinsieme di 64.223 donne del grande studio di coorte E3N-EPIC, con età media di 52 anni e prive di diabete e malattie cardiovascolari all’inizio dello studio, alle quali è stato chiesto di segnalare la loro dieta tipica per l’anno precedente. In base a questi dati i ricercatori hanno calcolato il punteggio totale della capacità antiossidante della dieta per ogni donna, e hanno esaminato la relazione tra questo punteggio e il rischio per il diabete di tipo 2. Su 15 anni di follow-up, 1.751 donne hanno sviluppato il diabete. I risultati corretti per i principali fattori di rischio della malattia hanno mostrato che le donne che consumavano livelli più elevati di antiossidanti totali avevano un rischio di diabete di tipo 2 inferiore del 27% rispetto a quelle che ne consumavano quantità minime, e l’effetto sembrava essere direttamente proporzionale all’aumento dell’assunzione di antiossidanti totali, fino a un tetto di 15 mmol/giorno.
Gli alimenti che hanno contribuito maggiormente includevano frutta (23%), verdure (19%), bevande alcoliche (15%) e tè e bevande calde (12%); il caffè, noto antiossidante, è stato escluso dall’analisi. Gli autori sottolineano che solo un moderato consumo vino, e non birra o superalcolici, è stato associato a un rischio di diabete diminuito. «Sappiamo che queste molecole si contrappongono all’effetto dei radicali liberi, che danneggiano le cellule, ma esistono probabilmente azioni più specifiche, per esempio, un effetto sulla sensibilità delle cellule all’insulina. Questo necessiterà di essere confermato in futuri studi, come anche la possibilità di estendere i risultati a una popolazione più ampia» concludono gli autori.
Diabetologia 2017. Doi: 10.1007/s00125-017-4489-7
https://link.springer.com/article/10.1007%2Fs00125-017-4489-7